Nove italiani su dieci hanno fiducia nella scienza. L’indagine Fnomceo con Istituto Piepoli: l’80% si fida del proprio medico di famiglia, il 62% del Ssn

Nove italiani su dieci hanno fiducia nella scienza. L’indagine Fnomceo con Istituto Piepoli: l’80% si fida del proprio medico di famiglia, il 62% del Ssn

Nove italiani su dieci hanno fiducia nella scienza. L’indagine Fnomceo con Istituto Piepoli: l’80% si fida del proprio medico di famiglia, il 62% del Ssn

Report Fnomceo-Istituto Piepoli segnala come l'87% degli italiani è consapevole che la ricerca scientifica gli ha allungato la vita, resta qualche timore sui vaccini ma il 68% sarebbe disposto a ricorrere a un vaccino contro i tumori. Anelli (Fnomceo): "Medico chiamato ad essere mediatore di complessità, intepretando il cambiamento".

Per nove italiani su dieci la scienza è motore del progresso e la stessa percentuale ha fiducia nella scienza medica. L’81% si fida del proprio medico di famiglia, l’87% pensa che, grazie alla ricerca, si vive più a lungo e il 72% crede che tra dieci anni vivremo in un mondo più protetto dalle malattie. Sono i risultati – confortanti dopo la parentesi pandemica – dell’indagine “Il rapporto tra gli italiani e la scienza”, condotta dall’Istituto Piepoli per la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo) e presentata a Roma di fronte alla principali Istituzioni sanitarie in occasione del convegno “La scienza medica al servizio dell’umanità”.

Convegno che il presidente Fnomceo Filippo Anelli ha aperto con un lucido riferimento all’integrazione della digitalizzazione nel lavoro di cura. “È stato rilevato che il medico di medicina generale dedica in media dieci minuti a ogni visita – ha detto -. E di questi dieci minuti quasi la metà viene assorbita da procedure digitali. È un dato che deve far riflettere: più tempo per il sistema, meno tempo per la relazione. Abbiamo la ragionevole certezza che il processo porti a maggiore efficienza. Ma quanto – e come – questa efficienza viene percepita dai cittadini? Non c’è il pericolo che la parte di servizio intesa come scienza stia cannibalizzando il senso del servizio, inteso come coscienza? La professione medica può assolutamente navigare le acque dell’incertezza, ma non deve perdere la sua stella polare: saper custodire il senso umano della cura, anche quando cambiano i linguaggi della medicina”.

“Il problema, dunque – ha aggiunto – non è la tecnologia in sé, ma il modo in cui la integriamo nella cura. Ecco la nostra sfida: non lasciare che la tecnologia diventi un muro, ma farne un ponte. La soluzione è un cambio di paradigma: il passaggio da una visione riduzionista a una visione sistemica”.

Una direzione, quella suggerita dal presidente, che sembra essere condivisa dalla cittadinanza. Molto positiva anche la percezione degli italiani relativa al Servizio sanitario nazionale (SSN), in cui ha fiducia il 62% della popolazione. Una percentuale che arriva al 65% nell’Italia nord-est, mentre scende al Centro e al Sud, dove infatti spesso si verifica il fenomeno della migrazione sanitaria. Per le proprie cure, il 44% sceglierebbe una struttura pubblica (con un piccolo del 50% al nord-est), mentre il 36% si rivolgerebbe al privato direttamente (con un picco del 41% al nord-ovest).

Non sempre, però, la popolazione italiana si sente vicina agli scienziati: per il 64% parlano un linguaggio troppo distante dalle persone, mentre il 68% pensa che la ricerca sia troppo orientata al business.

In un momento di grande sfiducia verso i vaccini, dovuto essenzialmente a diffusa disinformazione e ad una pericolosa strumentazione politica, i cittadini italiani rispondono positivamente. Il 59% è convinto che il vaccino anti-Covid abbia salvato 280 mila vite, con la percentuale più alta tra i giovani fino ai 34 anni (66%).

