I fondi sanitari integrativi a distanza di 33 anni dall’art.9 del Dlgs.502/92 e successive modifiche ed integrazioni

I fondi sanitari integrativi a distanza di 33 anni dall’art.9 del Dlgs.502/92 e successive modifiche ed integrazioni

I fondi sanitari integrativi a distanza di 33 anni dall’art.9 del Dlgs.502/92 e successive modifiche ed integrazioni
Il mondo dei fondi integrativi rivolto a 16 milioni di iscritti governa una spesa contenuta a fronte delle agevolazioni fiscali concesse ma rappresenta un grande potenziale per integrare il servizio sanitario nazionale in previsione degli sviluppi futuri dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria

Il tema dei fondi sanitari integrativi è stato affrontato per la prima volta nell’articolo 4, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 “Disposizioni in materia di finanza pubblica”, dove si riportava la possibilità di ricorrere a sperimentazioni gestionali sulle modalità di erogazione e remunerazione di prestazioni e servizi “ anche da parte di associazioni volontarie di mutua assistenza aventi personalità giuridica.” Fu così che, nell’ambito delle sperimentazioni di cui all’articolo 9 del Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si consentiva alle regioni di sperimentare, in via graduale e nell’ambito della programmazione, “forme differenziate di assistenza” per particolari tipologie di prestazioni. L’articolo sarà successivamente modificato nel decreto legislativo n. 517 del 7 dicembre 1993, che prevedeva l’istituzione di fondi sanitari integrativi “finalizzati a fornire prestazioni aggiuntive rispetto a quelle assicurate dal Servizio sanitario nazionale…per potenziare l’erogazione di trattamenti e prestazioni non comprese nei livelli essenziali di assistenza (LEA) definiti dal Piano sanitario nazionale e dai relativi provvedimenti.[1]

Nel 1995, l’allora ministro Elio Guzzanti mi diede l’incarico, come dirigente dell’ Agenzia per i servizi sanitari regionali (allora ASSR oggi Agenas) di occuparmi del tema e condussi una prima indagine sui fondi, casse e società di mutuo soccorso esistenti contando 34 organizzazioni con circa 650.000 iscritti e 1,4 milioni aventi diritto.[2] (Fig.1)

L’articolo 9 del Dlgs 502/92, come modificato dalla 517/93, prevedeva che i fondi erogassero prestazioni, attività e servizi non ricompresi nei LEA o ricompresi con limitazioni e le quote a carico dell’assistito sia per le prestazioni LEA (ticket) che per quelle sociosanitarie residenziali e semiresidenziali; in realtà, come emerse da quel primo censimento, i fondi, casse e società di mutuo soccorso esistenti erogavano per la maggior parte le stesse prestazioni del SSN, soprattutto visite specialistiche, prestazioni di laboratorio e radiologiche oltre a prestazioni integrative, in particolare odontoiatria. Già allora i fondi erano per la gran parte “sostitutivi” ed attivi sul territorio nazionale da anni prima dell’istituzione del Servizio sanitario nazionale, come le società di mutuo soccorso che si rifacevano a Regi decreti della fine ‘800.

Il Ministro Guzzanti decise di dare seguito a quanto previsto all’articolo 9 e predispose il regolamento[3], alla cui stesura ho contribuito, specificando le fonti istitutive, le modalità di costituzione, di scioglimento e di vigilanza, nonché la composizione degli organi di amministrazione e di controllo e le forme di contribuzione dei fondi. Quel regolamento ancora oggi manca.

Nel libro “Il finanziamento delle attività e delle prestazioni sanitarie. Il ruolo delle forme integrative di assistenza” (Mastrobuono I, Guzzanti E, Cicchetti A, Mazzeo MC. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 1999), riportammo l’esperienza ministeriale e definimmo i fondi come: “Organizzazioni prevalentemente private variamente nominate, che raccolgono risparmio dei singoli cittadini o di gruppi di cittadini o risparmio di tipo contrattuale, al fine di fornire prestazioni che integrano quelle assicurate dal Servizio sanitario nazionale, secondo modalità non orientate al profitto”, avanzando proposte operative sul loro coinvolgimento nel contesto della globalità dell’assistenza, ipotizzando scenari di integrazione non limitati alle prestazioni non erogate dal Servizio sanitario nazionale.

