Il più grave problema nazionale, lo si sa, è la mancata attuazione della Costituzione e delle leggi. Basta sottolineare, in proposito, due preoccupanti esempi:
le Regioni, introdotte (artt. 114/133) nella Magna Carta dai Padri costituenti esordita nel 1948, sono entrate in vigore il 1970 e ancora fanno fatica ad essere efficientemente tali;
i LEP (art. 117, comma 2, lett. m) e il federalismo fiscale (art. 119), sanciti nella Costituzione del 2001, sono ancora al palo della disapplicazione, formale e sostanziale.
Per non parlare delle leggi e degli atti aventi valore di leggi, cui necessiterebbero urgentemente alcuni adempimenti per assicurare la produzione dei loro effetti:
– un attento e tempestivo completamento della definizione dei LEP;
– una applicazione legislativa e burocratica dei decreti attuativi della legge delega 42/2009, approvati nel 2010/2011;
– una rivisitazione della disciplina del SSN con una precisa attuazione della sua sinergia con il sistema universitario.
Tre step, seppure obbligatori, che sono rimasti tuttavia lettera morta.
Uno di questi ultimi esempi – pessima attuazione e assenza di provvedimenti regolamentari – riguarda un atto avente valore di legge fondamentale per l’esigibilità qualitativa della salute in favore dei cittadini e per la formazione universitaria di studenti e specializzandi.
Il riferimento mira giusto dritto al d.lgs. 21 dicembre 1999 n. 517, riguardante la sinergia necessaria a generare un ceto medico-chirurgico, veterinario e infermieristico sufficiente per rimettere, al meglio, in moto il sistema sociosanitario, ma soprattutto all’altezza del suo nobile compito di contribuire ad assicurare la migliore erogazione delle prestazioni rispettose del diritto dell’utenza a percepire la salute (art. 32 Cost.).
Un decreto delegato, quest’ultimo, che è coevo – in quanto figlio della stessa legge delega n. 419/1998, della riforma ter, quella che ha preteso una decisiva svolta attraverso una sensibile implementazione del d.lgs. 502/1992, introduttivo dell’aziendalizzazione delle aziende sanitarie – del d.lgs. 19 giugno 1999 n. 229, tendente a razionalizzare il SSN nel rispetto della ancora attuale ratio di allora del legislatore delegante.
Ebbene, al riguardo, un siffatto importante strumento legislativo è rimasto lettera morta, sino a quando, proprio ad iniziativa del 2022 di questa rivista, riprendendo un lavoro certosino compiuto presso il Laboratorio di diritto ed economia dell’UniCal, è venuto fuori che – su “data per scontata” l’esistenza di 30 AOU operanti sul territorio nazionale, solo due di queste erano e sono da riconoscersi tali – occorreva riparare l’inconveniente, da subito.
Una scoperta grave che dimostra due cose: un apparato governativo spaventosamente disattento e un disinteresse della politica a fare della sanità il central motif della esigibilità dei diritti sociali, oramai arrivati ad un punto di non riscossione da parte dei cittadini.
A tutto questo bailamme generato da 28 sedicenti AOU, che si comportano indisturbatamente come tali, violando norme fondamentali, finanche costituzionali, si risponde oggi con il classico metodo funzionale a non fare alcunché: piuttosto che procedere alzandosi le maniche e lavorare si nominano commissioni che, seppure rappresentative dal gotha dei saperi tecno-scientifici in materia di tutela della salute, con difficoltà produrranno strumenti risolutivi. Con questo, anziché dare “fiato alle trombe” dell’attenta burocrazia ministeriale, si producono ritardi nella ricerca di soluzioni care alla politica e ad esponenti di antico pregio, piuttosto che riportare ad utilità collettiva e, soprattutto, a norma il sistema binomio SSN/Università.
Oggi addirittura si suppone, piuttosto che applicare a dovere il d.lgs. 517/1999, seppure con 26 anni di ritardo, di riscriverlo, di modificarlo, di revisionarlo e via dicendo. C’è solo bisogno di applicarlo a dovere!
Una tale soluzione sembra essere rintracciata per tre ordini di motivi:
– perché si preferisce lasciare le cose così come sono;
– perché si ha difficoltà ad individuare le modalità per riportare a normalità il sistema universitario impegnato nei processi di miglioramento del sistema della salute;
– perché si vogliono spalancare le porte alle università telematiche, arrivare al punto a che le stesse generino AOU ovvero a rafforzare il discutibile ruolo che svolgono in tal senso alcuni qualificati IRCCS, principalmente lombardi. Una regione nella quale, comunque, non esiste sulla carta alcuna azienda ospedaliera universitaria.
Così come si sta facendo, tra non molto, sarà ricordata come l’ulteriore occasione colposamente persa di potere sanare l’esistente e arrivare a legittimare un nuovo percorso di riconoscimento delle AOU, applicando severamente quanto sancito nel medesimo d.lgs. 517/1999, lasciato sino ad ora a marcire nelle cantine dei ministeri della Università e della Salute.
Ettore Jorio