Donazioni e trapianti. “Il Sud si risveglia. Cresce la rete e l’efficienza organizzativa, ma ora la sfida è culturale”. Intervista al Direttore del Cnt Giuseppe Feltrin

Donazioni e trapianti. “Il Sud si risveglia. Cresce la rete e l’efficienza organizzativa, ma ora la sfida è culturale”. Intervista al Direttore del Cnt Giuseppe Feltrin

Donazioni e trapianti. “Il Sud si risveglia. Cresce la rete e l’efficienza organizzativa, ma ora la sfida è culturale”. Intervista al Direttore del Cnt Giuseppe Feltrin
Nel 2025 le donazioni d’organo crescono in tutto il Paese, con un deciso recupero del Sud e un aumento del 45% delle donazioni a cuore fermo. Il Centro Nazionale Trapianti punta su organizzazione, ricerca e intelligenza artificiale per rafforzare la rete. Ma la vera sfida, spiega il direttore, resta quella culturale: capire perché molti giovani scelgono di non donare

Crescono le donazioni d’organo, si riduce la forbice tra Nord e Sud e la rete trapianti italiana si conferma ancora una volta tra le più efficienti d’Europa.
È il bilancio del 2025 per il sistema trapianti italiano, che continua a migliorare grazie a una solida organizzazione e a una rete clinica capillare. Ma accanto a successi tecnici, ai quali si affiancano nuovi progetti su intelligenza artificiale e big data che rendono il sistema sempre più performante, resta aperta una sfida culturale: capire perché una parte crescente di cittadini, soprattutto giovani, sceglie di non esprimersi o di opporsi alla donazione.

A distanza di un anno e mezzo dall’ultimo confronto con il responsabile del Centro Nazionale Trapianti, Giuseppe Feltrin, Quotidiano Sanità ha voluto puntare i riflettori sui risultati raggiunti e sulle prospettive future.

Direttore, la mappa dell’Italia mostra un Sud sta che diventando sempre più “verde”. Cosa significa concretamente?
Significa che le regioni meridionali stanno aumentando in modo significativo l’attività di donazione. È un dato che ci rende orgogliosi perché fino a pochi anni fa la mappa dell’Italia mostrava un Sud in grande difficoltà. Oggi, invece, in particolare Lazio e Campania, ma anche Sicilia, Calabria, Basilicata e Puglia stanno crescendo, mentre paradossalmente qualche regione del Nord ha rallentato il passo. Certo, non abbiamo ancora raggiunto la media nazionale – che si attesta intorno a 55 donatori per milione di popolazione – ma il trend è positivo. E se guardiamo le frecce in salita dei nostri grafici, la direzione è chiara: il divario si sta colmando.

A cosa si deve questo miglioramento?
Oltre all’iniziativa di alcune regioni come Puglia e Campania, sempre in sinergia con il Cnt, questo miglioramento è il frutto di un lavoro strutturato condotto capillarmente dalla task force nazionale itinerante istituita un anno fa. Un pool di esperti che ha lavorato a stretto contatto con le Regioni. Siamo andati negli ospedali, negli assessorati, nelle direzioni sanitarie, per riscrivere insieme i modelli organizzativi e migliorare la risposta operativa. Un lavoro inter pares formidabile: dove abbiamo trovato disponibilità e voglia di cambiamento, i risultati si sono visti. Perché, lo voglio ricordare, dietro ogni donatore ci sono decine di professionisti che lavorano in sinergia: se la macchina organizzativa è efficiente, i risultati arrivano.

Tra i dati più positivi c’è quello delle donazioni a cuore fermo. Quanto è cresciuta questa attività?
Molto. Rispetto al 2024, abbiamo registrato un +45% di donazioni a cuore fermo. Oggi rappresentano circa il 21% dei trapianti totali, con una proiezione di oltre 900 trapianti a fine anno, contro i 622 dell’anno scorso. Nel 2025 si sono aggiunte anche Basilicata, Puglia e Friuli Venezia Giulia. Tirando le somme siamo arrivati a più di 100 Centri in Italia che effettuano questo tipo di donazione. E questo con una regola più restrittiva rispetto ad altri Paesi: in Italia l’accertamento di morte a cuore fermo richiede 20 minuti di osservazione, contro i 5 minuti medi europei. Nonostante questo, i risultati clinici dei nostri trapianti sono tra i migliori in Europa.

L’Italia è spesso citata come modello di rete. Quanto contano le collaborazioni internazionali?
Contano moltissimo. L’Italia oggi presiede Foedus, la piattaforma che consente lo scambio di organi tra 24 Paesi europei.
Nel 2024 abbiamo gestito 559 offerte e realizzato 225 trapianti in più rispetto a quelli che si sarebbero potuti fare restando nei confini nazionali. È un esempio concreto di solidarietà e di rete clinica transnazionale. Io per i prossimi due anni guiderò la European Donation and Transplant Coordination Organisation. Inoltre stiamo partecipando a un nuovo progetto europeo per estendere lo scambio di reni in modalità crossover, da Italia, Spagna e Portogallo fino ai Paesi del Nord Europa.