L’articolo 9 del Dlgs 502 è stato modificato da provvedimenti normativi successivi, secondo due linee di pensiero. La prima linea propendeva per la natura integrativa pura dei fondi:

Il D.lgs. 229/99 disciplina i fondi sanitari integrativi, con la finalità di erogare prestazioni, attività e servizi non ricompresi nei LEA in tutto o in parte attribuendo solo ad essi le agevolazioni fiscali. Nascono così i fondi doc ed i fondi non doc.

Il D.L. 41/2000 modifica il testo unico delle imposte sui redditi di cui al DPR n. 917 del 1986 e fissa le agevolazioni fiscali solo per i fondi integrativi del SSN (fondi doc), mentre per i fondi non doc, ovvero casse e fondi che offrono coperture sanitarie di tipo sostitutivo, prevede una graduale riduzione del beneficio fiscale in caso di mancato adeguamento ai requisiti previsti dal D.lgs 502/1992.

  • La legge 328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, prevede, all’articolo 26, che l’ambito dei fondi comprenda anche le spese “sostenute dall’assistito per le prestazioni sociali (n.d.r. che sono garantite dal sistema di protezione sociale in base all’ISEE) erogate nell’ambito dei programmi assistenziali intensivi e prolungati finalizzati a garantire la permanenza a domicilio ovvero in strutture residenziali o semiresidenziali delle persone anziane e disabili”.

Si delineano così fondi sanitari e sociosanitari[4] (in quanto possono garantire prestazioni sociali che sono erogate dal sistema di protezione sociale) esclusivamente integrativi, che non decollano poiché, fatta eccezione per l’odontoiatria, le prestazioni non sono richieste dagli iscritti.

La seconda linea di pensiero parte proprio da questa evidenza ed il Legislatore decide di intervenire emanando nuovi provvedimenti legislativi, alla stesura dei quali ho partecipato:

  • La legge di bilancio per il 2008 (L. 244/2007) art. 1, co.197-198, prevede che con decreto del Ministro della salute siano individuati gli ambiti delle prestazioni dei fondi integrativi del SSN e degli enti, casse e società di mutuo soccorso aventi esclusivamente fine assistenziale.
  • il D.M. 31 marzo 2008 (c.d. decreto Turco) definisce gli ambiti di intervento dei fondi consentendo agli stessi di operare secondo i propri statuti e regolamenti (di fatto consentendo di erogare le prestazioni del SSN), con l’obbligo di destinare il 20% dell’ammontare complessivo delle risorse destinate alla copertura di tutte le prestazioni garantite a “prestazioni di assistenza odontoiatrica, prestazioni sociosanitarie a soggetti non autosufficienti, prestazioni finalizzate al recupero della salute di soggetti temporaneamente inabilitati per malattia o infortunio”. Si istituisce l’anagrafe dei fondi.
  • Il D.M 27 ottobre 2009 (c.d decreto Sacconi) modifica il precedente, inserendo nel 20% “le prestazioni di prevenzione, coordinati con i protocolli in essere presso il SSN, prestazioni sociali a valenza sanitaria (non autosufficienti), prestazioni sanitarie a valenza sociale e sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria “e definisce le modalità di funzionamento dell’anagrafe dei fondi.

Lo scenario muta ed i fondi, enti, casse e società di mutuo soccorso possono erogare anche le prestazioni garantite dal Servizio sanitario nazionale e sono “integrativi” non solo del SSN ma anche del sistema di protezione sociale tanto che con il Professor Guzzanti decidemmo di modificare la definizione nel seguente modo: «Organizzazioni prevalentemente private, variamente denominate, che raccolgono, su base volontaria, risparmio dei singoli cittadini o di gruppi di cittadini o risparmio di tipo contrattuale a livello nazionale, regionale o locale, per fornire prestazioni sanitarie, sociali e sociosanitarie che integrano quelle assicurate dal Servizio sanitario Nazionale e dal Sistema di protezione sociale, secondo modalità non orientate al profitto”. (2012).

Nel tempo si è generata grande confusione nell’utilizzo degli aggettivi integrativo (prestazioni extra-LEA o extra Sistema di protezione sociale), sostitutivo (stesse prestazioni di entrambi i sistemi), sociosanitario (che eroga prestazioni sociali a valenza sanitaria, sanitarie a valenza sociale, sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria).

