La sanità non finisce mai di stupire con i marchingegni contabili, cui ricorre per fare apparire i bilanci ben diversi dalla verità. Dall’aziendalizzazione all’applicazione della contabilità armonizzata, di cui al vigente testo del d.lgs. 118/2011, il management – spesso indotto in tale senso dalle richieste provenienti dall’autorità regionale – ha fatto di tutto e di più. Ciò anche grazie alle maglie larghe che la legislazione ha, sul punto, assicurato agli organi di revisione capaci di ricorrere consapevolmente a giudizi annacquati e ai Tavoli romani (Salute e Mef) di chiudere gli occhi verso taluni e sbarrarli a sfavore di talaltri.
Tutto questo ha provocato un danno enorme ai conti della salute, divenuti così un palcoscenico ove sono stati i ‘falsi’ di bilanci a prevalere nel ruolo di protagonisti. Ad aggravare tutto questo hanno contribuito le situazioni delle sedicenti 30 AOU su 31, specie di quelle impropriamente generate per fusione con incorporazione con l’incorporante sine titulo per il perfezionamento del percorso civilistico e fiscale. Su tutte Torino con le sue innumerevoli incorporazioni.
A proposito di quest’ultima, la Città della Salute, è venuto fuori un fattaccio, un po’ del tipo quello emerso sul bilancio consolidato 2022 della Regione Lazio ove si sono scoperti, nel corso del giudizio di parificazione, a cura della Sezione di controlli della Corte dei conti laziale, poco meno di un miliardo di crediti inesistenti goduti indebitamente – ma anche impropriamente registrati in contabilità da tutte le asl – dagli erogatori privati a titolo di extra budget (si veda NT+ Enti locali & Edilizia del 20 e 22 novembre 2023).
Quella piemontese è un’altra brutta storia resa possibile dalle falle della legge vigente in materia di contabilità e bilanci della PA, con particolare riferimento alla gestione delle sanità regionali.
Gli episodi sino ad oggi emersi risalgono all’inizio dell’autunno del 2024, a cura dell’attenta procura della Repubblica di Torino, che ebbe a notificare, nella prima decade di ottobre, la conclusione delle indagini preliminari a tutto (o quasi) il management dell’azienda ospedaliera universitaria torinese, che si ripete è giuridicamente inesistente a causa del mancato possesso del Dpcm di costituzione.
Le contestazioni sono state gravissime: falso ideologico in atto pubblico, rilevato nelle comunicazioni formali alla Corte dei conti; mancata contabilità separata per i quattrini incassati con l’extramoenia; falsi nei bilanci reiterati per anni; un sostanziale buco di ben oltre 10 milioni di euro per crediti appostati ma mai incassati.
A tutto questo ha fatto seguito il relativo iter giudiziario, con richiesta dello scorso fine aprile al Gup di un rinvio a processo per diversi manager, a firma dei pm Mario Bendoni e Giulia Rizzo, per avere i medesimi co-generato bilanci falsi con enorme nocumento del bilancio della sanità regionale e, dunque, del rendiconto regionale consolidato risalente agli anni indagati.
L’evento è dimostrativo di alcune ulteriori pecche nel sistema della salute, riguardanti soprattutto i bilanci e la correttezza dell’esercizio della spesa. Lo dimostra la loro routinaria redazione al di fuori delle regole, spesso pretesa dalla politica che lo governa. Un po’ quello che è successo per decenni (e in qualche misura succede ancora oggi) nei rendiconti degli enti locali, con montagne di residui attivi inesigibili produttivi di risultati di amministrazione infedeli.
Ma ancor di più l’accaduto prova l’inefficienza del sistema dei controlli deputati alla verifica della sanità, a cominciare dai revisori aziendali e a quelli regionali per finire ai Tavoli Mef, che la Procura della Repubblica di Torino ha dimostrato di non essersi accorti di nulla. Non di meno è difficile da comprendere come la Sezione di controllo piemontese non abbia fatto emergere l’eccepito oggi penalmente, sia in sede di verifica annuale dei bilanci della “AOU” denominata «La Città della Salute», al lordo di quanto venuto fuori dalla impropria fusione, che del rendiconto consolidato di periodo della Regione Piemonte, parificato senza eccezioni di sorta quanto al 2023 con la decisione n. 136/2024/SRCPIE/PARI.
Cosa è accaduto? Una impropria consulenza per ricostruire i bilanci trascorsi, in presenza di un divieto assoluto di fare i conti ora per allora, è costata il posto di manager al precedente commissario straordinario, sfrattato perché si era reso responsabile di una consulenza ad hoc convenuta ad un costo plurimilionario. Un errore tra l’altro macroscopico, atteso che, in presenza di bilanci pregressi verosimilmente errati e del rendiconto del 2024 non ancora chiuso, sarebbe occorso da tempo rilevare le errate poste di bilancio registrando le correzioni a componenti straordinarie “ora per allora” (sopravvenienze e insussistenze) dell’ultimo bilancio.
La soluzione? Prioritariamente, una veloce ricognizione ma corretta della reale consistenza del patrimonio netto. Poi un gran manager, come pare essere il neonominato Livio Tanchida.
Ettore Jorio