Un azzeccato modo di dire, sino a diventare un proverbio diffuso, “mentre i medici discutono, il malato muore” rappresenta ciò che sta accadendo nella sedicente e pericolosa presenza nel sistema della salute di 28 AOU su 30. Almeno tante sembravano essere alla fine del 2024!
A fronte di tutto ciò non sono solo i medici a perdere tempo, impegnandosi in discussioni teoriche o inutili piuttosto che agire concretamente per risolvere un problema che va molto al di là dell’urgenza, incrementando così il rischio di fare peggiorare la situazione sino a renderla irreparabile.
La moda di “confrontarsi” lungamente diventa coinvolgente per decisori politici, per rettori alla ricerca di visibilità, per baroni che hanno perso il loro titolo nobiliare, per medici ricchi di titoli accademici ma che spesso non hanno avuto un bisturi in mano.
Insomma, per descrivere meglio il fenomeno in atto è utile assumere una variante proverbiale latina perfettamente descrittiva della realtà vera: dum Romae consulitur, Saguntum perit (mentre a Roma in senso stretto si discute, Sagunto cade”).
In una tale improduttiva situazione, che dura dalla bellezza di 26 anni circa, c’è da dire che non sono solo i medici a mettere in pericolo di vita “l’ammalato” (rectius, il sistema sanitario integrato con quello universitario).
I protagonisti di un siffatto disagio istituzionale pervengono da diverse culture: prevalentemente dal sistema universitario, sempre alla ricerca di generare iniziative utili alla produzione di incrementare il ceto accademico di formazione medica; dalla politica che omette di assumere responsabilmente le iniziative legislative necessarie a correggere gli errori e ad evitare le stravaganze che si concretizzano con i vuoti legislativi; dalla burocrazia ministeriale che tollera l’intollerabile per consolidare la sua presenza nella contemporaneità della mutevolezza dei governi e dei ministri.
Da qui, una sanità che sta dimostrando tutti i suoi difetti, oltre che sul piano erogativo dei LEA, in termini organizzativi, atteso che in ogni regione – abilitata a legiferare ma solo nei dettagli – si violano vergognosamente i principi fondamentali sanciti dalla Costituzione e dal legislatore statale in materia di salute e di formazione medica.
Tante le responsabilità dei Governi succedutisi da 25 anni
Sarebbe interessante, ma non è detto che non lo si farà, pubblicare la cartina geografica distinta per regione per constatare quante siano le bandierine delle presunte AOU (28, rendicontate al 2022), senza essere da alcuno riconosciute come tali, e quali siano le uniche due (Salerno e Udine) a posto con la normativa costitutiva. Tutti si accorgeranno del dramma esistente, cui nessuno vuole mettere riparo.
Ma tutto questo non sarebbe sufficiente a fare le cose per bene, perché – pendant que les médecins délibèrent, le malade meurt – i «malati» (rectius, le sedicenti AOU) incrementano ovunque sino a generare dei veri e propri mostri giuridici.
Ciò nella tolleranza assoluta degli organi preposti (ministeriali, con particolare riferimento al MEF posto a salvaguardia delle Regioni in piano di rientro!) che, piuttosto che riparare il vecchio e interdire ogni violazione prossima, indicono riunioni e istituiscono commissioni ove a prevalere è il nulla. Ciò all’insegna dell’aforisma “while doctors consult, the patient dies” con il quale gli inglesi declinano le inutili iniziative della politica che non risolve le cose importanti per interessarsi dell’altro.
Di conseguenza, al censimento a tutto il 31 dicembre 2022, così come approfondito dal Laboratorio di diritto ed economia dell’UniCal, è venuta fuori la fantasiosa messa a terra di 30 AOU, delle quali 28 sedicenti. A queste sono di certo da aggiungersi altre iniziative successive in tal senso, caratterizzate dalla più classica anarchia che ha visto complici le Regioni, le Aziende ospedaliere (e finanche territoriali: le Asl di Latina e Rieti) e gli Atenei.
Essere oramai alla frutta
Una di queste, recentemente scovata dall’Acoi (Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani) tenuta ad agire a tutela dei medici chirurghi impediti alla partecipazione dei concorsi funzionali all’ottenimento dei “primariati”, riguarda la cosiddetta Azienda Ospedaliera Universitaria di Alessandria (AOUAL), retta da un atto aziendale (2024) che sembra essere un prodotto riconducibile ad una regolazione marziana, approvato non si sa come dagli organi aziendali e condiviso dalla Regione Piemonte.
Un atto di macro-organizzazione che dice di rimettersi alla disciplina dettata dal d.lgs. 517/1999, recante la “Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell’articolo 6 della legge 30 novembre 1998, n. 419”, salvo ad interpretarlo a modo suo. Un atto di natura privata che ha peraltro dato modo di generare comportamenti che hanno il sapore dell’incredibile.
Al riguardo dei disagi aziendali e all’utenza piemontese (emergenti altresì dalla intervenuta assurda mega-fusione e del trattamento giuridico della ulteriore sedicente “AOU Città della salute e della scienza di Torino”, piagata nei suoi bilanci! Vedi qui 16 settembre scorso), produttivi di danni consistenti, emergeranno verosimilmente i rispettivi responsabili, che saranno chiamati anche a risarcire i danni erariali prodotti.
Un tale esempio, sconosciuto all’anzidetto censimento del 2022 perché compiuto successivamente, non sarà certamente il solo. A tutto questo il Governo, piuttosto che fare ricorso a pratiche dilatorie, dovrà offrire la migliore soluzione, applicando rigorosamente quanto sancito dal d.lgs. 517/1999, colpevolmente eluso per un quarto di secolo. Fare diversamente, è semplicemente fuffa.
Ettore Jorio