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Piano nazionale Cronicità. Il testo alla Conferenza Stato-Regioni. Reti integrate sul territorio per presa in carico, ‘tecnoassistenza’ e Piani di cura personalizzati. Ecco tutte le novità

di Stefano A. Inglese

Integrazione dell’assistenza primaria, continuità assistenziale modulata sulla base dello stadio evolutivo della malattia, potenziamento cure domiciliari e attenzione ai bisogni globali dei pazienti. E poi Piani di cura personalizzati e Chronic care model. Questi alcuni dei capisaldi del Piano per far fronte alle cronicità inviato oggi dal Ministro Lorenzin alla Stato-Regioni. Resta il tema delle risorse economiche. PIANO CRONICITÀ ACCORDO STATO-REGIONI

22 LUG - Forte integrazione tra l’assistenza primaria, centrata sul medico di medicina generale, e le cure specialistiche. E poi una continuità assistenziale, modulata sulla base dello stadio evolutivo e sul grado di complessità della patologia e  l’ingresso quanto più precoce della persona con malattia cronica nel percorso diagnostico-terapeutico multidisciplinare. E ancora, potenziamento delle cure domiciliari e la riduzione dei ricoveri ospedalieri, anche attraverso l’uso di tecnologie innovative di “tecnoassistenza” senza dimenticare lo sviluppo di modelli assistenziali centrati sui bisogni “globali” del paziente e non solo clinici. Questi alcuni dei capisaldi del “Piano Nazionale della Cronicità”, documento che, in attuazione del Patto per la salute 2014-2016, disciplina le modalità di assistenza e tutela del crescente numero di pazienti affetti da malattie croniche, che oggi il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha trasmesso in Conferenza Stato-regioni.
 
Il nodo risorse. Il Piano nazionale della cronicità nasce “dall’esigenza di armonizzare a livello nazionale le attività proponendo un documento condiviso con le Regioni che compatibilmente con la disponibilità delle risorse economiche, umane e strutturali, individui un disegno strategico comune inteso a promuovere interventi basati sulla unitarietà di approccio, centrato sulla persona ed orientato su una migliore organizzazione dei servizi e una piena responsabilizzazione di tutti gli attori dell’assistenza”. 
 
Il fine è “quello di contribuire al miglioramento della tutela per le persone affette da malattie croniche, riducendone il peso sull’individuo, sulla sua famiglia e sul contesto sociale, migliorando la qualità della vita, rendendo più efficaci ed efficienti i servizi sanitari in termini di prevenzione e assistenza e assicurando maggiore uniformità ed equità di accesso ai cittadini”. Un sistema in sostanza che si deve porre in modo integrato e proattivo (sì al chronic care model per esempio) e che sappia anche valutarsi per correggere eventuali errori di percorso.
 
Il documento si compone di due parti.
La prima recante gli indirizzi generali per la cronicità e la seconda contiene approfondimenti su patologie con caratteristiche e bisogni assistenziali specifici. Nella prima parte vengono indicati la strategia complessiva e gli obiettivi di Piano, proposte alcune linee d’intervento ed evidenziati i risultati attesi, attraverso quali migliorare la gestione della cronicità nel rispetto delle evidenze scientifiche, dell’appropriatezza delle prestazioni e della condivisione dei PDTA.
 
Nella seconda parte il Piano individua un primo elenco di patologie croniche (Malattie renali croniche e insufficienza renale; Artrite reumatoide e artriti croniche in età evolutiva; Malattia di Crohn e Rettocolite ulcerosa; Insufficienza cardiaca cronica; Malattia di Parkinson e Parkinsonismi; Bpcp e Irc; Insufficienza respiratoria cronica in età evolutiva; Asma in età evolutiva; Malattie endocrine in età evolutiva; Malattie renali croniche in età evolutiva) e per ciascuna il Piano prevede: un sintetico inquadramento generale; un elenco delle principali criticità dell’assistenza; la definizione di obiettivi generali, specifici, la proposta di linee d’intervento, di risultati attesi e di alcuni indicatori di monitoraggio.
 
Invecchiamento e cronicità. Il fenomeno della cronicità ha una significativa portata nel Sistema sanitario ed è in progressiva crescita: si stima che circa il 70-80% delle risorse sanitarie nei paesi avanzati sia oggi speso per la gestione delle malattie croniche e che nel 2020 le stesse rappresenteranno l’80% di tutte le patologie nel mondo.
 