Nonostante i progressi, resta aperta la questione delle opposizioni. Che cosa emerge dai dati?
Sì, è vero. Stiamo osservando un aumento delle opposizioni in vita, soprattutto tra i giovani tra i 18 e i 35 anni. Per questo motivo abbiamo promosso un’indagine demoscopica nazionale, in collaborazione con Noto Sondaggi, per capire le motivazioni di chi non si esprime o sceglie il “no”.
Vogliamo uscire dalla percezione soggettiva e costruire le nostre campagne su basi scientifiche, con dati e analisi precise. L’obiettivo è capire cosa manca: informazione, fiducia, comprensione del significato del dono? Solo conoscendo questi elementi potremo impostare strategie di comunicazione più mirate ed efficaci.

Ci sono già iniziative in corso su questo fronte?
Sì. Abbiamo lavorato molto con Scuola.net, andando direttamente nelle scuole e sui social, per parlare con i ragazzi in modo chiaro e concreto. Abbiamo partecipato a eventi con le Frecce Tricolori, durante il loro show con i nostri gazebi abbiamo raggiunto decine di migliaia di persone, e sostenuto la diffusione del documentario “Effetto Nicholas” su RaiPlay, un racconto toccante del valore della donazione.
Inoltre, con Sport e Salute, stiamo costruendo un percorso per portare questi temi anche nel mondo sportivo. Tutte attività che servono a contrastare le fake news e le informazioni distorte che, purtroppo, circolano ancora molto.

Un’altra novità è l’uso dell’intelligenza artificiale nel sistema trapianti. Come si sta muovendo il Cnt?
Abbiamo avviato un progetto internazionale di ricerca sull’utilizzo del machine learning nei trapianti di fegato.
Parallelamente stiamo formando il nostro personale per applicare l’IA anche ai dati del Sistema Informativo Trapianti, che contiene tutti i dati dal donatore al ricevente. Si tratta di un vero e proprio big data nazionale, che vogliamo utilizzare per analisi predittive e per migliorare la qualità dei processi, sempre nel rispetto delle norme Gdpr.
È un’evoluzione naturale per un sistema che da anni si fonda su efficienza e tracciabilità.

Recentemente avete introdotto anche la possibilità di utilizzare organi da donatori con epatite C. Che impatto avrà?
Un impatto molto positivo. Grazie alla collaborazione con Aifa e Istituto Superiore di Sanità, oggi possiamo trapiantare organi provenienti da donatori con epatite C su riceventi non infetti, grazie a farmaci antivirali ad efficacia quasi totale.
Questo ci permette di aumentare il numero di organi disponibili e di recuperare donazioni che prima non potevano essere utilizzate. Parliamo di terapie con un’efficacia di oltre il 99%: un passo avanti enorme, sia clinico che etico.

Sul piano europeo, quali saranno i prossimi sviluppi normativi?
In sede di Commissione Europea, stiamo lavorando alla nuova direttiva sulle sostanze di origine umana, che riguarda cellule, tessuti, PMA e microbiota. L’obiettivo è duplice: tutelare maggiormente i donatori e alzare gli standard di qualità e sicurezza dei centri che operano in questo settore a favore dei riceventi. È un passaggio importante, che contribuirà a uniformare le regole e rafforzare il ruolo dell’Italia come punto di riferimento nel panorama europeo.

Direttore, guardando a questi risultati, possiamo dire che l’Italia sta chiudendo il gap tra Nord e Sud?
Sì, possiamo dirlo. Il lavoro non è finito, ma la direzione è chiara. In passato molte aree del Sud erano “bianche” nella mappa delle donazioni, oggi non più. È la prova che quando si lavora insieme – Stato, Regioni, professionisti – e quando si investe sulla formazione e sull’organizzazione, i risultati arrivano. Non si tratta solo di numeri: dietro ogni trapianto c’è una rete di persone che si aiutano, una macchina complessa che funziona in tempo reale. E, soprattutto, c’è una cultura della solidarietà che, se ben comunicata, può far crescere ancora tutto il Paese.

Un’ultima domanda: qual è, secondo lei, il messaggio più importante da trasmettere oggi ai cittadini?
Che la donazione è un gesto di consapevolezza e di fiducia. Per questo vogliamo che ogni cittadino sia messo nelle condizioni di scegliere, sapendo davvero cosa significa dire sì o no. Informazione, trasparenza e partecipazione: sono queste le chiavi per un sistema trapianti che continua a crescere, migliorando se stesso e la vita degli altri.

Ester Maragò

Ester Maragò

23 Ottobre 2025

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