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Responsabilità professionale. Il decreto sulle “analoghe misure” e il punto di incontro tra tutela danneggiato e sostenibilità sistema

di Tiziana Frittelli e Alberto Fiore

Dovendosi la legge in argomento applicare ad invarianza finanziaria, si tratterebbe di vincolare ingenti importi finanziari per la copertura di obbligazioni prive del carattere della certezza, liquidità ed esigibilità a scapito della erogazione delle prestazioni sanitarie, degli altri creditori e dell’investimento nella gestione del rischio clinico per l’innalzamento della sicurezza delle cure del paziente. Ovvero, proprio il contrario di quello che la legge si è prefissata

18 APR - L’articolo 10, comma 6 della legge 24/2017 in materia di sicurezza delle cure, prevede l’adozione di un decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro della salute ed il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa Stato-Regioni, per determinare i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, nonché per le condizione generali di operatività delle analoghe misure di assunzione diretta del rischio.

In particolare, l’art. 10, comma 6, della legge 24/2017 prevede che il decreto attuativo definisca: “i requisiti minimi di garanzia e le condizioni generali di operatività delle altre analoghe misure, anche di assunzione diretta del rischio; disciplina altresì le regole per il trasferimento del rischio nel caso di subentro contrattuale di un’impresa di assicurazione nonché la previsione nel bilancio delle strutture di un fondo rischi e di un fondo costituito dalla messa a riserva per competenza dei risarcimenti relativi ai sinistri denunciati. A tali fondi si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 5 e 5-bis, del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67.

Tale decreto assume una fondamentale importanza, in quanto chiamato a contemperare le giuste istanze di garanzia per il danneggiato e per gli operatori e la sostenibilità del sistema delle cure.

Sotto questa angolazione, appare fondamentale l’implementazione di tutte le funzioni necessarie alla prevenzione del rischio nonché della valutazione sul piano medico-legale della sussistenza della responsabilità e della conseguente fondatezza della richiesta risarcitoria, attraverso la presenza di figure specialistiche all’interno delle strutture (Medico legale, Loss adjusting, Legale, Risk Manager). L’esperienza di questi anni della gestione in misure analoghe ha dimostrato la sua efficacia in termini di riduzione del rischio e di riduzione dei risarcimenti, che, quando dovuti, risultano, nella generalità delle strutture, correttamente erogati. Peraltro, tali figure si rendono necessarie per la gestione del contenzioso anche nell’ipotesi di strutture assicurate, anche in considerazione del fatto che, in tali casi, quasi sempre è presente una franchigia/SIR.

Processo particolarmente complesso è quello della stima dei fondi (fondo rischi e fondo di messa a riserva per risarcimento sinistri denunciati) previsti dalla legge, che ha stabilito un vincolo di impignorabilità, che andrà definito nel decreto attuativo per renderlo logicamente e giuridicamente applicabile. Certamente, vista la diversa mission del comparto assicurativo rispetto a quello sanitario, appare impossibile importare il sistema di “riservazione” e correlati, speciali vincoli di indisponibilità, tipici dell’impresa assicurativa, per essere “traslati” sul sistema di accantonamento che deve essere operato dal comparto sanità.

In realtà, va tenuta in debita considerazione, in relazione alla determinazione delle “analoghe” misure, la diversa natura imprenditoriale delle strutture sanitarie rispetto a quella che caratterizza l’impresa di assicurazione. Tale diversità è, del resto, recepita all’interno della L. 24/2017 che parla, appunto, di “analoghe” misure. Ovviamente bisogna garantire un corretto processo di stima dei fondi, la cui congruità, a fine esercizio, dovrà essere assicurata dalla revisione contabile del bilancio, certificata dagli organi di controllo interni e/o revisori esterni, secondo le attuali regole e principi contabili già vigenti in ordine alla corretta determinazione di tale tipologia di fondi.

Si ritiene che il futuro decreto non debba intervenire ulteriormente, specificando la natura vincolata dei fondi o di parti dell’attivo e l’eventuale modalità di utilizzo degli stessi, ritenendo fondamentale e prioritaria, per assicurare l’omologo effetto della tutela del danneggiato, la corretta stima del valore del fondo rischi e sinistri in applicazione dei suddetti principi contabili.

A livello contabile il percorso è similare a quello utilizzato per tutte le altre poste accantonate nel passivo a copertura di rischi futuri.
Risulta pertanto necessario - al fine di attuare la prescritta “analogia” delle misure - prevedere, per le strutture sanitarie, una corretta e congrua determinazione dei fondo rischi e del fondo per la messa in riserva dei sinistri denunciati in applicazione dei suddetti specifici principi contabili di riferimento.

