L’erosione della prevenzione collettiva dentro la crisi della sanità pubblica
di Mauro Valiani
12 FEB -
Gentile Direttore,storicamente ed attualmente l'Italia ha una delle speranze di vita più alte in Europa (83,8 anni nel 2023). Il secondo livello più alto nell'Unione, subito dopo la Spagna, e 2.5 anni sopra la media Ue. Tuttavia, sulla prevenzione stiamo perdendo punti sotto diversi profili, come ci dice il rapporto OECD 2024. Pur a fronte di diverse, puntuali, esperienze positive, il crollo della prevenzione in Italia è l’inevitabile conseguenza della caduta degli investimenti (il depauperamento delle diverse necessarie professionalità a livello ASL/Regione e il divario nord/sud sono rilevanti) su questi servizi pubblici, ma anche di una prevalenza ideologica che privilegia ‘la prestazione’ all’analisi e rimozione delle cause delle malattie.
A fronte della classica partizione in Prevenzione Terziaria, Secondaria e Primaria, a cui possiamo aggiungere anche la P. Primordiale, intesa come un’anticipazione dei possibili futuri impatti sulla salute (sviluppo urbanistico, trasporti, politiche energetiche, ecc.), le principali strutture pubbliche che si occupano di Prevenzione sono, oltre a quelle della sanità territoriale:
- le Agenzie regionali per la protezione ambientale (ARPA), che effettuano il monitoraggio dello stato dell'ambiente; svolgono accertamenti sulle fonti di inquinamento e gli impatti che ne derivano, occupandosi dell'individuazione e della prevenzione di fattori di rischio per la salute dell'ambiente e delle persone.
- la prevenzione collettiva e sanità pubblica (Dipartimenti Prevenzione delle ASL), che svolgono attività di prevenzione rivolte alle collettività̀̀ e ai singoli, ed in particolare: sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie infettive e parassitarie, inclusi i programmi vaccinali; tutela della salute e della sicurezza degli ambienti aperti e confinati; sorveglianza, prevenzione e tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; salute animale e igiene urbana veterinaria; sicurezza alimentare; sorveglianza e prevenzione delle malattie croniche, inclusi la promozione di stili di vita sani ed i programmi organizzati di screening; sorveglianza e prevenzione nutrizionale; attività̀̀ medico-legali per finalità̀ pubbliche.
Da tempo si è evidenziata una contraddizione tra efficienza ed efficacia nella pratica di lavoro dei servizi di prevenzione. Mi riferisco alla ‘produzione quantitativa’ nelle attività di controllo in ambienti di lavoro e di vita attraverso ‘algoritmi’ regionali (più o meno coerenti con linee di Piani nazionali) che trasmettono ‘numeri da fare’ ai servizi territoriali.
Molti operatori segnalano che sarebbe necessaria, a livello locale, una maggiore autonomia per interventi in situazioni di rischio specifiche, come, per esempio, possono essere le aziende a rischio di incidente rilevante oppure certi comparti della microimpresa (insieme, ovviamente, ad una maggiore capacità di monitoraggio e valutazione da parte del livello regionale). Seguendo il convegno Forum Risk Management, Arezzo 2024, Sessione “Stati Generali della Prevenzione”, colpisce l’intervento della dott.ssa MariaRosaria Campitiello, “Capo” del Dipartimento della Prevenzione, della Ricerca e delle Emergenze Ambientali. A fronte dell’uso di termini accattivanti (“prevention hub nazionale”), emerge un preoccupante spirito di conservazione dell’esistente (“questi due anni ci sono serviti per apprendere…”, “le risorse non sono mai abbastanza …dobbiamo raggiungere gli obiettivi con quello che si ha …”, “non è necessario fare dei pit stop al sistema” …).
La sanità pubblica universalista e le attività di prevenzione collettiva, simul stabunt simul cadent; il potenziamento delle cure primarie e della prevenzione – previsto dal PNRR - non è stato ancora, sostanzialmente, avviato.
Mauro ValianiGià direttore Dipartimento ASL Empoli
12 febbraio 2025
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