Il rinnovo del contratto collettivo nazionale dei dipendenti delle farmacie private continua a essere uno dei temi più caldi nel settore. Dopo mesi di trattative e tensioni, la situazione resta in bilico. A fare chiarezza è Alfredo Procaccini, vicepresidente di Federfarma e capodelegazione nei negoziati con i sindacati, che in una recente intervista proprio a Federfarma ha spiegato la posizione dell’associazione e i motivi del momentaneo stop al confronto.
Fin dalla scadenza del precedente contratto, Federfarma ha cercato di avviare un dialogo costruttivo con i rappresentanti dei lavoratori. L’obiettivo? Trovare un accordo che fosse in linea con le aspettative dei dipendenti, fondamentali per il funzionamento delle farmacie, ma anche compatibile con i vincoli economici delle imprese. Un equilibrio non facile da raggiungere, soprattutto in un contesto in cui il ruolo delle farmacie è cresciuto, così come gli investimenti richiesti per offrire servizi sempre più completi alla collettività.
La proposta iniziale di Federfarma non si è limitata a un aumento salariale — pari a 120 euro mensili — ma includeva anche una serie di interventi pensati per migliorare la qualità della vita lavorativa: dal welfare aziendale alla formazione, dalla carriera al congedo di maternità. Un pacchetto articolato, insomma, che però non ha convinto i sindacati, fortemente focalizzati sulla questione salariale.
È proprio su questo fronte che si è creata la frattura principale. I sindacati hanno avanzato una richiesta di aumento pari a 360 euro lordi mensili, una cifra che, secondo Federfarma, è insostenibile per le farmacie private. Il rifiuto della proposta di Federfarma ha portato, lo scorso 1° luglio, a uno sciopero regionale nel Lazio. Nonostante questo, l’associazione ha deciso di rilanciare: il 5 agosto ha formulato una nuova proposta, portando l’aumento a 180 euro — un incremento del 50% rispetto alla prima offerta — e ribadendo la propria disponibilità a discutere ulteriormente degli aspetti normativi.
Sembrava che le trattative potessero riprendere, con due incontri già fissati per ottobre. Ma poi è arrivato un nuovo sciopero, stavolta proclamato in Sardegna per il 26 settembre, che ha spinto Federfarma a sospendere — non annullare — gli incontri previsti. Per Procaccini, questa mobilitazione ha rimesso in discussione il percorso di confronto che si era faticosamente riaperto, creando ulteriore incertezza.
E adesso? Federfarma non ha chiuso la porta: è pronta a tornare al tavolo delle trattative, ma attende un segnale dai sindacati. Sui tempi, però, non si sbilancia: fare previsioni è difficile. Quel che è certo è che, da entrambe le parti, serve la volontà di trovare un compromesso che riconosca il valore del lavoro in farmacia senza compromettere l’equilibrio economico del sistema.
Il rischio, altrimenti, è che la trattativa resti bloccata, con conseguenze non solo per chi lavora nelle farmacie, ma anche per i cittadini che ogni giorno vi si rivolgono. E in un momento storico in cui la farmacia è diventata sempre più un punto di riferimento sanitario sul territorio, questa è una prospettiva che nessuno può permettersi di ignorare.