A dire il vero basterebbe declinare meglio il concetto di integrativo come avrò il modo di chiarire.

Negli anni successivi il numero degli iscritti ai fondi aumenta sensibilmente ed essi entrano a pieno titolo nel mondo del welfare aziendale (in crescita soprattutto per le grandi e medie imprese) insieme alla previdenza complementare, al sostegno al reddito, alla cura dei familiari con disabilità in un’ottica di solidarietà sancita recentemente nel D.Lgs. 13 dicembre 2024, n. 192 recante “Revisione del regime impositivo dei redditi (IRPEF-IRES)” che, all’art. 3, modifica l’art. 10, comma 1, lett. e-ter) e l’art. 51, comma 2, lett. a) Tuir, introducendo, per i fondi sanitari a livello di normativa primaria, il principio di mutualità e solidarietà tra gli iscritti, già evidenziato nella prassi dell’Agenzia delle Entrate.

Cresce l’interesse per il mondo dei fondi integrativi attraverso:

  • Indagini conoscitive della Commissione Affari sociali della Camera del 2019 e della Commissione permanente Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato 2024 con decine di audizioni (per citare quelle recenti);
  • Proposte di esperti, istituzioni nazionali, organizzazioni sindacali, istituzioni private, rappresentanti della politica, (impossibile citarle tutte) comunque orientate ad un ruolo più attivo dei fondi e in generale dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria integrativa sull’onda della previdenza complementare;
  • Leggi regionali ad hoc: il Veneto con l’istituzione dell’Osservatorio regionale per i fondi integrativi locali, le P.A. di Trento e Bolzano con la nascita di fondi per i dipendenti pubblici, la Toscana, l’Emilia Romagna, la Lombardia con la recente delibera di giunta sullo schema di convenzione delle aziende sanitarie con i fondi integrativi per la libera professione, etc.

Nel 2022, il legislatore interviene sul tema dei fondi integrativi con l’articolo 15 della Legge 118 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021) che aggiunge tra le prestazioni a carico dei fondi quelle di prevenzione primaria e secondaria, le prestazioni di long term care (LTC) non a carico del Servizio sanitario nazionale e le prestazioni sociali finalizzate al soddisfacimento dei bisogni del paziente cronico (erroneamente poste a carico del Servizio sanitario nazionale ma in realtà lo sono del sistema di protezione sociale). La Legge dà seguito alla istituzione, già prevista nel lontano 1992, dell’Osservatorio permanente per i fondi sanitari integrativi «con finalità di studio e ricerca sul complesso delle attività delle forme di assistenza complementare e sulle relative modalità di funzionamento, la cui organizzazione e il cui funzionamento sono disciplinati con apposito decreto del Ministro della salute». La legge assegna al Ministero della salute la funzione di monitoraggio delle attività svolte dai fondi integrativi: a tal fine ciascun soggetto interessato invia periodicamente al Ministero della salute i dati aggregati relativi al numero e alle tipologie dei propri iscritti, al numero e alle tipologie dei beneficiari delle prestazioni nonché ai volumi e alle tipologie di prestazioni complessivamente erogate, distinte tra prestazioni a carattere sanitario, prestazioni a carattere socio-sanitario, prestazioni a carattere sociale ed altre tipologie, nelle forme indicate con apposito decreto del Ministro della salute».

A seguito della Legge sono emanati dal Ministro Speranza due decreti:

