Alzheimer e demenze: in Italia 1 milione di pazienti, previsto raddoppio entro il 2050. Serve fare rete

Alzheimer e demenze: in Italia 1 milione di pazienti, previsto raddoppio entro il 2050. Serve fare rete

Alzheimer e demenze: in Italia 1 milione di pazienti, previsto raddoppio entro il 2050. Serve fare rete

Un confronto sulla governance dell’Alzheimer e della malattie neurodegenerative per l’analisi di ADvise, il progetto promosso dalla Società italiana di Neurologia (Sin). Essenziale arrivare pronti ora che farmaci e tecnologie innovative potrebbero modificare radicalmente la presa in carico del paziente e la vita del caregiver.

In un paese come l’Italia, in cui il 23% della popolazione ha più di 65 anni con una speranza di vita sempre in aumento, l’Alzheimer rappresenta più che mai una delle principali sfide sociali e sanitarie. Tra le patologie neurodegenerative più aggressive e compromettenti, l’Alzheimer è una realtà per 600 mila italiani ad oggi: circa il 60% del totale dei pazienti con demenza. Questi dati delle ultime stime dell’Istituto Superiore di Sanità potrebbero raddoppiare entro il 2050, seguendo le proiezioni demografiche europee.

In questo contesto, il Servizio sanitario nazionale (SSN) e il sistema di welfare sono chiamati ad affrontare esigenze prima cliniche legate ai pazienti, poi anche economiche, pratiche e psicologiche legate ai loro caregiver, che ancora portano tanto del peso della patologia nella vita quotidiana.

In questo contesto è nato ADvise – Alliance for Driving Value and Innovation in SSN Evaluation of Alzheimer’s Disease, un progetto promosso dalla Società Italiana di Neurologia (Sin), con l’obiettivo di analizzare lo stato dell’arte del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) in termini di capacità diagnostica, presa in carico e gestione clinico-organizzativa delle persone con Alzheimer. Di modo da fornire una base conoscitiva solida e aggiornata per supportare lo sviluppo di politiche pubbliche efficaci, in grado di promuovere un sistema di diagnosi e gestione della malattia più integrato, equo e sostenibile. I primi risultati sono stati presentati nella cornice di Palazzo Maddaleni Capodiferro, la sede di Roma della Regione Lombardia.

“Dopo la pandemia, la fotografia del sistema demenza in Italia era ormai cambiata e bisognava darne conto. Abbiamo scoperto che in verità le cose sono rimaste molto critiche, ci sono molte eterogeneità e ci sono ancora molti nodi nella gestione sia della componente socio-assistenziale che della componente sanitaria”, spiega Alessandro Padovani, past president della Società italiana di Neurologia (Sin). “Ora abbiamo una road map – prosegue – innanzitutto si tratta di ricostruire le reti dei CDC, cercare di uniformare i percorsi e definire chi si occuperà dei farmaci innovativi e chi si occuperà prevalentemente di individuare le persone elegibili. Sarà importante dare piena attuazione al Dm77, che ricordo dovrebbe avvenire entro il 2026, e qui ci sono delle sfide che pure la neurologia dovrà assumere e in qualche modo cercare di vincere, ovvero quella di entrare nel territorio ed essere in grado di migliorare l’appropriatezza, di fare degli interventi diagnostici tempestivi migliori di quelli che abbiamo adesso”.

Il report evidenzia come l’Alzheimer impatta trasversalmente il tessuto sociale ed economico del Paese. Sul piano sanitario, tra costi indiretti e diretti, la patologia comporta un crescente ricorso a cure mediche, assistenza specialistica e ricoveri ospedalieri, la patologia costa intorno ai 37,6 miliardi di euro. L’aumento progressivo dei casi, inoltre, esercita ulteriore pressione sui sistemi sanitari e di welfare, su cui pesano già la carenza di persona specializzato, le grandi disuguaglianze nell’accesso ai percorsi personalizzati, la difficoltà nell’integrazione tra assistenza sociale e sanitari e il supporto ancora inadeguato ai caregiver.

