Un bilancio di 10 anni di terapia del cheratocono con il cross-linking e l’analisi dei risultati ottenuti dall’introduzione “sperimentale” nel lontano 2007 della tecnica chirurgica che prevede l’utilizzo della riboflavina intra corneale per la cura della degenerazione corneale saranno al centro del corso di formazione specialistico nazionale in programma venerdì 19 maggio al Monaldi di Napoli, centro di riferimento regionale campano per la cura del cheratocono. Al corso “Segmant” (riferito al segmento anteriore dell’occhio) parteciperanno numerosi esperti a livello nazionale.
In Campania, in particolare, si calcola che siano circa 15.000 le persone affette da tale malattia (il rapporto è di circa 1 caso su 450-500 abitanti della popolazione totale) uno tra i più alti in Italia. “Essendo una malattia con una marcata componente genetica, anche se non ancora ben individuato e decodificato la struttura del gene responsabile a penetranza ‘variabile’ – spiega Alfredo Venosa, responsabile del centro di laser terapia del segmento anteriore dell’occhio del Monaldi – pertanto nel momento in cui si individua un paziente cheratoconico, bisogna monitorare strumentalmente, per più anni, anche i parenti più stretti (fratelli, sorelle, figli, cugini,ecc.) per questi motivi, si può tranquillamente ipotizzare in Campania un numero di 60-70.000 persone tra quelle colpite dalla malattia e quelle più o meno potenzialmente (spesso anche inconsapevolmente) a rischio e quindi da monitorare con assiduità”.
Clinicamente il cheratocono si esprime in una forma cronico-evolutiva irreversibile di deformazione della cornea a causa della perdita progressiva di rigidità della propria cito-architettura strutturale dovuto, verosimilmente, alla produzione di proteine geneticamente codificate. Il tutto produce una diminuzione progressiva della sua funzione di messa a fuoco per cui il paziente è soggetto ad un progressivo deterioramento della vista ( purtroppo mal compensabile con i classici ausili visivi quali occhiali, lenti a contatto,ecc) che può giungere anche alla cecità legale.
“Fino a 10 anni or sono – aggiunge Venosa – allorquando il ministero della Salute ha autorizzato l’utilizzo clinico routinario del cross-linking corneale, per un paziente a cui fosse stato diagnosticato un cheratocono evolutivo, l’unica procedura chirurgica con la migliore possibilità di successo era il trapianto di cornea con il suo inevitabile corollario di problematiche anche gravi (lunga attesa per il reperimento di una cornea istocompatibile, rischi gravi di rigetto, utilizzo massiccio di farmaci,ecc). Per questi motivi le patologie corneali ed il cheratocono in particolare sono stati, per molti anni, una delle principali patologie oculari per cui vi è stata una marcata migrazione sanitaria dalla Campania verso il nord Italia ed all’estero. Con il cross-linking corneale mediante riboflavina – aggiunge Venosa – si è effettuata una sorta di rivoluzione “copernicana” ,in quanto si è introdotta una terapia chirurgica conservativa in cui veniva iniettato nella cornea malata un preparato che compensava il deficit di una struttura proteica; in questo modo si recupera la rigidità perduta e si poteva bloccare l’evoluzione della patologia,evitando, in tal modo, la progressiva perdita della funzione visiva ed il successivo trapianto di cornea”.
Il Monaldi è stato il primo ospedale in Campania ed in tutto il Mezzogiorno ad attivare, nel settembre 2007, un protocollo diagnostico-terapeutico standardizzato per la diagnosi e cura del cheratocono mediante la tecnica del cross-linking corneale, sulla base di un programma ideato (intuendone le possibilità terapeutiche “rivoluzionarie”) dal responsabile dell’unità dilaserterapia del segmento anteriore, Alfredo Venosa. In questi dieci anni la struttura è divenuta riferimento scientifico a livello nazionale sia per numero di casi trattati che di pazienti monitorati oltre che per aver creato il data-base più ampio (circa 1000 pazienti) e l’azienda dei Colli, di cui oggi il Monaldi fa parte, è stata riconosciuta con delibera di giunta, alcuni anni or sono, centro di riferimento regionale per la diagnosi e cura del cheratocono ed il Dott.Venosa “medico certificatore regionale”.
Nell’ambito del corso il Venosa, oltre ad illustrare i risultati a 24 mesi relativi a 500 casi trattati (una delle casistiche più ampie e datate d’Italia) e dei circa 1000 pazienti monitorati, ha ribadito la volontà di riproporre alla nuova amministrazione regionale un inedito progetto-obiettivo (denominato “stop cheratocono” avente l’obiettivo di azzerare sia la necessità di trapianti di cornea sia l’aumento di casi di cecità legale collegati) già inviato formalmente, alcuni anni or sono alla precedente amministrazione regionale (dove, da sempre, risulta “impantanato” in una commissione verificatrice) per la creazione sia di una rete regionale di monitoraggio sia di un registro informatico generale in cui coinvolgere sia il pubblico che il privato a tutti i livelli. Il tutto per migliorare l’offerta diagnostico-terapeutica regionale in tema di cheratocono primitivo o secondario e altre anomalie producenti ipovisione secondarie a chirurgia refrattiva. “L’obiettivo – conclude Venosa – è contribuire alla creazione di una sorta di rete di collegamento fra operatori per meglio coordinare le attività di diagnosi e cura diffondere sul territorio la notizia che per tante patologie corneali e post-refrattive vi possono essere ulteriori possibilità di diagnosi e cura quanto più precoci possibili”.
Ettore Mautone