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La griglia Lea e la salute mentale

di Andrea Angelozzi 

22 DIC -

Gentile Direttore,
ho letto con interesse i risultati del rapporto Gimbe sulla applicazione dei LEA nelle Regioni che Quotidiano Sanità ha riportato e commentato e che, su molti quotidiani locali, è diventato la prova dell’eccellenza delle scelte politico-organizzative di talune Regioni. La lettura della griglia che ne è alla base, solleva peraltro alcuni interrogativi sulla metodologia e sull’esito conseguente, almeno per quanto riguarda la Salute Mentale.

In primo luogo perché questo ambito copre solo pochissimi indicatori fra quelli sviluppati: nel sistema originario è 1 item sui 21 presenti; nella griglia del Nuovo Sistema di Garanzia ne risultano 4 su 73.

Ma gli stessi indicatori sono problematici, se il loro intento è monitorare una qualità dei servizi.

Nella vecchia griglia il dato infatti riguardava esclusivamente il numero dei pazienti in carico ai servizi territoriali. In realtà questo dato misura cose diverse e anche contraddittorie. E’ difficile pensarlo come un indice di attrazione delle strutture, dal momento che, trattandosi per lo più di patologie gravi, con importante compromissione della qualità della vita e della quotidianità e che richiedono un intervento complesso, è improbabile che rimangano silenti o si rivolgano esclusivamente a privati. In questo senso sembra più un indice del malessere di un territorio, ponendo allora il problema se i servizi siano riusciti a costruire qualcosa in ambito preventivo.

Dal punto di vista del funzionamento dice poco e per paradosso si rischia di premiare servizi che accumulano pazienti non riuscendo ad offrire percorsi terapeutici adeguati. Fotografa in modo statico qualcosa che in realtà è un processo dinamico, fatto di nuovi ingressi, di dimissioni e soprattutto di percorsi.

Più interessanti, ma non per questo esenti da problemi, sono gli indicatori della nuova griglia, con i quali si vorrebbe misurare l’efficacia degli interventi di presa in carico territoriale dei pazienti con patologie psichiatriche.

Due item sono legati alla ospedalizzazione, individuando il tasso di ospedalizzazione per patologie psichiatriche in rapporto alla popolazione residente e la percentuale di re-ricovero tra 8 e 30 giorni in psichiatria. Inutile dire come questi dati risentano fortemente della disponibilità di posti letto utilizzabili, in progressiva diminuzione nel tempo a fronte di una richiesta aumentata.

Più che rappresentare una scelta ed uno stile di lavoro, la contrazione dei ricoveri è spesso una pura necessità che costringe a selezionare i pazienti non in base ai bisogni clinici, ma in base ad una disponibilità di letti, saturata facilmente dalla urgenza o da pressioni ambientali e medico-legali, con il rischio di lasciare le altre situazioni senza risposta o affidate in maniera molto onerosa alle famiglie.

Ho personalmente lavorato molti anni or sono in un servizio che seguiva 80.000 abitanti ed in cui si era dovuto chiudere per molti mesi il SPDC per mancanza di personale. I ricoveri venivano mendicati altrove e riservati ovviamente a situazioni drammatiche, seguendo come si poteva le altre situazioni che ne avrebbero ugualmente avuto bisogno. Vi è stato sicuramente un contenimento della degenza, ma non certo un miglioramento della qualità del servizio.

Il terzo indicatore riguarda il numero dei Trattamenti Sanitari Obbligatori in rapporto alla popolazione. Anche questo dato può offrire interpretazioni diverse della qualità di un servizio. La urgenza di trattamenti necessari, ma rifiutati, che è alla base del provvedimento, non ha infatti una interpretazione univoca, modulata da scelte ideologiche locali oltre che - ancora una volta - dalla disponibilità di posti letto. Inteso a tutelare la salute della persona rispetto ad un malessere che non si vuole riconoscere ed affrontare, questo strumento spesso si contrae, riprendendo le sembianze della vecchia “pericolosità per sé e per gli altri “ o della pura pressione sociale. Per paradosso, la griglia andrebbe a premiare anche chi utilizza questa visione restrittiva, non certo espressione di quella più ampia tutela clinica che la Legge 180/78 intendeva sottolineare.

Il quarto indicatore è ancora più delicato, riguardando il tema della ospedalizzazione dei minori per motivi psichiatrici. Il problema è che in talune Regioni, nonostante grandi programmazioni ed impegni in questo senso, non sono mai stati attuati reparti di neuropsichiatria infantile, idonei a questi ricoveri. La necessità del minore deve confrontarsi con la impossibilità, per motivi assistenziali, di un ricovero in pediatria, e la inadeguatezza clinica, ambientale ed assistenziale di un ricovero in SPDC, portando a selezionare, fra chi ne ha bisogno, solo le situazioni più drammatiche.

Faccio fatica a ritenere che queste selezioni, nell’adulto come nel minore, rappresentino un fattore di qualità. Fra l’altro, a fronte di ricoveri ripetuti non gestibili altrimenti, diventa forte la spinta per interventi residenziali, con il rischio importante di sviluppare percorsi di pura istituzionalizzazione.

Peraltro, sia la vecchia griglia sia la nuova considera un fattore di qualità in vari ambiti la disponibilità di strutture residenziali, con una scelta che fa riflettere, dal momento che non privilegia né lo sforzo di prevenire la lungo assistenza né di mantenere le persone in famiglia o nei loro luoghi di vita, offrendo una adeguata assistenza

E non posso non notare che, nonostante ancora nel 2014 il Ministero della Salute e la Conferenza Unificata abbiano definito percorsi di cura per alcune patologie psichiatriche significative, nessuno di essi compare nella specifica sezione della griglia riservata al monitoraggio ed alla valutazione dei PDTA.

Mi rendo conto di quanto sia difficile costruire indicatori che definiscano la qualità in sanità, e che questo in salute mentale sia ancora più complesso, dovendo modulare le diverse interpretazioni di ogni singolo dato in un sistema articolato, che tenga conto di molti aspetti e del modello che ne sottende la scelta. Temo però che quanto queste griglie propongono per la salute mentale offra una visione parziale e discutibile della rispondenza dei servizi ai legittimi bisogni assistenziali della popolazione.

Non ho assolutamente competenza per valutare gli altri ambiti della griglia, ma non nascondo il sospetto che probabilmente altre criticità siano presenti in altre aree, con il rischio di mettere in discussione gli esiti di questi monitoraggi.

Andrea Angelozzi

Psichiatra



22 dicembre 2022
© Riproduzione riservata

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