“La maggiore criticità che ci troviamo ad affrontare – spiega Patrizia Spadin, presidente Associazione AIMA – è quella dell’equità di accesso. Le regioni italiane sono 21, ognuna ha un sistema differente. All’interno della stessa regione ci sono differenze geografiche e di distribuzione dei servizi, per cui un paziente di Matera non ha gli stessi diritti di un paziente di Bolzano o di Varese. Se non c’è un’alleanza forte tra politica, comunità scientifica, istituzioni e associazioni e pazienti, non si va da nessuna parte”.

A livello globale, la spesa è destinata a raggiungere i 4,7 trilioni di dollari entro il 2030. Una sfida che va di pari passo con la necessità di garantire l’accesso a terapie innovative, che spesso presentano costi elevati e modelli di rimborso complessi. L’arrivo di nuove tecniche diagnostiche e di farmaci innovativi e life-changing per la gestione dell’Alzheimer sul mercato italiano rappresentano una svolta di enormi proporzioni. Grazie a biomarcatori avanzati, intelligenza artificiale e trattamenti personalizzati si potrà anticipare la diagnosi, personalizzare la cura e migliorare la presa in carico, non solo per il paziente.

“Bisogna pensare che nel nostro paese non c’è mai stata una strategia pubblica per disseminare e implementare linee guida – puntualizza Nicola Vanacore, Responsabile dell’Osservatorio Demenze dell’Istituto Superiore di Sanità -. Lo stiamo facendo adesso con nell’ambito del Fondo Alzheimer 2024-2026. Con un lavoro che è durato 2 anni queste evidenze sono state sintetizzate in 163 raccomandazioni e ora queste raccomandazioni bisogna portarle nella realtà assistenziale. Sono stati condotti in Iss otto corsi residenziali dal mese di aprile fino a ottobre e hanno partecipato 150 operatori provenienti da tutte le regioni italiane e queste persone torneranno nei territori e continueranno a disseminare e implementare le raccomandazioni della linea guida”.

Ora si richiede alla politica un passo in più: il SSN deve essere pronto alla sfida. L’Italia potrebbe presentarsi come una best practice a livello europeo, in quanto uno dei primi Paesi a dotarsi del Piano nazionale Demenze (PND) nel 2014. La sua implementazione resta però ancora troppo disomogenea e non aggiornata rispetto al contesto attuale e alla diversità tra le Regioni. A questo vorrebbe porre rimedio l’istituzione dell’Intergruppo parlamentare Neuroscienze e Alzheimer, che promuove un modello condiviso di governance e ha permesso l’istituzione del Fondo per l’Alzheimer e le demenze (2021 e rifinanziato nel 2024).

“Parliamo di un milione di persone e di 4 milioni di caregiver coinvolti – conferma Raffaella Paita, Componente Commissione Bilancio Senato, che nella Legge di Bilancio attualmente in discussione ha proposto un emendamento che vuole un aumento ulteriore del Fondo per l’Alzheimer –. Per le famiglie questa è un’emergenza e come tale deve essere affrontata, sia nell’ambito di una rivisitazione complessiva delle politiche regionali e nazionali che intervengano a supporto delle persone malate, ma anche dei familiari, sia nell’ambito di un’individuazione più cospicua di risorse. Lavoreremo per cercare di difendere questo emendamento e portare a casa un risultato”.

Ora è più necessario che mai che dal confronto tra Istituzioni, comunità scientifica e stakeholder – tenendo conto dei risultati di ADvise – si lavori su nuove basi per un percorso di gestione condiviso e innovativo, che comprenda la cronicità della patologia e gestisca le differenze con una standardizzazione che non resti cieca ai contesti e alle risorse.

Gloria Frezza

27 Novembre 2025

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