L’eliminazione del dolore rappresenta una delle sfide più importanti per la medicina. Il dolore, da segnale vitale a malattia cronica invalidante, è oggi infatti al centro di una stagione di grandi innovazioni: dalle terapie anti-CGRP per l’emicrania alle nuove molecole non oppioidi, fino all’intelligenza artificiale e alla bioingegneria. Un percorso in cui l’Italia ha giocato un ruolo di primo piano.
A puntare i riflettori sui nuovi scenari la Fondazione Menarini, in un confronto internazionale, esperti hanno discusso delle novità terapeutiche applicate a patologie come malattie neurologiche, reumatologiche, oncologiche, emicrania e fibromialgia.
“Il dolore è una reazione psico-affettiva, un fenomeno fisiologico fondamentale per la difesa dell’organismo”, spiega Pierangelo Geppetti, emerito di Farmacologia Clinica a Firenze. È un prezioso segnale d’allarme, utile nella sua forma acuta. Ma quando diventa cronico, persiste anche dopo la guarigione e si trasforma in una malattia autonoma, capace di interferire con la qualità della vita fino a diventare invalidante. La buona notizia è che oggi la medicina dispone di numerose soluzioni sia per il dolore acuto che per quello cronico.
Progresso scientifico e ruolo dell’Italia “Le conoscenze attuali sono infinitamente superiori a quelle che avevamo 50 anni fa”, sottolinea Giustino Varrassi, presidente della Fondazione Paolo Procacci. In particolare, nell’ambito dell’emicrania la ricerca ha fatto passi da gigante grazie alla scoperta del ruolo del peptide CGRP nella genesi del dolore e dei sintomi associati. Da questa intuizione, a cui l’Italia ha contribuito in modo decisivo, sono nati farmaci innovativi come quattro anticorpi monoclonali e due molecole orali anti-CGRP, efficaci e sicuri. La ricerca prosegue ora con nuovi obiettivi per i pazienti resistenti.
Un altro promettente filone di ricerca riguarda il ruolo delle cellule di Schwann, che avvolgono e nutrono i nervi periferici. Queste cellule modulano la sensibilità dei nocicettori e sono coinvolte nei fenomeni di allodinia e iperalgesia, aprendo la strada a possibili terapie più mirate curare il dolore con efficacia e sicurezza.
Le novità farmacologiche Accanto a farmaci storici come morfina, paracetamolo e aspirina, arrivano nuove molecole. La suzetrigina, primo analgesico non oppioide approvato dall’FDA per il dolore post-operatorio, segna un cambio di passo dopo vent’anni di stallo nella ricerca di alternative agli oppioidi anche perchè non espone al rischio di dipendenza. Il cebranopadol, in fase 3 per dolore cronico e lombalgia, ha ricevuto la designazione fast track. La ciclobenzadrina sublinguale, un vecchio miorilassante riposizionato, è stata approvata negli Stati Uniti per la fibromialgia: la prima terapia specifica da oltre quindici anni. E la genetica apre nuovi scenari con il gene SLC45A4, legato a una maggiore percezione del dolore e possibile bersaglio per futuri trattamenti.
Terapie high-tech Accanto ai farmaci, la terapia del dolore del terzo millennio guarda alle tecnologie. Intelligenza artificiale, realtà virtuale e sensori indossabili permettono di raccogliere e analizzare grandi quantità di dati clinici, monitorare in tempo reale i pazienti e costruire percorsi terapeutici personalizzati. La realtà virtuale viene studiata per ridurre il dolore oncologico, mentre la bioingegneria propone esoscheletri in grado di alleviare il carico su articolazioni compromesse e restituire mobilità. Tecnologie come i sensori inerziali e la cattura tridimensionale del movimento consentono inoltre di analizzare postura e attività muscolare, migliorando diagnosi e trattamenti del mal di schiena e di altre patologie diffuse.
“Queste innovazioni – sottolinea Varrassi – portano la terapia del dolore nella dimensione della medicina di precisione, adattando gli interventi al profilo biomeccanico e funzionale di ciascun paziente”. Uno scenario in cui si affacciano già i cosiddetti digital twins, gemelli digitali capaci di simulare trattamenti personalizzati e prevederne i risultati.