Gentile Direttore,
con il conseguimento del titolo accademico di Dottore di ricerca mi sono illuso di essere approdato, dopo una lunga e faticosa navigazione (tempestata da convinzioni limitanti, preparazione di base non sempre adeguata al contesto e i tanti pregiudizi subiti) in un porto sicuro, il porto dell’Autonomia professionale.
E, invece, mi accorgo (dopo anni dal conseguimento del titolo) che anche quel porto non mi consente di riparare in un “posto sicuro”. Il porto in cui mi sono riparato continua ad essere agitato dal vento di maestrale e non è così profondo da poter gettare l’àncora definitiva per l’approdo. Bisogna dunque, riprendere il largo e cercare un altro approdo.
Decido, richiamato ancora una volta dalle sirene di Ulisse, di iscrivermi ad Master universitario di II livello in tema di Management Sanitario, prefigurandomi una maggiore autonomia professionale (in linea con i dettami della Legge 42 del 1999).
Spentosi lentamente il canto (con l’entrata in vigore della D. Lgs 187 del 2000 e 101 del 2020), torno in me e, vedo, insieme a pochi compagni (Antonio Alemanno e Calogero Spada) i resti delle ossa dei marinai che non hanno resistito all’incantesimo sparsi sulle coste della penisola; quei tanti colleghi preparati e in continua crescita culturale e professionale (lifelong learning) che non approderanno mai a quel tanto agognato porto sicuro.
Francesco Sciacca