“Vincolare” l’attivo ai suddetti fondi per possibili esborsi futuri, la cui entità non è certa, risulterebbe eccedente la stessa natura della struttura sanitaria in quanto replicherebbe, rispetto a dette strutture sanitarie, una regolamentazione che invece è propria del particolare e speciale regime dell’impresa assicurativa.

La estensione del vincolo di impignorabilità all’intero fondo rischi non risulta condivisibile neanche a fronte delle previsioni di cui all’articolo 10 comma 6, così come strutturate in combinato disposto con le previsioni normative di cui all’articolo 1, commi 5 e 5-bis del Decreto legge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67, successivamente modificato/integrato dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 285/1995 e dai successivi interventi legislativi (da ultimo: comma 8 dell'art. 35, D.L. 24 aprile 2014, n. 66).
 
Tali disposizioni, infatti, anche in conformità con la complessiva ratio della citata Sentenza della Corte Costituzionale n. 285/1995 - che, ancorché per profili procedurali, aveva già ridimensionato, rispetto alla originaria versione della norma di legge, il troppo esteso ambito di operatività del (pur sempre eccezionale) vincolo normativo di impignorabilità su somme o fondi delle aziende sanitarie (nella Sentenza si parla di “regime privilegiato per le unità sanitarie locali”) - prevedono che l’ambito di detta impignorabilità sia rivolto a specifiche, determinate e, soprattutto, attuali voci di spesa, correlate, nella fattispecie regolata dal citato D.L. 9/1993 e ss.mm.ii., allo specifico interesse collettivo alla “tutela della salute”, superiore, in termini di bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti, a quello della par condicio creditorum.
 
In tal senso, pertanto, il richiamo alle citate disposizioni del D.L. 9/1993 e ss.mm.ii. - contenuto, in materia di fondi, nell’articolo 10 comma 6 della L. 24/2017 (richiamo, tra l’altro, si evidenzia, effettuato nella prospettiva di una tutela di interessi non direttamente ascrivibili all’interesse collettivo della “tutela della salute”) - non può che riguardare, anche in virtù di una prospettiva interpretativa costituzionalmente orientata, l’impignorabilità dei fondi in parola esclusivamente per la parte degli stessi inerente le somme effettivamente dovute per il pagamento dei risarcimenti, per la parte cioè riferita (analogamente a quanto riportato nelle suddette previsioni legislative di riferimento) a voci di spesa connotate da specificità, determinatezza e, soprattutto, attualità.
 
L’applicazione della norma, alla luce di detta interpretazione costituzionalmente orientata, dovrebbe, quindi, limitarsi a prevedere l’estensione della impignorabilità - oltre che ai predeterminati importi corrispondenti agli stipendi al personale dipendente o convenzionato e a quelli essenziali ai fini dell’erogazione dei servizi sanitari, così come previsti e regolati dal citato D.L. 9/1993 e ss.mm.ii. - esclusivamente alle somme effettivamente dovute (sentenze e transazioni) per il pagamento dei risarcimenti.

La L. 24/2017, quindi, proprio in virtù del richiamo all’art. 1 del D.L. 18 gennaio 1993 n. 9, non può che comportare, in sede di decretazione ministeriale, pena eccesso di delega di detta decretazione, la specificazione che “Le disposizioni di cui ai commi 5 e 5 bis dell’articolo 1 del D.L. 18 gennaio 1993 n. 9 e ss.mm.ii. si applicano alle somme dovute a titolo di risarcimento, a seguito di transazioni raggiunte tra le parti o sentenze di condanna.”
 
Diversamente opinando, si verrebbe a creare un vincolo di impignorabilità pari all’entità del fondo sinistri (o, peggio ancora, anche del fondo rischi) che verrebbe a determinare la necessità di apporre tale vincolo all’intero ammontare di detto fondo, con il deleterio effetto di congelare, per l’intero, le periodiche rimesse finanziarie da regione alle aziende, fino alla concorrenza dell’importo di detto fondo.
 
Dovendosi, la legge in argomento, applicare ad invarianza finanziaria (art. 18 L.24/2017), si tratterebbe, quindi, di vincolare ingenti importi finanziari per la copertura di obbligazioni prive del carattere della certezza, liquidità ed esigibilità a scapito della erogazione delle prestazioni sanitarie, degli altri creditori e dell’investimento nella gestione del rischio clinico per l’innalzamento della sicurezza delle cure del paziente. Ovvero, proprio il contrario di quello che la legge sulla responsabilità professionale si è prefissata. 
 
Tiziana Frittelli
Presidente Federsanità Anci
 
Alberto Fiore
Coordinamento Direttori amministrativi Federsanità Anci

18 aprile 2018
© Riproduzione riservata

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