Costituzione dimenticata: 25 anni di rinvii e diseguaglianze nel finanziamento del Ssn

Costituzione dimenticata: 25 anni di rinvii e diseguaglianze nel finanziamento del Ssn

Costituzione dimenticata: 25 anni di rinvii e diseguaglianze nel finanziamento del Ssn
Da oltre vent’anni, il finanziamento del Ssn viene gestito ignorando le riforme costituzionali del 2001, perpetuando squilibri territoriali e logiche di spesa storica. Nessun governo ha attuato strumenti come il Fondo perequativo o aggiornato i Lea. Intanto, si accumulano debiti, si trascurano i servizi territoriali e si rafforza un sistema diseguale. Le riforme strutturali restano inascoltate

Come ogni anno – da oltre un quindicennio, estensibile a 24 anni di disapplicazione della Costituzione del 2001 – la politica fa il tira e molla sul finanziamento annuale della sanità. Lo fa sostenendo, da una parte (il Governo), che la quota destinata al FSN è incrementata in termini assoluti e, dall’altra (l’opposizione), che invece diminuisce progressivamente rispetto al Pil.

In mezzo a tutto questo, i ragionieri del dolore che fanno i conti di quanto sia stata finanziata in meno negli ultimi anni, senza tuttavia sollecitare soluzioni da mettere a terra a beneficio della collettività (questa sì maledettamente differenziata nell’esigibilità) e del bilancio dello Stato.

L’inerzia che si traduce annualmente in istanza
Ed è proprio nella elaborazione della legge di bilancio per il 2026 che viene fuori la stessa melina degli anni passati, senza che nessuno, per un intero anno, si sia mai preoccupato di sollecitare il cambiamento strutturale del finanziamento del SSN.
Come? Applicando la Costituzione (artt. 117, comma 2, lett. m e 119). Quell’importante segmento della Carta che – a seguito della doverosa sua attuazione concretizzata nella legge delega 42/2009 e nei suoi decreti delegati del biennio 2010/2011 – avrebbe consentito alla tutela della salute di divenire davvero tale in tutto il Paese e a reale godimento della Nazione intera.

Invece no. In relazione a ciò, maggioranza e opposizione glissano girandosi dall’altra parte per un intero anno, salvo poi litigare – riempendosi la bocca, rispettivamente, per la parte antagonista dell’accusa di un welfare offeso ovvero di quella governativa di averlo invece privilegiato – in prossimità della legge di bilancio, così come avveniva puntualmente in passato allorquando la stessa assumeva denominazioni diverse (legge di stabilità ovvero finanziaria).

La logica che ha portato al disastro della sanità del Sud
Per intanto, il SSN non ha modo di reagire favorevolmente in termini di qualità e uniformità dell’offerta di salute.
Non solo. Fa debiti in una proporzione inaccettabile (basti vedere le eccezioni della Corte dei conti sulle parificazioni dei rendiconti consolidati regionali, in primis di quello del Lazio al 2023), consente agli erogatori privati di incassare centinaia di milioni per l’extrabudget, facendo venire meno il criterio fondante del finanziamento per budgeting dei SSR alle strutture pubbliche e private.

E ancora. Sbaglia i bersagli, trascurando l’assistenza territoriale (basti fare la conta delle case e gli ospedali di comunità non realizzati nella quasi totalità a soli 10 mesi dalla scadenza del PNRR) e investendo su nuovi ospedali-resort (esempio: 4 in Calabria con una popolazione in consistente decremento e un territorio desertificato in termini di cura sul territorio), contraddicendo la ratio del legislatore del 1978 che prevedeva il principio cardine della prevenzione e dell’assistenza distrettuale, funzionali a svuotare gli ospedali per la naturale consistente diminuzione della domanda collettiva di spedalità.

Tanti gli errori da correggere da parte di una politica più attenta
Fatte queste premesse, che dimostrano un SSN in perenne e progressiva agonia, il legislatore mette da parte – da un quarto di secolo – la Costituzione e persevera con i vecchi metodi di finanziamento sulla base della spesa storica, di poco incrementata annualmente, a suo tempo generata attraverso il metodo della quota capitaria ponderata.

E dunque, è sempre il Fondo Sanitario Nazionale a dare gas ai diciannove SSR e ai sistemi della salute di Trento e Bolzano. Roba da non credere per chi ha il piacere di approcciarsi ex novo alla lettura della vigente Costituzione, al lordo dell’attuazione dell’art. 119.

Al riguardo, è da considerarsi francamente assente anche qualche sollecitazione della Consulta – fatto salvo qualche incidentale richiamo alla perequazione – e della Corte dei conti in sede di parificazione del rendiconto annuale dello Stato.

E già, perché sì:
– è incomprensibilmente tollerato l’esito della Commissione Cassese che ha ritenuto sufficienti, e quindi da non attualizzare, i LEA determinati nel 2017, trascurando con questo la drammatica esperienza del Covid e le naturali variazioni continue dei fabbisogni epidemiologici sopravvenuti in più di otto anni e di quelli sopravvenienti;
– è omessa la mancata determinazione (dal DPCM 29 novembre 2001) dei costi standard per ogni LEA, utile a fissare un valore unico per ciascuno, da differenziare poi al rialzo nella valorizzazione dei fabbisogni standard delle Regioni a maggiore povertà fiscale per abitante;
– è messa completamente da parte la costituzione fisica del Fondo perequativo, ampiamente previsto nella Costituzione, nella legge attuativa 42/2009 e nel D.Lgs. 68/2011 (art. 15), che avrebbe risolto quanto oggi lasciato in una grave condizione di irresoluto.
Quest’ultimo, da doversi considerare, a valle del rinnovato (ma solo sulla carta) finanziamento della Salute, lo strumento parificatore reale, garante dell’esigibilità dei LEA ovunque, nel rispetto degli artt. 32, 117 e 119 della Costituzione.

Uno strumento, il Fondo perequativo, che è stato pensato per essere segnatamente rispettoso dell’eguaglianza nell’erogazione a tutti gli individui del diritto alla tutela della salute. In quanto tale, agente come elemento di trasferimento annuale dei fondi statali alle Regioni, per riequilibrare le risorse regionali da destinare alla spesa corrente di messa a terra dei LEA.

Ma si sa, impegnarsi su queste cose è poco conveniente sul piano della visibilità politica.

La sanità viene semplicemente trattata come se si giocasse alla fune: c’è chi tira da una parte per prendere gli applausi per lo sforzo di averla finanziata un po’ di più dello scorso anno e c’è chi ne lamenta l’insufficienza, strillandolo al vento.

Alle riforme strutturali? Nessuno pensa, neanche ad applicare quelle regolate costituzionalmente quasi 25 anni fa.

Ettore Jorio

Ettore Jorio

10 Ottobre 2025

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