Come è noto, l’Art.590-sexies del Codice Penale, introdotto a suo tempo dalla legge Gelli-Bianco, ha stabilito che il medico non può essere perseguito penalmente per colpa dovuta da imperizia, purché questi si sia attenuto alle cosiddette “linee guida” o, in mancanza, alle buone pratiche cliniche. Tuttavia, la materia – com’è ovvio – resta delicata, dal momento che l’applicazione concreta della norma è risultata talvolta piuttosto incerta. Inoltre, la tutela prevista risulta circoscritta e non contempla in maniera esplicita altre forme di colpa, come la negligenza o l’imprudenza, che continuano a esporre il professionista a possibili procedimenti.
È in questo contesto che, con l’emergere della pandemia da Covid-19, il legislatore ha ritenuto necessario introdurre uno strumento ulteriore e più ampio: nel 2021 vennero pertanto adottate misure emergenziali specifiche, volte a proteggere chi operava in condizioni straordinarie di pressione clinica e organizzativa. La legge 76/2021 ha così introdotto l’Art.3-bis, noto come “Scudo penale Covid”: reati di omicidio colposo o lesioni personali colpose commessi da operatori sanitari durante lo stato di emergenza (da gennaio 2020 a successive proroghe) sono perseguibili solo in caso di colpa grave, e il giudice è tenuto a valutare il contesto operativo, la scarsità di risorse, la gravità dell’emergenza e l’incertezza scientifica. Le proroghe successive – incluse in vari Milleproroghe – hanno poi esteso lo scudo penale fino al prossimo 31 dicembre 2025.
Lo scudo penale condizionato
Il 4 settembre 2025 il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge collegato alla manovra di bilancio che interviene in maniera organica sulla disciplina della responsabilità professionale. Tra le misure principali figura l’introduzione di uno “scudo penale condizionato”: l’operatore sanitario non risponderà più penalmente per colpa lieve in caso di omicidio colposo o lesioni personali colpose, a condizione che abbia rispettato le linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali, adeguandole al caso concreto. La punibilità resta ferma per il dolo e per la colpa grave.
Elemento innovativo è anche la previsione di parametri specifici che il giudice dovrà considerare nel valutare la colpa: scarsità di risorse umane e materiali, carenze organizzative della struttura, complessità della patologia trattata. In questo modo il comportamento del medico viene contestualizzato in relazione alle condizioni reali in cui è stata prestata l’assistenza, evitando giudizi astratti e potenzialmente sproporzionati.
Scudo penale e tutele assicurative
È importante comunque sottolineare che il nuovo scudo penale – pur segnando un passo rilevante verso la riduzione della cosiddetta medicina difensiva – non inciderà in alcun modo sul piano civile e disciplinare: il medico potrà ancora essere chiamato a risarcire i danni, anche solo in parte, e resterà comunque esposto a procedimenti di natura amministrativa o deontologica.
Proprio per questo le coperture assicurative manterranno, anche in futuro, un ruolo essenziale: da un lato per tutelare il professionista rispetto alle pretese risarcitorie, con le classiche coperture di responsabilità professionale e di colpa grave, dall’altro per offrire strumenti adeguati di difesa legale, anche in sede penale. Lo scudo penale che verrà non deve essere inteso, insomma, come una sorta di “esonero generale”: le responsabilità civili e le tutele assicurative restano in campo, a garanzia tanto degli operatori sanitari quanto dei cittadini.