Indumenti che rilevano e trasmettono parametri clinici come pressione e glicemia, laboratori di diagnostica itineranti che viaggiano su furgoni fra le abitazioni dei pazienti, orologi che inviano un segnale d’allarme attraverso il telefono se l’anziano cade o manifesta anomalie del battito cardiaco, fino alle residenze sanitarie assistenziali. Questa è l’Italia del futuro, quella descritta al Convegno “L’anziano e la tecnoassistenza, il Servizio sanitario nazionale e l’industria” organizzato da Italia Longeva – Rete nazionale di ricerca sull’invecchiamento e la longevità attiva, istituita dal Ministero della Salute, con la Regione Marche e l’IRCCS INRCA – tenutosi il 17 ottobre presso l’Auditorium Biagio D’Alba del Ministero della Salute. Tecnoassistenza ed esigenze della terza età al centro, per fare in modo che, come sostiene il Presidente di Italia Longeva Bernabei “l’Italia diventi un laboratorio di nuovi prodotti per rispondere all’invecchiamento della popolazione e per riuscire a trasformare la terza età in una grande opportunità per uscire dalla crisi producendo oggetti tangibili”. Un percorso che è responsabilità di tutti, addetti ai lavori e istituzioni.
Per intraprendere questa strada e creare un modello vincente, però, è necessario che le risorse vengano utilizzate nel miglior modo possibile, come spiega nel suo intervento Piero Ciccarelli, Direttore Generale ASUR Marche e Presidente Federsanità-ANCI Marche: “Siamo in una situazione dove non esistono risorse aggiuntive. Questo contesto mette in risalto quello che di buono abbiamo e ci permette di fare delle valutazioni. Il dato certo è che abbiamo delle potenzialità che non stiamo utilizzando al meglio: da quella parte fondamentale del versante sanitario che sono i medici di medicina generale e i medici di continuità assistenziale, che ad oggi non vengono utilizzati in maniera integrata, fino all’esempio della mia regione dove si parla di continuità ospedale-territorio, si riorganizzano i nodi delle strutture, si riducono i posti letto per acuti, si introducono nodi intermedi come le case della salute, si parla dei posti letto ospedalieri scesi da 6200 a 5700, dimenticando, però, di prendere in considerazione i 12000 posti di residenzialità e semiresidenzialità di cui nessuno parla e su cui non c’è una discussione. Per questo serve un confronto per capire in che direzione andare e come classificare queste strutture”.
Teleassistenza e tecnologia aiutano a completare il percorso delle reti ma è fondamentale, soprattutto per Federsanità-ANCI che raggruppa al suo interno i Direttori Generali delle Aziende Ospedaliere o Territoriali e la parte ANCI, intraprendere un percorso di integrazione. Su questo punto, continua Ciccarelli, ci sono delle criticità: “Davanti alle tante fragilità esistenti, come le demenze o altro, è necessario mettere in campo una buona integrazione socio-sanitaria. Il malato cronico o l’anziano non deve essere istituzionalizzato, ricoverato, ma trattato a domicilio. Ed è qui che i comuni devono intervenire, soprattutto se il paziente vive da solo, con un intervento sociale. Purtroppo, però, e le mie non sono provocazioni ma riflessioni, da questo punto di vista i comuni non si adeguano alla riforma costituzionale dei servizi alla persona, sono frammentati e non si associano per creare delle aziende utili a migliorare la vita dei malati. L’integrazione esiste quando tutti e due i soggetti, quello sanitario e quello sociale, collaborano in nome di un obiettivo comune”.
Raffaella Fonda