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Ordini professionali. Senza trasparenza ogni tentativo di riordino sarebbe un inganno

di Ivan Cavicchi

Il testo di legge su cui si discute in commissione Igiene e Sanità al Senato è un inganno utile solo a coloro che non avrebbero alcun vantaggio dal cambiamento. I motivi di ciò sono spiegabili con la mancanza di idee, con gli interessi degli attuali ordini e collegi e con il tentativo di sottrarre gli stessi ordini agli obblighi sulla trasparenza.

04 AGO - Vorrei richiamare l’attenzione su un testo di legge in discussione al senato (commissione sanità) con il titolo “Riordino della disciplina degli ordini delle professioni sanitarie”. Questo testo, di cui già mi sono occupato (QS 17 marzo/QS 24 marzo) ha preso forma in sordina nell’indifferenza generale ma ora che negli ordini e nei collegi è scoppiata la questione del conflitto di interesse, è diventato l’occasione per verificare la volontà di trasparenza del governo e del parlamento e la loro vocazione riformatrice. Se il riordino non risolvesse i problemi legati ad una vecchia idea di ordine allora esso sarebbe un inganno, e, se fosse un inganno, allora vorrebbe dire che l’idea di cambiamento tanto del governo che del parlamento sarebbe ingannevole.

Allo stato attuale della discussione, ho ragioni per ritenere che il testo di legge sia un inganno e che l’idea di riordino sia ingannevole e che i motivi di ciò siano spiegabili:
- con la mancanza di idee,( il “riformista che non c’è”);
- con gli interessi degli attuali ordini e collegi;
- con il tentativo di sottrarre ordini e collegi dagli obblighi della legge sulla trasparenza.

Supponiamo che la senatrice De Biasi relatrice del disegno di legge e presidente della commissione sanità, voglia, come ha pubblicamente dichiarato, fare un vero “cambiamento” (Il Manifesto 2 agosto) da quali postulati di riforma essa dovrebbe partire?
Il primo dovrebbe riguardare la formula sulla base della quale sono nati molti anni fa, ordini e collegi, e che oggi per evidenti motivi, è fuori uso, e cioè il principio della doppia tutela:
- la tutela deontologica delle professioni quale garanzia per la tutela dei diritti dei cittadini;
- i diritti civili quali explananda dei doveri professionali.

Questo principio oggi è saltato perché le professioni, in particolare medici e infermieri, sono in massima parte tendenzialmente deprofessionalizzate e le deontologie scopertamente regressive. Quindi come devono essere gli ordini e i collegi del futuro per tutelare le professioni al fine di tutelare i cittadini?

Il secondo postulato riguarda la riforma dell’idea di “corporazione”. Il diritto amministrativo classifica gli enti pubblici in “corporazioni” e “istituzioni”, cioè in persone giuridiche in cui prevale l’elemento personale (ordini, collegi, associazioni ecc), e in persone giuridiche in cui prevale l’elemento patrimoniale (per esempio gli istituti previdenziali). Nella proposta di riordino in discussione al senato, nonostante sia cambiato il mondo ci si continua a riferire ad una idea vecchia di “corporazione” e l’idea di trovare un’altra soluzione “diversamente corporativa” non sfiora minimamente il legislatore (vedi QS 24 marzo). Anzi gli emendamenti sino ad ora approvati e respinti accentuano il vecchio carattere corporativo degli ordini e dei collegi.

Il terzo postulato riguarda la definizione giuridica degli ordini e dei collegi, cioè gli “enti pubblici non economici”, che nel tempo sono diventati, in ragione di tante cose, di fatto “enti corporativi economici” (non trasparenza, ampia discrezionalità nell’uso delle risorse, conflitti di interesse, forte potere personale dei presidenti, mandati praticamente illimitati, lobbismo, confusione tra questioni ordinistiche e questioni sindacali). Oggi tutto ruota intorno al principio “proesidatus pro domo sua” e, come ha detto il ministero della salute, le finalità statutarie degli ordini che riguardano i cittadini vengono dopo quelle associative che riguardano i presidenti.

Il quarto postulato è politico: l’ indipendenza del bene comune, al fine di garantire al meglio i cittadini dagli “interessi degli interessi” dei presidenti di ordini e collegi che siedono in Senato. Nei confronti del bene comune come possono essere credibili le proposte di quei presidenti che eludono gli obblighi di trasparenza, e che fanno di tutto per tenere il piede in tre o quattro staffe? Come è possibile che nella stessa commissione sanità vi sia la senatrice Dirindin che mette in campo un progetto "illuminiamo la salute" insieme a Libera, Avviso Pubblico e Gruppo Abele per garantire alla sanità un "piano per la trasparenza" (QS 9 settembre), e nella stessa commissione vi sia la senatrice Silvestro che, tra le altre cose, siede in un consiglio di amministrazione di una società che offre servizi assicurativi agli infermieri e che ancora, nonostante tante sollecitazioni pubbliche, continua a non dirci quanto guadagna?

Cara Nerina, ci conosciamo da tanti anni, se le nostre idee di politica sanitaria sono diverse non così è per la “trasparenza”, e tu sai da quanto tempo mi sto battendo su questo terreno, per cui mi chiedo ma come puoi fare luce sulla sanità se prima non fai luce sulla tua commissione? Pensi che sia giusto che i tuoi colleghi con i loro ridicoli pareri pro veritate si sottraggano alla legge sulla trasparenza? Pensi che il conflitto di interesse non si costituisca come un danno tanto per i cittadini che per gli operatori? Pensi davvero che le loro proposte sul riordino degli ordini siano credibili e innovative?
Senza quei 4 postulati esse sono inganni utili solo a coloro che non avrebbero alcun vantaggio dal cambiamento. Come commissione in questi giorni avete bocciato un ordine del giorno sulla trasparenza dei deputati di M5S e approvato un emendamento che permette come pensionati di essere presidenti (alla faccia del ricambio generazionale!), è questo onorevole De Biasi che voi intende per cambiamento? E’ questo il bene comune? E’ questo il riordino?

Ivan Cavicchi

04 agosto 2014
© Riproduzione riservata

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