  • Il DM 15 settembre 2022 Disciplina del funzionamento e dell’organizzazione dell’Osservatorio dei fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale” istituisce l’Osservatorio nazionale permanente dei Fondi Sanitari Integrativi (OFSI) che opera presso la Direzione generale della programmazione sanitaria del Ministero della salute e “svolge funzioni di studio e ricerca sul complesso delle attività delle forme di assistenza complementare e sulle relative modalità di funzionamento, ai fini dell’implementazione della governance istituzionale del settore, nonché dell’aggiornamento periodico della normativa, nel rispetto dei principi di universalità, uguaglianza, equità nell’accesso alle prestazioni e ai servizi sanitari, nonché della centralità della persona e della globalità della copertura assistenziale”.
  • Il DM 30 settembre 2022 “Monitoraggio delle attività svolte dai fondi sanitari integrativi” stabilisce le funzioni di monitoraggio a cura del Ministero della salute e istituisce il cruscotto delle prestazioni inserito nella piattaforma del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) e che si interfaccia con il Sistema Informativo Anagrafe dei Fondi sanitari (SIAF).I dati che i fondi debbono inviare entro il 31 luglio di ogni anno e per un tempo di sperimentazione di due anni sono le prestazioni erogate nell’anno precedente all’iscrizione all’Anagrafe Fondi sanitari: prestazioni LEA, prestazioni totalmente escluse dai LEA e prestazioni parzialmente escluse dai LEA classificate per macroarea assistenziale (es. assistenza distrettuale, assistenza ospedaliera, assistenza odontoiatrica, prestazione sanitarie a rilevanza sociale, ecc.), livello di assistenza (es. assistenza specialistica ambulatoriale, riabilitazione, ecc.), tipologia di prestazione (attività diagnostica di laboratorio, riabilitazione ospedaliera, ecc.), numero prestazioni erogate e valore complessivo delle stesse, numero dei beneficiari per fascia di età, per tipologia di rapporto di lavoro, per estensione della copertura a cessazione del contratto di lavoro, nonché il numero degli aderenti.

I provvedimenti legislativi enunciati (Fig.2) si inseriscono in un contesto politico-sanitario, sociale-demografico, economico e lavorativo del Paese che sta profondamente cambiando: sul versante del lavoro l’ingresso dell’automazione e dell’intelligenza artificiale creerà le condizioni per nuovi lavori, una maggiore mobilità del personale pone il problema della portabilità dei diritti acquisiti nel fondo integrativo di appartenenza. Sul versante demografico la popolazione invecchia e non benissimo secondo l’ISTAT, che descrive una speranza di vita in buona salute scesa a 58,1 anni, anche se si vive più a lungo che negli altri paesi Ue. Il Governo sta intervenendo promuovendo l’assistenza primaria e la presa in carico della cronicità (Decreto del ministero della salute n.77/2022 “Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel servizio sanitario nazionale”), mentre la Legge 33/2023 “Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane” delinea un percorso più strutturato per affrontare la non autosufficienza, oggettivamente complesso sul versante dell’ integrazione tra sanità e sociale: la spesa sociale è destinata ad aumentare nel futuro assai più che quella sanitaria.

Nel contempo, il 3° Rapporto sui Fondi Sanitari Integrativi 2021-2023, pubblicato dal Ministero della Salute, registra 324 fondi integrativi sanitari ed un numero di iscritti cresciuto da 15,2 milioni nel 2021 a oltre 16,2 milioni nel 2023 e una spesa per prestazioni pari a 3,2 miliardi di euro nel 2022. I fondi di tipo A (fondi doc) sono solo 13 (quasi tutti erogano odontoiatria), i fondi di tipo B rappresentano la maggioranza. Il 20% del totale delle prestazioni integrative è giunto al 33% con al primo posto odontoiatria seguita da prestazioni sociali a valenza sanitaria e sanitarie a valenza sociale. Dall’analisi emerge:

  • la spesa è molto contenuta rispetto al totale del Fondo sanitario nazionale e della spesa privata out of pocket (3,2 miliardi su 180 circa); si deciderà per l’obbligatorietà di adesione (già prevista per alcuni fondi) come avviene da tempo in Francia per allargare la platea degli iscritti?;
  • i fondi e gli altri Enti sono distribuiti nel Nord del Paese ove è concentrata la ricchezza del Paese, Lombardia, Trentino, Emilia Romagna, Valle d’Aosta e Veneto sia come PIL che come ricchezza accumulata dai singoli (abitazioni, investimenti finanziari e risparmi); come si intende affrontare il gap con il Sud del Paese? L’utilizzo dei fondi al nord può contribuire a liberare risorse per il SUD?
  • gli iscritti pensionati ai fondi con quote a loro carico sono pochi: solo il 3% dei fondi li tutela; le prestazioni di long term care legate alla non autosufficienza sono limitatamente erogabili da fondi che hanno iscritti più giovani. Il tema dovrebbe essere affrontato nei fondi previdenziali, puntando non solo su rendite ma soprattutto sui servizi. Optando per un fondo nazionale su base obbligatoria per i giovani?

