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Cassazione conferma condanna a otto mesi per una donna che aveva schiaffeggiato un’infermiera che l’aveva invitata a lasciare il reparto dove si era introdotta al di fuori dell’orario di visita ai parenti


Nursing Up parla di “una sentenza della Cassazione che potrebbe davvero fare giurisprudenza” e che “getta nuova luce su quelle che potrebbero essere le conseguenze delle aggressioni ai danni degli operatori sanitari”. LA SENTENZA

24 OTT - La Cassazione ha confermato la condanna a otto mesi di reclusione, sospesa condizionalmente, per una donna che aveva schiaffeggiato una infermiera dopo che quest’ultima aveva invitato lei e i suoi familiari a uscire dalla stanza dove era ricoverato un congiunto dove si erano introdotti al di fuori dell’orario di visita.

Sulla sentenza è arrivato oggi il commento di Nursing Up che parla di “una sentenza della Cassazione che potrebbe davvero fare giurisprudenza” e che “getta nuova luce su quelle che potrebbero essere le conseguenze delle aggressioni ai danni degli operatori sanitari”.

“Nel caso in questione – spiega Nursing Up - la signora violenta è stata condannata, non solo per lesioni personali, ma anche per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e interruzione di pubblico servizio. In questo caso la Cassazione afferma chiaramente che «nonostante l’infermiere sia ‘solo’ un incaricato di pubblico servizio e non un pubblico ufficiale, l’ostacolo frapposto all’attività da questi svolta (che non può essere sospesa o soggetta a impedimenti) integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale, punibile con la reclusione da sei mesi a cinque anni».

E ancora, si riporta sempre il testo della Cassazione: «affinché venga integrata la fattispecie di resistenza a pubblico ufficiale, non è necessario che sia concretamente impedita la libertà di azione del pubblico ufficiale. E’ sufficiente che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto dell’ufficio o del servizio, indipendentemente dall’esito, positivo o negativo, di tale azione e dell’effettivo verificarsi di un ostacolo al compimento dell’atto del pubblico ufficiale».

E nel caso specifico, non ci sono dubbi sul fatto che «la condotta violenta subita dall’infermiera fosse proprio connessa alle funzioni da lei esercitate, tanto da costituire per lei un ostacolo».

“Non dimentichiamo - dice il presidente di Nursing Up Antonio De Palma - che siamo di fronte ad una sentenza per certi versi storica, ma che certo non ripaga gli infermieri dei torti subiti e che non ci assicura che la spirale di violenza si placherà”.

“Ricordiamo – prosegue - che il 32,3% degli infermieri, pari a circa 130mila professionisti, nell’ultimo anno, ha subito violenza durante i turni di lavoro. Ma ben 125mila casi sono casi sommersi e la metà circa delle aggressioni al personale sanitario, secondo l’INAIL, è verso gli infermieri: circa 5.000 ogni anno, 13-14 al giorno”.

“Nel 58% dei casi si è trattato di un’aggressione fisica. Il 78% degli infermieri vittima di violenza è una donna”, conclude De Palma.

24 ottobre 2022
© Riproduzione riservata

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