Malattia preesistente e responsabilità medica

Malattia preesistente e responsabilità medica

Malattia preesistente e responsabilità medica
Quando una patologia preesistente fa discutere il risarcimento: ecco come orientarsi per difendersi da responsabilità medica e assicurarsi correttamente.

Nel contesto della responsabilità sanitaria, il tema delle patologie preesistenti rappresenta una delle frontiere più rischiose, tanto per chi agisce come vittima quanto per chi opera come medico. Se è vero che la recentissima ordinanza della Cassazione, la 17006/2025, ha ribadito che la presenza pregressa di una condizione patologica non consente automaticamente una decurtazione del risarcimento, è altrettanto vero che la strada per dimostrare l’irriducibilità del proprio diritto è piena di insidie.

In quell’ordinanza, la Corte ha richiamato il principio del giudizio controfattuale (prognosi postuma): occorre valutare – come se l’evento illecito non si fosse verificato – se la menomazione residua sarebbe potuta emergere comunque a causa della condizione preesistente. Se sì, la decurtazione è legittima; se no, la riduzione diventa ingiustificata.

Concausa “coesistente” vs concausa “concorrente”

La dottrina e la giurisprudenza ormai distinguono tra due scenari principali:

  • Concausa coesistente: la patologia preesistente non interagisce con la lesione successiva, e quindi non incide sul grado percentuale di invalidità attribuibile all’evento illecito. In sostanza: “c’era, ma non c’entra” nel calcolo del danno.
  • Concausa concorrente: la patologia preesistente accentua o modifica l’esito dannoso. In questo caso, va valutata la quota del danno effettivamente attribuibile all’errore medico rispetto a quella già riconducibile alla condizione ante-evento.

Nella nota sentenza della Cassazione dell’11 novembre 2019, la n.28986, la Corte ha chiarito che, pur quando la patologia pregressa si configuri come concausa, non deve automaticamente scattare una decurtazione: occorre un’accertata incidenza concreta, mediante quesiti medico-legali specifici.

In altre parole: non basta dire “c’era già un danno”, bisogna dimostrare che esso agisse concorrenzialmente con l’evento colposo, e non fosse meramente coesistente.

Il criterio del “più probabile che no

Un ulteriore tassello interpretativo ormai consolidato è il ricorso al cosiddetto criterio del “più probabile che no: il giudice deve stabilire se è più probabile che l’evento dannoso sia stato prodotto dall’errore medico rispetto a fattori alternativi, incluse le condizioni preesistenti.

In pratica, si stabilisce quale causa prevalga sulla base degli indici probatori del caso concreto. Se l’errore prevale convintamente su altre ipotesi, l’eventuale decurtazione della quota risarcibile sarà giustificata solo per la parte residuale attribuibile alla preesistenza.

Quando e come si può ridurre il risarcimento

Non è proibito ridurre il risarcimento in presenza di preesistenze, ma la decurtazione deve essere motivata e fondata su accertamenti concreti. Ecco le condizioni:

  • Prova medico-legale puntuale che la patologia pregressa avrebbe prodotto autonomamente almeno parte della menomazione subita;
  • Giudizio differenziale analitico, che separi gli effetti dell’errore da quelli della condizione anteriore.
  • Motivazioni chiare da parte del giudice che mostrino il percorso logico-giuridico scelto (non vale un mero “sconto” su percentuali).

Se manca anche uno solo di questi elementi, la riduzione è destinata a essere cassata in sede di legittimità, come accaduto nella vicenda del minore con accorciamento dell’arto, dove la Corte ha annullato la decurtazione dal 100 % al 45 % per carenza motivazionale.

Cosa deve fare il medico (e la sua assicurazione)

Il medico, pubblico o privato, che ignora queste implicazioni vive su un campo minato: anche un errore lieve, su pazienti con patologie pregresse, può aprire contenziosi complessi. E di fronte a consulenze medico-legali sofisticate, rischia di trovarsi spiazzato.

Risulta pertanto piuttosto chiaro che è fondamentale dotarsi di una copertura assicurativa adeguata, con clausole che prevedano la gestione del danno differenziale affidandosi quindi, se possibile, ad un consulente assicurativo esperto prima che sia troppo tardi. In questo modo si potrà:

  • valutare in anticipo l’esposizione specifica per casi con pazienti “a rischio”;
  • negoziare massimali e franchigie compatibili con scenari giurisprudenziali complessi;
  • predisporre strategie difensive documentali (cartelle cliniche, consenso informato, protocolli) che possano rafforzare la posizione del medico in caso di contestazione.

Le patologie preesistenti non sono un salvacondotto per il sanitario, né una leva automatica per il danneggiato. Sono piuttosto un elemento di complessità che va investigato, motivato e quantificato con rigore medico-legale. Chi pensa che basti “golarsi” dietro una diagnosi precedente rischia grane. Meglio prepararsi con scelte assicurative consapevoli e consulenze proattive.

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22 Ottobre 2025

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