Il Servizio sanitario nazionale ha recuperato personale dopo anni di contrazioni, ma lo squilibrio tra le diverse professioni sanitarie e l’invecchiamento della forza lavoro rischiano di vanificare i progressi. È questa la fotografia che emerge dal Rapporto Agenas sul personale del SSN 2023, che analizza consistenza, distribuzione e prospettive di medici, infermieri e operatori socio-sanitari. Nel 2023 il personale dipendente del SSN ammontava a 701.170 unità di cui 69% donne e 31% uomini. Rispetto all’anno 2019 l’aumento è stato di 51.647 unità di personale (da 649.523 a 701.170), pari al 7,95% del totale. Questo periodo di espansione ha fatto seguito ad un periodo di progressivo calo che è iniziato nel 2014, raggiungendo un plateau tra il 2016 e il 2019 con una contrazione di circa 30 mila unità. Nella fase di espansione successiva al 2019 si è mantenuta una rimarchevole maggiore presenza delle donne rispetto agli uomini. Una crescita significativa, che però non basta a rassicurare sulle sfide dei prossimi 10 anni dove si stima andranno in pensione circa 140 mila tra medici, infermieri e Oss.
Medici: tanti, ma sempre più anziani
L’Italia continua ad avere un numero di medici superiore alla media europea: 5,3 per 1.000 abitanti contro i 4,07 della UE. Ma il dato è in parte distorto: quasi il 44% ha più di 55 anni e oltre un quinto supera i 65, contro valori molto più bassi in Francia, Germania e Spagna.
Nel 2023 i camici bianchi dipendenti del SSN erano 109.024, con un leggero incremento rispetto al 2019. Tuttavia, la distribuzione non è uniforme: Lazio, Emilia-Romagna e Toscana hanno registrato aumenti, mentre in regioni come Molise, Basilicata, Valle d’Aosta e Calabria i numeri sono in calo.
Il futuro prossimo sarà segnato da un’ondata di pensionamenti: 39mila medici potrebbero lasciare il servizio tra il 2026 e il 2038, con un picco di oltre 3.200 uscite l’anno nel quadriennio 2029-2033.
Infermieri: la vera emergenza
Se sul fronte medico la questione è l’età avanzata, sugli infermieri il problema resta la carenza strutturale. Nel 2023 erano 277.138, circa 8.800 in più rispetto al 2019. Ma il tasso di copertura è ancora insufficiente: 6,86 per mille abitanti contro una media europea di 8,26. Il rapporto infermieri/medici è di 1,3 contro 2,1 della media OCSE, segnalando uno squilibrio che penalizza il sistema.
Anche qui pesa la “gobba pensionistica”: entro il 2035 circa 78mila infermieri raggiungeranno l’età di pensionamento, aggravando un fabbisogno che già oggi fatica a essere coperto. A complicare lo scenario c’è il calo di attrattività dei corsi di laurea: nel 2024 le domande di iscrizione si sono equilibrare con i posti disponibili, segnalando un disinteresse crescente tra i giovani. Le proiezioni al 2029 indicano circa 73-86mila nuovi laureati, insufficienti a compensare le uscite.
OSS: crescono i numeri, ma restano criticità
Diverso l’andamento per gli operatori socio-sanitari (OSS), che nel 2023 erano 75.978, con un incremento di oltre 20mila unità rispetto al 2019 e più che raddoppiati rispetto al 2013. La media è di 1,3 ogni 1.000 abitanti, ma con forti squilibri territoriali: dal 3,1 del Friuli-Venezia Giulia allo 0,3 del Lazio.
Anche qui, però, l’invecchiamento pesa: oltre 26mila OSS lasceranno il servizio entro il 2035, con il rischio di nuove carenze.
Medicina generale e pediatria: calo costante
Un ulteriore elemento di criticità riguarda il ruolo unico di assistenza primaria. Nel 2013 i medici di medicina generale erano oltre 45mila, scesi a 38mila nel 2023. In dieci anni si contano 7.220 MMG in meno e circa 1.000 pediatri persi. Il rapporto tra cittadini assistibili e medici di base continua ad aumentare, mentre il fabbisogno resta insoddisfatto.
Formazione: più posti, ma troppe borse scoperte
Sul fronte della formazione, Agenas segnala alcuni progressi ma anche criticità. Dal 2014 al 2025 i posti a Medicina sono più che raddoppiati (da 10.656 a oltre 24mila). In parallelo, le borse di specializzazione sono passate dalle 5mila del 2015 a oltre 15mila negli ultimi anni.
Nonostante l’aumento, molte restano scoperte, soprattutto in discipline cruciali come medicina d’emergenza-urgenza, anestesia e rianimazione, radioterapia e microbiologia. Un paradosso che riflette la difficoltà di attrarre giovani medici verso settori ad alta complessità ma scarsamente valorizzati.
Il rapporto si chiude con un monito: il personale è il vero “capitale” del SSN, ma senza un’efficace pianificazione delle professioni sanitarie il sistema rischia di non reggere. L’invecchiamento della popolazione, l’aumento delle cronicità e la riduzione della forza lavoro attiva spingeranno la domanda sanitaria verso l’alto proprio mentre migliaia di professionisti lasceranno il servizio.
Secondo Agenas, servono politiche di attrattività, riconoscimento sociale e progressione di carriera, soprattutto per gli infermieri, e una programmazione più attenta per le specializzazioni mediche in sofferenza. Solo così si potrà evitare che la carenza di personale diventi la prossima grande emergenza della sanità italiana.
L.F.