Inoltre, guardando al futuro, il 68% sarebbe disposto a vaccinarsi con un vaccino a mRNA contro i tumori e l’84% considera un traguardo importante lo sviluppo di vaccini oncologici, anche se la maggioranza (52%) ammette che preferirebbe aspettare di vedere cosa succede agli altri prima di assumerlo.

“Questa fiducia così solida nella scienza – nota Anelli – una fiducia in ogni caso ragionata, non fideistica, sembra però incrinarsi quando la conversazione tocca un punto preciso: i vaccini, in particolare quelli a mRNA, utilizzati con successo contro il Covid. È qui che la quota di diffidenza cresce, arrivando a coinvolgere un terzo della popolazione. È una incrinatura che non può essere ignorata, ma che non può neppure essere letta come rifiuto della scienza, perché i dati ci dicono il contrario: gli italiani credono nella scienza, credono nella medicina, credono nella ricerca. E accettano con maggior favore la stessa tecnologia quando si tratta di combattere il cancro. Ciò che temono, piuttosto, è la perdita di orientamento”. 

Anche le terapie geniche raccolgono l’approvazione degli italiani: per l’83% “ogni vita conta” e se esiste la possibilità di intervenire sulla genetica per prevenire malattie bisogna farlo. Il 63% dice sì alle terapie geniche per i bambini, percentuale che sale al 70% quando si tratta dei propri figli o nipoti. L’88% ritiene giusto garantire a tutti i neonati il farmaco per la SMA, che pure ha costi elevatissimi, e oltre sei italiani su dieci sarebbero disposti a contribuire a questo attraverso il pagamento di una tassa di scopo. Il principale timore resta l’impatto che questa tecnologia potrebbe avere sulla natura.

La sensibilità all’ambiente e alla cura della natura è molto alta in generale: gli italiani pensano in logica one health. L’84% vede una connessione diretta tra tutela dell’ambiente e salute e l’88% pensa che la tutela di ambiente sano in cui vivere sia parte fondamentale della sanità pubblica. Forte anche il sostegno alla governance della ricerca: l’86% giudica utile una Agenzia Nazionale della Ricerca in sanità, per rendere più efficace il coordinamento dei fondi e dei progetti.

“Quella scattata dall’Istituto Piepoli – conclude ancora Anelli – è una fotografia nitida, e non è quella di un Paese impaurito o intimorito dalla scienza e dalle sue innovazioni. È piuttosto quella di un Paese che chiede di essere accompagnato nel cambiamento, di un Paese che accetta e accoglie l’innovazione quando riesce a intravederne la relazione, l’intenzione, il senso”. Questi dati ci consegnano un compito preciso: diventare mediatori di complessità. Non meri tecnici, non soli clinici, non ripetitori di linee guida: ma interpreti dei linguaggi nuovi che la scienza e la tecnologia ci offrono. La società ci sta chiedendo questo: non di semplificare ciò che non può essere semplificato, ma di renderlo comprensibile senza tradirne il significato; di custodire il rigore senza rinunciare all’empatia; di proteggere la qualità dell’informazione senza perdere il contatto con le persone che ci chiedono di orientarle, non di giudicarle. Ed è proprio qui che deve emergere con forza il nostro ruolo, il ruolo del medico. Siamo chiamati a interpretare il cambiamento, non a subirlo; a guidare l’informazione, non a inseguire la disinformazione; a spiegare i mutamenti di paradigma, non a farli cadere dall’alto come dati di fatto. Mettersi al servizio dell’umanità oggi significa proprio questo: unire competenza e responsabilità, innovazione e relazione, precisione tecnologica e delicatezza umana”.

Il convegno è occasione anche per presentare “La scienza medica corre”, la nuova campagna di comunicazione messa in campo dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO). La campagna, che sarà diffusa su stampa, web, social media, tv e cinema, vuole essere un inno al progresso scientifico e al ruolo fondamentale dei medici nel trasformare ogni scoperta in cura.

Gloria Frezza

27 Novembre 2025

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