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La salute mentale e la debolezza delle risposte che si danno

di Francesca Fagioli, Marcella Fagioli

28 NOV -

Gentile direttore,
la salute mentale è fondamentale nell’esistenza di un essere umano e ha ricadute nell’intera collettività. È un tema che non si può eludere. Il benessere psichico, alla stregua di quello fisico, deve essere al centro delle politiche sanitarie e della politica in generale. La salute mentale è un bene comune nel senso più alto del termine; riguarda, prendendo a prestito quelle parole indelebili della Costituzione, “il pieno sviluppo della persona umana”.

I due anni di pandemia, il clima difficile che stiamo attraversando per la crisi sociale ed economica, l’atmosfera opprimente dovuta alla guerra, hanno fatto emergere una vasta domanda di tutela della salute mentale, soprattutto da parte dei più giovani. Domanda che ha rivelato anche la debolezza delle risposte che sono state date. Gli stessi studenti - pensiamo alla campagna “Chiedimi come sto” - in questi ultimi anni hanno più volte sollevato il problema della necessità di un sostegno psicologico nelle scuole. L’attenzione, inoltre, che si è generata attorno al cosiddetto bonus psicologo, pur parziale e pieno di limiti, dimostra quanto sia diventata urgente l’esigenza da parte dei cittadini di avere risposte chiare, efficaci, competenti sulla prevenzione e la cura della malattia mentale. Per non parlare, poi, dello stesso Oms che ha lanciato un allarme agli Stati chiedendo di potenziare gli interventi in materia di salute mentale e del rapporto dell’Unicef che ha posto in rilievo i dati sull’aumento del disagio adolescenziale.

Chiaramente tutto questo chiama in causa la psichiatria. Un tema a cui Quotidiano Sanità ha dedicato e dedica ampio spazio. In particolare, l’articolo di Andrea Filippi del 3 ottobre scorso ha focalizzato l’attenzione non solo sulle carenze organizzative del sistema dei servizi per la salute mentale - il più penalizzato, quanto a risorse - ma anche sulla necessità «di occuparsi della “sovrastruttura culturale” per un’inversione del paradigma che rimetta al centro il ruolo della ricerca scientifica, della prassi terapeutica, della formazione degli operatori e dell’identità professionale per districare una matassa che favorisca una proficua collaborazione tra politica e scienza medica per la conoscenza e la cura come realizzazione umana e liberazione dalla malattia».

In questo ambito, proprio cioè nella direzione della ricerca scientifica in psichiatria, vorremmo portare un contributo rivolto a tutti - psichiatri, psicologi, operatori del servizio sanitario, cittadini. Il 18 e il 19 novembre si è svolto a Roma al Teatro Olimpico il Convegno scientifico internazionale “Cinquant’anni di Istinto di morte e conoscenza - La Teoria della nascita umana e le sue implicazioni” in occasione del cinquantenario della pubblicazione del primo libro dello psichiatra Massimo Fagioli che, uscito in un periodo dominato dalla psichiatria organicista, da una parte scardinò la psicoanalisi di Freud e dall’altra gettò le basi per la psichiatria come psicoterapia. Il convegno, che ha avuto il patrocinio della Regione Lazio e dell’Ordine provinciale dei medici, è stato il primo evento pubblico promosso dalla Fondazione Massimo Fagioli che si è costituita nel 2021 e persegue, da Statuto, finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale attraverso la tutela, la conservazione e la diffusione dell’opera di Massimo Fagioli, proseguendone l’attività di ricerca, la elaborazione e la formazione, teorica e pratica, con specifica attenzione alla diagnosi e cura della malattia mentale.

Massimo Fagioli ha sempre considerato Istinto di morte e conoscenza, a cui poi si sono aggiunti gli altri due libri - La marionetta e il burattino e Teoria della nascita e castrazione umana - come il primo testo di una trilogia in cui vengono verbalizzate le dinamiche psichiche fondamentali per un nuovo approccio allo studio dell’origine e dello sviluppo della mente umana, in particolare la mente non cosciente. Questo testo è una critica a quanto viene continuamente proposto, ovvero che storicamente ci sarebbe stata una cosiddetta scoperta dell’inconscio da parte di Freud. Il libro sottolinea soprattutto che quegli assunti, quelle proposizioni e quelle affermazioni relativamente all’inconscio hanno condizionato pesantemente la cultura e la società, proponendo un’immagine di uomo fondamentalmente scisso e in continua lotta con una distruttività costituzionale e intrinseca a sé stesso.

Viceversa, quanto troviamo in Istinto di morte e conoscenza, così come in tutta la produzione scientifica successiva, è la esplicitazione di un processo fisiologico relativamente alla nascita della mente non cosciente. Mente umana originariamente sana che tuttavia, come avviene per il corpo, si può ammalare e cadere in dimensioni distruttive che non sono una condizione naturale ma che rappresentano una malattia. E forse la chiave è proprio questa: quello che di distruttivo troviamo nell’uomo non è connaturato e inalterabile ma è malattia, appunto, e come tale va curata.