Dalla lettura di questo complesso scenario in evoluzione, a personale interpretazione della Scrivente, emergono alcuni aspetti:

  • I fondi sanitari integrativi nonché gli enti, le casse e le società di mutuo soccorso aventi esclusivamente fini assistenziali, di cui all’articolo 51, comma 2, lettera a) sono forme di assistenza complementare che si inseriscono nel contesto della globalità dell’assistenza in un’ottica di sanità pubblica che copre il diritto alla tutela della salute del cittadino a 360 gradi;
  • Il ruolo dei fondi si estende ad integrazione del SSN e del sistema di protezione sociale, si tratta quindi di fondi sanitari e sociosanitari, tanto da rendersi obsoleta la distinzione in fondi doc e non doc;
  • Il concetto di integrazione non si riferisce più solo alla tipologia delle prestazioni, attività e servizi che i fondi erogano ma soprattutto al coordinamento con ciò che è erogato dal SSN e dal sistema di protezione sociale secondo una logica di condivisione di strategie e percorsi assistenziali. In un momento di grande sviluppo dei percorsi diagnostico-terapeutico assistenziali, digitalizzati e supportati dal FSE, diviene sempre più importante condividere informazioni che promuovano maggiore appropriatezza ed in qualche modo il controllo di un eccesso di domanda e contribuiscano a meglio governare e ridurre (mai azzerare) le liste di attesa. Solo in questo modo si persegue l’obiettivo del Legislatore che, consentendo agevolazioni fiscali ai fondi ha inteso realizzare uno scenario nel quale questi ultimi siano di reale supporto alla presa in carico globale ed appropriata dei cittadini, promuovendo una maggiore solidarietà intergenerazionale;
  • L’alimentazione del cruscotto con le informazioni richieste, pur complessa per il diverso linguaggio informativo dei fondi e che dovrà andare a regime superata la fase sperimentale, tenuta distinta dall’alimentazione del flusso SIAF (Sistema informativo anagrafe fondi), è cruciale per definire i campi di interazione con il Servizio sanitario nazionale.

Per le considerazioni esposte (e sono solo alcune del dibattito generale su questo tema) appare difficile in questo momento avanzare proposte di aggiornamento legislativo, anche da parte dell’Osservatorio, che in questa fase deve supportare i fondi nell’inserimento dei dati nel cruscotto e parallelamente lavorare sulle modalità di affidamento in gestione (era previsto un decreto del Ministro della sanità) e sul regolamento, su proposta del Ministro della sanità (decreto interministeriale), che disciplini:

  • le modalità di costituzione e di scioglimento,
  • la composizione degli organi di amministrazione,
  • le forme e le modalità di contribuzione,
  • i soggetti destinatari dell’assistenza,
  • il trattamento e le garanzie riservate al singolo sottoscrittore ed al suo nucleo familiare,
  • le cause di decadenza della qualificazione di fondo integrativo del SSN.

Il mondo dei fondi integrativi rivolto a 16 milioni di iscritti governa una spesa contenuta a fronte delle agevolazioni fiscali concesse ma rappresenta un grande potenziale per integrare il servizio sanitario nazionale in previsione degli sviluppi futuri dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria. Il Legislatore dovrà indirizzare eventuali scelte di aggiornamento normativo del settore avendo a disposizione informazioni utili ad individuare percorsi di integrazione con il Servizio sanitario nazionale ed il sistema di protezione sociale sostenibili ed appropriati. Il cruscotto delle prestazioni che l’Osservatorio ha avviato va in questa direzione. Lo sviluppo dell’assistenza primaria sostenuto da piattaforme di intelligenza artificiale per il coordinamento dei servizi, la presa in carico dei pazienti cronici e l’integrazione tra sanità e sociale per la realizzazione di percorsi assistenziali condivisi dal lato dei sistemi sanitario e sociale offriranno lo scenario nel quale possono operare i fondi integrativi. Una via da tracciare secondo linee strategiche che in questo delicato settore della vita pubblica debbono essere condivise da tutti, politici, amministratori, operatori sanitari, cittadini. Negli ultimi anni la partecipazione di questi ultimi alle scelte di politica sanitaria è aumentata in molti Paesi: si tratta di trovare il modo di prevederne un maggiore coinvolgimento affinché aumenti la consapevolezza delle difficoltà nelle quali si opera ogni giorno in una Società in rapida trasformazione. Un secondo pilastro della protezione sanitaria e sociosanitaria può supportare il sistema nazionale e non si tratta di privatizzare la sanità, ma di renderla più sostenibile, equa, diffusa e centrata sui bisogni reali delle persone.