I costi crescenti. La domanda di servizi sanitari per soggetti anziani con patologie croniche negli ultimi anni è diventata sempre più alta. È stato calcolato che quasi un terzo delle visite generiche e di quelle specialistiche sia erogato alla popolazione multi-cronica e, di queste, circa il 30% a persone con patologie croniche gravi. Nel 2010 la spesa per ricoveri ospedalieri è stata attribuita per il 51% alla fascia di età over 65. In questa fascia di età si concentra anche il 60% della spesa farmaceutica territoriale mentre la spesa pro capite di un assistito di età over 75 è 11 volte superiore a quella di una persona appartenente alla fascia 25-34 anni. La circostanza che i malati cronici assorbono quote progressivamente crescenti di risorse al crescere del numero di malattie è confermata anche da dati regionali. In Lombardia nel 2013 il rapporto tra la spesa sanitaria procapite di un paziente non cronico e la spesa pro-capite di un paziente con 4 patologie croniche è stata di 1/21,5; per un paziente con 3 patologie lo stesso rapporto è di circa 1/12, per due patologie è di 1/7,3, per una patologia di ¼. Nel corso del tempo la spesa totale della Regione per le malattie croniche risulta aumentata dal 2005 al 2013 del 36%.

Il Piano, che richiama autorevoli modelli internazionali, prende le mosse dall’attuale contesto di riferimento, caratterizzato dal progressivo invecchiamento della popolazione (in Italia la percentuale di “over 65” sul totale della popolazione è pari al 21,2%), dal conseguente aumento dell’incidenza delle malattie croniche e dal permanere di differenze assistenziali nelle singole realtà regionali. 

Una nuova cultura del sistema, dei servizi, dei professionisti e dei pazienti. Per vincere la sfida contro queste ‘nuove epidemie’ per il Piano “è necessario coinvolgere e responsabilizzare tutte le componenti, dalla persona con cronicità al ‘macrosistema-salute’, formato non solo dai servizi ma da tutti gli attori istituzionali e sociali che hanno influenza sulla salute delle comunità e dei singoli individui”.
 
Un diverso modello integrato ospedale/territorio. Il Piano ribadisce come “l’ospedale va concepito come uno snodo di alta specializzazione del sistema di cure per la cronicità che interagisca con la specialistica ambulatoriale e con l’assistenza primaria, attraverso nuove formule organizzative che prevedano la creazione di reti multispecialistiche dedicate e ‘dimissioni assistite’ nel territorio finalizzate a ridurre il drop-out della rete assistenziale, causa frequente di riospedalizzazione a breve termine e di outcome negativi nei pazienti con cronicità”.
 
Riorganizzazione attività dei mmg  e pediatri. Il medico di o pediatra che ha preso in carico un paziente cronico dovrà tener conto delle diverse competenze specialistiche e professionali coinvolte nel processo di cura per il sovrapporsi di patologie diverse, di funzioni lese o compromesse o di problematiche socio-assistenziali, operando una sintesi adeguata alla specifica condizione clinica. In casi particolari in cui il paziente cronico sia direttamente in carico ad una struttura o a un servizio specialistico, in ragione della complessità clinica o socio-assistenziale, il PAI specialistica sarà definito dal medico che ha l’effettiva responsabilità della cura e condiviso con il mmg o pls.
E strumenti principali della nuova rete sono proprio le famose AFT e UCCP su cui com’è noto sono in atto le trattative per il rinnovo della convenzione. 
 
In particolare, il Piano si pone poi l’obiettivo di influenzare la storia naturale di molte patologie croniche, non solo in termini di prevenzione, ma anche di miglioramento del percorso assistenziale della persona, riducendo il peso clinico, sociale ed economico della malattia. Tali obiettivi sono perseguibili e raggiungibili attraverso la prevenzione primaria, la diagnosi precoce, l’educazione e l’empowerment del paziente, nonché mediante la prevenzione delle complicanze, che spesso sono responsabili dello scadimento della qualità di vita della persona e che rappresentano le principali cause degli elevati costi economici e sociali delle malattie stesse.
 
Il Piano fornisce, quindi, indicazioni per favorire:

-          il buon funzionamento delle reti assistenziali, con una forte integrazione tra l’assistenza primaria, centrata sul medico di medicina generale, e le cure specialistiche;
-          la continuità assistenziale, modulata sulla base dello stadio evolutivo e sul grado di complessità della patologia;
-          l’ingresso quanto più precoce della persona con malattia cronica nel percorso diagnostico-terapeutico multidisciplinare;
-          il potenziamento delle cure domiciliari e la riduzione dei ricoveri ospedalieri, anche attraverso l’uso di tecnologie innovative di “tecnoassistenza”;
-          modelli assistenziali centrati sui bisogni “globali” del paziente e non solo clinici.
 
“Il Piano – si legge - segna una svolta importante nell’approccio alla malattia: la persona diviene il centro del sistema di cure, grazie alla costruzione di percorsi diagnostico-terapeutici che la inseriscono in un piano di assistenza il più possibile personalizzato; il paziente quindi non è più utente “passivo” delle cure, ma collabora attivamente alla gestione della sua condizione, arrivando a definire con l’equipe un percorso di cura che gli consenta di convivere con il suo quadro patologico e di 'fare fronte' alla patologia”.
 
Stefano A. Inglese

22 luglio 2016
© Riproduzione riservata

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