“Il Servizio Sanitario Nazionale non è soltanto una macchina organizzativa, un sistema di leggi, bilanci e strutture. È prima di tutto una conquista di civiltà”. Così Antonio Magi, segretario generale del Sumai Assoprof, alla presenza del ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha esordito nella sua relazione che ha inaugurato il 57 congresso nazionale del sindacato degli specialisti ambulatoriali in corso dal 9 al 13 novembre a Roma.
“Con la riforma del 1978 – ha detto Magi – l’Italia decise che la salute non poteva più essere considerata un privilegio, un bene da acquistare sul mercato. La salute divenne un diritto universale, esigibile da tutti, indipendentemente dal reddito, dalla condizione sociale, dal luogo di nascita. Fu una scelta rivoluzionaria, perché restituiva dignità a milioni di cittadini che, fino ad allora, potevano curarsi solo se avevano i mezzi per pagare. Il SSN è stato, ed è ancora, una delle più grandi riforme democratiche della storia italiana”. Tuttavia, ha osservato, “negli ultimi quindici anni il Ssn è stato messo alla prova come mai prima. Il definanziamento strutturale – oltre 37 miliardi sottratti tra il 2010 e il 2019 – ha inciso non solo sui conti, ma sulla pelle viva del sistema: meno posti letto, meno personale, meno investimenti in tecnologia. In termini medici potremmo dire che il paziente Servizio sanitario nazionale ha subìto una dieta forzata e sbagliata, al punto da compromettere la sua capacità di reagire alle infezioni”.
Le soluzioni che, nel corso del tempo, sono state messe in atto per invertire la rotta, evidentemente non hanno portato i risultati sperati. Per Magi, però, “difendere il SSN non è più solo una questione tecnica o sindacale. È essenzialmente un atto politico e morale. Politico, perché significa decidere se vogliamo continuare a essere un Paese che crede nell’universalità dei diritti oppure se vogliamo rassegnarci a un modello in cui chi ha soldi si cura e chi non li ha aspetta. Morale, perché la salute è la condizione stessa della dignità umana: privarne qualcuno o renderla dipendente dal portafoglio, significa tradire il principio più profondo della nostra Costituzione”.
“Da qui una chiamata all’azione. Noi specialisti ambulatoriali – ha aggiunto Magi – siamo la cura di cui ha bisogno il Ssn, ma siamo anche la terapia meno costosa e la più efficace di tutte quelle messe in campo negli ultimi anni e di cui il Ssn ha urgente bisogno. La specialistica ambulatoriale è il cuore della riforma territoriale. Senza di noi Le Case di Comunità restano scatole vuote, le nuove cattedrali nel deserto”.
“Siamo il cuore pulsante della sanità di prossimità, anche se troppo spesso siamo considerati comprimari, secondari o addirittura, per qualcuno, una cura che sarebbe meglio eliminare – lamenta Magi – È il momento di dire basta. Senza gli specialisti convenzionati interni nessuna riforma territoriale potrà funzionare con ripercussioni sempre più devastanti anche sugli ospedali e sui Pronto soccorso”
Il suggerimento del segretario del Sumai è di “destinare risorse economiche sul personale e soprattutto sulla medicina del territorio. In particolare, sulla specialistica ambulatoriale convenzionata interna perché in gioco non c’è solo la nostra professione all’interno del servizio pubblico, ma il futuro stesso del Ssn. Nonostante i medici continuino a ripetere che servono proteine, vitamine e terapie adeguate, i governi hanno preferito tagliare le spese, ridurre le terapie, comprimere i servizi. Invece di curare il Ssn irrobustendolo, lo si è messo a dieta. Anziché rafforzarne i muscoli – cioè il personale, la formazione, la medicina territoriale – si è scelto di alleggerirlo nei punti vitali, illudendosi che un sistema più magro fosse anche più efficiente. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un Ssn indebolito, anemico, con organici ridotti, risorse insufficienti e tempi d’attesa infinite”.
Le disuguaglianze economiche e territoriali, incalza Magi “Non sono un destino inevitabile, ma il risultato di scelte politiche e gestionali che negli anni hanno progressivamente indebolito la capacità del sistema di garantire uguali opportunità di cura a tutti i cittadini, indipendentemente dal reddito e dal luogo di residenza. È necessario intervenire con politiche di riequilibrio strutturale al fine di rafforzare la medicina di prossimità: la specialistica ambulatoriale convenzionata interna pubblica, la medicina generale e la pediatria nelle aree carenti e investire nel personale sanitario promuovendo un accesso equo ai servizi digitali. Solo così sarà possibile ridurre le diseguaglianze e riportare la salute al centro delle politiche pubbliche come diritto e non come privilegio”.
“La specialistica ambulatoriale non è un dettaglio – conclude Magi – , è il cuore della riforma territoriale. Chi è lo specialista che prende in carico il malato cronico, specie se complesso, evitandogli il ricovero, il collega ospedaliero? Lo specialista privato? Ma se mancano anche in ospedale gli specialisti, quando lo farebbero, nei ritagli di tempo? Ma ha tempo? Senza di noi Le liste d’attesa continueranno a crescere sempre di più, come gli accessi al pronto soccorso o negli ospedali. Senza di noi, l’integrazione tra ospedale e territorio rimane solo uno slogan. Chiediamo investimenti, strumenti e risorse ma soprattutto riconoscimento del nostro ruolo professionale. Non vogliamo riconoscimenti di facciata, vogliamo risorse e contratti”.