La due giorni ha visto una grandissima partecipazione di pubblico (circa 4mila persone che hanno seguito i lavori in presenza in un teatro di 1400 posti completamente pieno e migliaia in diretta streaming) e una produzione scientifica, dopo che era stata lanciata una call for paper internazionale, di 231 autori (tra relazioni e poster). Inoltre, i contenuti delle 28 ore di lavori (comprese 7 sessioni preregistrate e pubblicate online) sono disponibili in modo permanente nel sito del convegno.

Il primo giorno è stato dedicato alle implicazioni della Teoria della nascita nell’ambito della psichiatria, della psicologia, della psicologia dell’età evolutiva e della bioetica. Oltre a decine di relazioni di psichiatri, psicologi e psicoterapeuti italiani che hanno proposto contenuti e ricerche collegate alla Teoria della nascita umana, si è svolto il confronto con gli ospiti internazionali Joanna E. Chambers, Eirini Karyotaki, Natalia Solovieva e César A. Alfonso. Il primo aspetto da rilevare è proprio la partecipazione di colleghi di diverse provenienze con cui c’è stata una sintonia nel considerare la psicoterapia come la strada maestra per la cura dei disturbi mentali. Ed è proprio in questa prospettiva che Istinto di morte e conoscenza è diventato oggetto di studio e di riflessione per la ricerca di una psicoterapia che sia in grado di affrontare le richieste sempre più impellenti di salute mentale.

Fra i tanti interventi è da segnalare la relazione di Joanna E. Chambers (professoressa di Psichiatria all’Indiana University) dove per la prima volta si è parlato delle intersezioni tra teoria della nascita e teoria dell’attaccamento per i pazienti con dipendenza da oppiacei. Un secondo aspetto rilevante è la partecipazione numerosa dei colleghi che seguono questa ricerca e che si sono immersi nello studio di Istinto di morte e conoscenza portando contributi di notevole interesse e di alto livello. Al Convegno del Teatro Olimpico si è respirata una ricerca collettiva che ha coinvolto anche i non addetti ai lavori. Ed è emersa anche la ricerca di un linguaggio tale da promuovere la Teoria della nascita e farla conoscere agli ospiti del convegno.

La seconda giornata è stata dedicata alle implicazioni socioculturali della Teoria della nascita e della nuova visione antropologica che gli scritti di Massimo Fagioli propongono: dall’arte al linguaggio, dal diritto alla pedagogia. Sono stati presentati, tra gli altri, contributi originali sul rapporto tra scuola e conoscenza, sul concetto di uguaglianza derivante dalla teorizzazione di Massimo Fagioli in rapporto al diritto e sul concetto di naturale socialità umana.

In conclusione, rispetto alle difficili sfide che oggi la psichiatria deve affrontare, possiamo dire che la Teoria della nascita ha dei risvolti enormi per quanto riguarda la cura della malattia mentale. È stata elaborata nel rapporto con i pazienti psichiatrici e deriva da una prassi medica che non va mai dimenticata. La malattia mentale è forse una delle malattie umane che fa più paura. Perché colpisce non semplicemente un organo del corpo ma mette in discussione l’identità umana e la possibilità di essere in rapporto con gli altri e con il mondo umano e non umano. Avere a disposizione una teoria che propone una realtà psichica originariamente sana e che ci spiega i motivi per i quali questa originaria sanità può andare in crisi e quindi configurare uno stato di malattia, ci permette di affrontare le eventuali dimensioni malate con una prassi terapeutica che ha in sé un’idea di curabilità.

La teorizzazione di Massimo Fagioli ha segnato la storia della psichiatria italiana: dalla prassi unica di psicoterapia di gruppo dell’Analisi collettiva (1975-2016), alla formazione di centinaia di psichiatri che operano anche nel servizio pubblico, dalla ricerca scientifica trentennale attraverso la rivista Il sogno della farfalla, fino alla nascita, nel 2018, della Scuola di psicoterapia dinamica Bios Psychè riconosciuta dal Miur.

Adesso la Fondazione Massimo Fagioli intende portare avanti quel patrimonio di conoscenza, di prassi medica e di profondo interesse per gli esseri umani che ha sempre contraddistinto l’autore di Istinto di morte e conoscenza. Perché sia un patrimonio per tutti: per il mondo della psichiatria, per la sanità pubblica, per la collettività.

Francesca Fagioli

Psichiatra e psicoterapeuta, presidente del Convegno “Cinquant’anni di Istinto di morte e conoscenza - La Teoria della nascita umana e le sue implicazioni”

Marcella Fagioli
Psichiatra e psicoterapeuta, presidente del Consiglio scientifico di indirizzo Fondazione Massimo Fagioli



28 novembre 2022
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