Fig.1

Fig.2


Prof. Isabella Mastrobuono
Referente per le Regioni e Province autonome presso l’Osservatorio dei fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale
Referente innovazione digitale e ricerca Melittaklilik, Bolzano

[1] L’ultimo Piano sanitario nazionale risale al 2011 ed è negli anni stato sostituito dagli Accordi Stato-Regioni. I Livelli essenziali di assistenza sono stati individuati con DPCM nel 2001, rivisitati nel 2017 e sottoposti ad annuali integrazioni al progredire della ricerca nei campi clinico, farmaceutico, tecnologico, etc.

[2] Mastrobuono I, Pompili S. Le forme integrative di assistenza sanitaria: casse aziendali, fondi di categoria e società di mutuo soccorso. Atti del convegno: le nuove regole dell’assistenza sanitaria integrativa. Convegni e formazione de Il Sole 24 Ore. 25 maggio 1998, Milano.

[3] Il regolamento, predisposto dal Ministro della Sanità pro tempore Elio Guzzanti, di concerto con quello del lavoro e della previdenza sociale alla fine dell’anno 1995, era stato articolato in 9 articoli ed aveva, tra gli obiettivi, quello di consentire un censimento delle diverse forme integrative di assistenza sanitaria presenti ed operanti in Italia. Il documento di Stefano Zamagni dal titolo “Questioni aperte nel sistema sanitario italiano e linee di intervento” della Commissione per l’analisi delle compatibilità macroeconomiche della spesa sociale così si è espresso sulla proposta di regolamento “la bozza aveva ottenuto parere favorevole del Consiglio di Stato, con alcune correzioni e prevedeva l’introduzione di un “sistema di controlli” con l’obiettivo di accertare l’equilibrio gestionale delle mutue. Si stabiliva, inoltre, il divieto di realizzare nuove strutture sanitarie, per non dilatare l’offerta, incentivando invece le mutue integrative a concorrere per rendere più efficienti e produttive le strutture sanitarie sottoutilizzate. Casse e fondi avrebbero avuto comunque tre anni di tempo per adeguarsi alle regole previste dal regolamento, che, doveva essere deliberato dal Consiglio dei ministri, nella forma di decreto del Presidente della Repubblica, e registrato alla Corte dei Conti, per farlo entrare in vigore entro il mese di febbraio 1996, ma le successive elezioni ne hanno bloccato l’approvazione definitiva.”

[4] Le prestazioni sociosanitarie comprendono:

  • prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite, vaccinazioni;
  • prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività del sistema sociale che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute.
  • le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria sono caratterizzate da particolari rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria e attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative.

Le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale e quelle ad elevata integrazione sanitaria sono assicurate dalle aziende sanitarie e comprese nei livelli essenziali di assistenza sanitaria, secondo le modalità individuate dalla vigente normativa e dai piani nazionali e regionali, nonché dai progetti-obiettivo nazionale e regionale.

Le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria sono di competenza dei comuni che provvedono al loro finanziamento negli ambiti previsti dalla legge regionale ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. La regione determina, sulla base dei criteri posti dall’atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, il finanziamento per le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale sulla base di quote capitarie correlate ai livelli essenziali di assistenza. I livelli dell prestazioni sociali (LEPS o LIVEAS, livelli essenziali delle prestazioni sociali), previsti nella Legge 328/2000 sono stati individuati, parzialmente, nel Piano sociale nazionale per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà 2021-23 (servizi sociali alla persona non autosufficiente o disabile, pronto intervento sociale, valiutazione multidimensionale e progetto personalizzato, servizi per residenza fittizia, indennità di accompagno, etc.) Alcuni di questi come l’assistenza ai non autosufficienti, l’assistenza sociale integrata, il pronto intervento sociale sono stati considerati prioritari per le ATS (Articolazioni territoriali sociali) nella Legge di bilancio 2022(L.234/2021) e ripresi nella Legge 33/ 2023 “Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane”.

Isabella Mastrobuono

17 Novembre 2025

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