Gentile Direttore,
come si poteva immaginare, la “prescrizione” di indagini radiologiche da parte del professionista sanitario infermiere ha acceso il dibattito tra i diversi attori che si sono sentiti chiamati in causa. Non è mia intenzione con questo intervento prendere posizione tra possibilismo e antipossibilismo operazionale (mi consenta i neologismi), perché mi pare che le cose siano piuttosto chiare già in partenza.
Da professionista sanitario tecnico sanitario di radiologia medica, mi focalizzerei prima di tutto e soprattutto sugli aspetti legati alla posizione del TSRM che espone, da norma (art. 8 della Legge 25/83, art. 2 del DM 746/94) su prescrizione medica. Se prescrivesse l’infermiere, come si sostiene, cadrebbero i presupposti legislativi che sottendono quella determinata prestazione radiologica richiesta, pertanto non si dovrebbe procedere all’effettuazione della prestazione stessa. La procedura a cui ci si riferisce manca, a mio avviso, del dettaglio fondamentale che potrebbe appianare le divergenze ideologiche, ferme restando le variabilità cliniche riferite a ogni singolo caso che, di per sé, collidono con l’idea di un protocollo siffatto: l’evidenza della presenza del professionista sanitario medico a capo del processo decisionale che porta alla prescrizione.
Nella procedura, infatti, almeno per quanto sia stato reso evidente, paiono esistere solo presupposti operativi che portano alle richieste, ma non c’è traccia di riferimenti a ben determinati e prestabiliti quesiti clinici, segni e sintomi che rendono appropriata quella prescrizione, che dovrebbero essere stabiliti dal medico a priori ed elencati dettagliatamente in una appendice che deve obbligatoriamente far parte del documento.
Per fare un esempio, un medico stabilisce in anticipo che in caso di trauma dell’articolazione scapolo-omerale, con parte tumefatta e dolente e difficoltà funzionale, è necessario effettuare una radiografia della spalla, quindi quando si presenta quella fattispecie, l’infermiere non prescrive, ma attua una decisione altrui che ne ha la titolarità; questo automatismo non sarebbe possibile, sempre a scopo esemplificativo, in caso di paziente con dolore cronico da svariati mesi con sospetto di periartrite.
Da TSRM, non mi sentirei depauperato della mia competenza operativa davanti a una procedura con questi elementi di dettaglio. D’altra parte, da tempo appoggio l’idea di procedure di giustificazione radiologica che permettono al tecnico di radiologia di operare in sicurezza senza sconfinare in attività di competenza medica perché un medico ha deciso a priori cosa è giustificato e cosa non lo è.
È da aggiungere, inoltre, uno spunto tratto dal recentemente approvato Codice deontologico del TSRM (art. 64): il Tecnico sanitario di radiologia medica, qualora ravvisi che le tecniche diagnostiche o terapeutiche connesse alle prestazioni prescritte siano inappropriate o addirittura dannose per la salute della persona assistita, è tenuto a manifestare il proprio convincimento ai professionisti responsabili della prescrizione; nei casi di palese richiesta incongrua egli ha diritto di astenersi, assumendosi la responsabilità della decisione. Il TSRM può rifiutarsi di effettuare una prestazione, se ritiene una prescrizione non appropriata; in tal caso, va coinvolto il medico radiologo per la giustificazione di quella specifica esposizione; la richiesta di un’indagine di diagnostica per Immagini va intesa con carattere di proposta e non di prescrizione vincolante (come affermato dalla Società italiana di radiologia medica e interventistica), quindi il medico radiologo, attraverso la sua prerogativa di giustificatore, può modificare l’esame richiesto o addirittura rifiutare prestazioni inappropriate. E questo vale anche per prescrizioni (o meglio, seguendo questa logica, proposte) che provengono anche dai medici.
Quindi, il Decreto legislativo 101/2020, come noto, pone la giustificazione delle indagini in capo al medico specialista, su richiesta motivata del prescrittore; il prescrittore non può che essere un laureato in medicina chirurgia, come è esplicitato nell’art. 13 del Codice di deontologia medica (La prescrizione a fini di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione è una diretta, specifica, esclusiva e non delegabile competenza del medico).
Per concludere, ritengo la questione politica prima ancora che legale o rivendicativa; ben venga il coinvolgimento degli Ordini TSRM e PSTRP e delle Commissioni di albo territoriali e nazionale, anche se non ravvedo francamente motivi lesivi della professione sanitaria a cui appartengo.
Oscar Brazzo
Tecnico sanitario di radiologia medica