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Aggressioni, il 30% degli operatori soffre o ha sofferto di sindrome post traumatica. I dati dell’Università di Udine 

Lo studio ha analizzato 200 operatori, di cui quasi il 50% ha subito violenza nei centri vaccinali Covid fra il 2021 e 2022. Il 30%, senza differenze fra medici e infermieri, soffre o ha sofferto di sindrome post traumatica. I coordinatori dello studio: “Necessario adottare un approccio più strutturato e multidisciplinare al problema della violenza sul luogo di lavoro, in particolare in ambito sanitario, che ne affronti tutti gli aspetti”.

04 MAR - Mentre un infermiere del 118 del di un Pronto soccorso viene minacciato e preso a testate finché soccorre un uomo, notizia denunciata due giorni fa da Stefano Bressan (Uil Fpl) e Afrim Caslli (Nursind Udine), l’Università di Udine a snocciola dati e considerazione su uno studio interno durante la campagna di vaccinazione regionale antiCovid tra il 2021 e il 2022. Stavolta non si sta trattando il fenomeno della violenza in sé ma di ciò che comporta la violenza nelle persone che la subiscono. Studio fatto attraverso dei questionari su base volontaria a disposizione di tutti i centri di vaccinazione in Friuli Venezia Giulia.

Il fenomeno della violenza contro gli operatori sanitari negli ultimi anni sta ricevendo un’attenzione sempre più crescente per l’aumentata frequenza e il suo impatto sull’incolumità fisica e sul benessere psicologico delle vittime ma anche sui servizi sanitari erogati.

“Nonostante questa attenzione - spiegano i coordinatori dell’indagine, Laura Brunelli, e Luca Arnoldo - si sa poco sull’incidenza del fenomeno della violenza nell’ambito dell’attività di vaccinazione pubblica, che ci sono stati e che poco si era parlato”.

Dall’indagine che ha visto coinvolgere 200 operatori sanitari quasi il 50 per cento, è stato vittima di un atto di violenza fisica o verbale sul posto di lavoro, con circa la metà di questi hanno riferito che tale episodio di violenza ha influito negativamente sul proprio benessere psicologico, mentre oltre un 30 per cento hanno avuto conseguenze con ripercussioni anche sulla vita familiare e sociale.

La percentuale di episodi di violenza è risultata essere uniformemente e distribuita tra gli operatori con un il 50,5 per cento degli infermieri e il 40,9 per cento dei medici con più di un terzo delle vittime ha sviluppato sintomi di stress post-traumatico.

“L'incidenza di questi sintomi riporta lo studio è stata più alta tra i professionisti in prima linea, come personale vaccinatore e responsabili di seduta, i più esposti alle reazioni dei cittadini che si recavano nei centri di immunizzazione, rispetto a quelli che sostenevano le attività dal back office, come il personale di supporto per la registrazione delle vaccinazioni e di preparazione delle fiale. Al contrario, i professionisti che normalmente lavoravano in situazioni di emergenza, come in pronto soccorso e terapia intensive, hanno riportato livelli di stress inferiori”.

Dall’indagine interna svolta dall’Università di Udine sono emersi due fondamentali considerazioni.

La prima
: che un terzo degli operatori sanitari coinvolti nella campagna di vaccinazione e che hanno subito violenza ha riferito che il proprio benessere psicologico è stato influenzato dalla violenza perpetrata durante il servizio.

La seconda considerazione che si pongono i coordinatori dell’indagine è che si dovrebbe prestare maggiore attenzione ai professionisti della salute pubblica.

“E’ necessario adottare un approccio più strutturato e multidisciplinare – sostengono Brunelli e Arnoldo – al problema della violenza sul luogo di lavoro, in particolare in ambito sanitario, che ne affronti tutti gli aspetti e includa il supporto legale e psicologico alle vittime, l’informazione, l’educazione e la formazione, un efficace sistema di segnalazione e il miglioramento della qualità complessiva del servizio”.

Endrius Salvalaggio

04 marzo 2024
© Riproduzione riservata

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