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Formazione Medicina generale: pochi candidati, in buona parte fuggono dall’ospedale, e non tutti finiscono il corso

di Giuseppe Belleri

04 DIC - Gentile Direttore,
come nel recente passato al test di ammissione per il Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale (CFSMG) il numero dei presenti si è dimezzato rispetto alle domande inviate, anche se il dato più significativo è un altro, ovvero quello dei candidati in rapporto ai posti disponibili. In alcune regioni il numero di concorrenti è stato superiore all'offerta mentre in molte altre i candidati sono stati inferiori ai posti messi a concorso. Ecco alcuni esempi: nella classifica provvisoria la maglia nera spetta alle Marche con 81 presenze per 155 posti su 165 domande; a Milano i candidati erano 344 per 416 posti su 700 domande; in Piemonte sono stati di poco inferiori ai 159 posti disponibili, in Toscana si sono presentati in 150 per 200 posti e in Veneto 186 per 212 posti. A Napoli e Roma è andata meglio: nel Lazio per i 207 posti hanno concorso in 420 su 780 domande mentre in Campania sono stati poco meno di 300 per 225 posti.

Un altro dato interessante è il numero di medici dipendenti che passa dall'ospedale al territorio rispetto ai non specialisti: al precedente Corso in Lombardia i medici in possesso di una specializzazione erano il 21% e lo scorso 30 novembre, stando alla stampa locale, la percentuale è salita ad un terzo dei 344 candidati presenti alla selezione. È verosimile che in Campania e soprattutto nel Lazio questa quota superi la metà e spiegherebbe il numero doppio di partecipanti in rapporto ai posti disponibili, in controtendenza rispetto al trend registrato nelle altre regioni. La partecipazione al concorso romano è motivo di soddisfazione per il sindacato, a riprova dell’attrattività dell’immagine della MG; tuttavia, a ben vedere il flusso di professionisti dall’ospedale al territorio, speculare alla richiesta di passaggio alla dipendenza per i convenzionati, è il segno di una sorta di cannibalizzazione tra comparti del SSN.

Da questi primi dati emerge una tendenza nazionale analoga a quella registrata al concorso per l’accesso alle specializzazioni universitarie: circa 1/4 dei posti disponibili restano senza candidati. Non si deve però concludere che tutti i concorrenti presenti alla selezione frequenteranno il corso. Bisogna considerare che, com’è accaduto al concorso per le specializzazioni, al momento della firma una parte dei candidati alla formazione in MG rinuncia al posto assegnato.

Ad esempio in Lombardia negli anni precedenti - come documenta la tesi della dott.ssa Roberta Calapai neo diplomata al corso meneghino che ha condotto una sorta di check-up sulla salute del CFSMG lombardo - il 14% dei promossi al test ha rinunciato alla borsa mentre un medico in formazione su 4 si è ritirato nei successivi tre anni di corso. Analizzando i dati di Polis sulla partecipazione agli ultimi 3 corsi, confrontati con il fabbisogno di medici in ingresso previsto per i prossimi 5 anni, è emerso un dato inatteso: in relazione alle uscite previste il deficit di professionisti dal 2025 rispetto al 2021 potrebbe essere più consistente di quanto calcolato, ammontando ad almeno 727 MMG, vale a dire il doppio delle stime di Polis e addirittura più del quintuplo di quelle di Agenas.

La precarietà delle scelte dei candidati testimonia di un clima emotivo comune ai colleghi già in formazione; la stessa tesi milanese comprende un questionario sulle motivazioni e le opinioni dei coristi a cui ha partecipato circa 1/3 dei mille iscritti lombarsi. Le risposte sono sintomatiche di una crisi vocazionale caratterizzata
• dalla diffusa percezione di un’erosione del ruolo sociale e professionale, difficilmente recuperabile in tempi brevi anche con la specializzazione;
• dall'insoddisfazione per la scarsa qualità formativa del Corso, specie per le lezioni frontali e per l'efficacia del tutoraggio;
• dalle difficoltà incontrate dal 62% di corsisti che iniziano la professione sul territorio, per l'impatto con la realtà post pandemia;
• fino agli abbandoni durante il triennio per altre scelte formative e professionali.

L'imponente ricambio generazionale in atto avviene in una fase storica problematica, carica di incertezze e difficoltà per il futuro professionale di un'intera generazione. Il difficile adattamento testimoniato dai corsisti lombardi, gettati precocemente in un’arena territoriale affollata e turbolenta, mette a rischio la tenuta individuale e collettiva delle nuove leve, chiamate a sostituire la generazione entrata in campo sull’onda della prima riforma sanitaria; le spinte motivazionali di quel tempo - altruistiche, ideologiche o etiche – animavano un professionalismo ormai tramontato per obsolescenza rispetto allo spirito dei tempi attuali.

D’altra parte non è una novità che da qualche anno sia in atto una crisi vocazionale e della fidelizzazione al posto fisso, per uno scollamento tra motivazioni e aspettative individuali ed etica del lavoro prevalente fino al secolo scorso. I primi segnali di un cambiamento sono emersi con l’ondata di dimissioni che ha caratterizzato la fase post-pandemica a cui si va sovrapponendo un altro fenomeno, all’insegna del “chi me lo fa fare”, come segnalano le indagini sociologiche: il quiet quitting o abbandono silenzioso, vale a dire niente uscite clamorose ma un impegno ridotto sul lavoro per un’attenta gestione del proprio tempo, con la deliberata tendenza a spendersi meno per mantenere un buon equilibrio con la qualità della vita personale e familiare, assolvendo al proprio dovere con un coinvolgimento da minimo sindacale.

Insomma sul fronte dell’assistenza primaria si preannunciano tempi più duri del previsto per l'impatto con una realtà problematica.


Dott. Giuseppe Belleri
Ex MMG - Brescia

04 dicembre 2023
© Riproduzione riservata

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