Quello della sinergia necessaria tra SSN e sistema universitario è certamente un problema da risolvere. Tante le utilità possibili, sempreché non venga messa in pericolo la supremazia del servizio sanitario nazionale garante della tutela della salute quale diritto fondamentale della collettività.
A poco servono i tentativi agonistici perpetrati dalle università nel concorrere a raggiungere il primato. Un errore di ipotesi che è costato tanto alla mancata corretta integrazione tra i due sistemi che, nonostante la disciplina che coinvolge vecchia di 26 anni, registrano 27 sedicenti AOU e solo tre riconosciute come tali. Meglio, con una delle tre in attesa di rendersi destinataria dopo il parere positivo espresso lo scorso 23 ottobre.
Una convivenza more uxorio da regolarizzare e attualizzare
Al riguardo, è necessario imboccare la strada giusta per far sì che i sistemi si integrino con pari rispetto, evitando di ricercare inutili competizioni volte a conseguire improprie e indebite supremazie.
Il d.lgs. 517/1999 rappresenta un buon baluardo legislativo, lasciato a marcire nella sua non attuazione da un quarto di secolo. Occorre metterlo a terra nella sua mantenuta attualità, fatta salva qualche insignificante integrazione tendente ad eliminare quella parte obsoleta afferente alla transitorietà del primo quadriennio della sua applicazione.
La vicenda è molto delicata sul profilo della ricerca della migliore soluzione. L’emendamento cosiddetto “Schillaci” potrebbe salvare capre e cavoli, riconoscendo – seppure ex post – l’esistenza giuridica delle AOU sino ad oggi sedicenti, che tanti errori hanno nei loro carnet con molti guai al seguito altrimenti non rimediabili.
Le regole strutturali in campo
L’università deve assumere un ruolo diverso sul piano erogativo dei Lea, prevalentemente ospedalieri, e della ricerca applicata nonché della didattica sempre più influenzata dalla robotica intelligente. A tale riguardo, andrebbe messa in capo una tutela del precariato universitario (ricercatori) che, stante il galoppo dell’IA, rischierebbe di passare allo stato di disoccupazione nella misura del 35% a causa dell’OpenAI.
Attenzione! Battaglione! (De Curtis, dixit)
In una tale ottica revisionistica, sono tuttavia pericolosi i tentativi di cambiarne i connotati giuridici regolativi della gestione delle università, specie se con l’intento di mettere i processi formativi sotto il controllo del potere esecutivo.
È da registrare, da ultimo, in tal senso un ulteriore brutto esempio (sindacabile costituzionalmente) ad opera del Gruppo di studio istituito con il DM 20 settembre 2024, rubricato al n.1591, che ha elaborato una ipotesi di disegno di legge destinato a “cambiare il mondo”, con il risultato di arrivare a sorprendere gli assertori della intoccabilità dell’autonomia delle Università.
L’autonomia è fondamentale
L’elaborato, così come congeniato dal gruppo di lavoro messo su dal MUR, influirebbe sensibilmente sul principio dell’autonomia nella sua concretezza, facendo assumere ad ogni Governo in carica la paternità delle scelte dei componenti esterni del Consiglio di amministrazione.
Ma farebbe molto di più. Ciò in quanto consentirebbe al Rettore di consumare un mandato di otto anni, rinnovabile, facendo sì che lo stesso rimarrebbe per oltre un quindicennio il dominus assoluto, come figura di indirizzo politico e amministrativo.
Sulla base di queste considerazioni, emerge che la ratio del provvedimento in itinere cozza con alcuni principi fissati nella Costituzione. È fuori di ogni dubbio la lesione diretta dell’art. 33 ma anche una sorta di incoerenza con quanto sancito nell’art. 116, comma ultimo.
Ettore Jorio