Perché la salute è questione di Sicurezza Nazionale e cosa comporta
di Liuva Capezzani
27 FEB -
Gentile Direttore,il 20 febbraio scorso ho partecipato alla celebrazione della “Giornata nazionale del personale sanitario e sociosanitario, del personale assistenziale, socioassistenziale e del volontariato. Rinnovamento delle professioni per una nuova Sanità”, organizzato dal Ministero della Salute. Desidero segnalare quanto mi è mancato di ascoltare, ovvero il riferimento alla promozione di una cultura della “sicurezza nazionale” sanitaria e quindi alla formazione di rinnovate professionalità sanitarie che incidano nell’ottica e nel contesto di quella “Sicurezza”.
Il ministro della salute Orazio Schillaci ha ricordato come la celebrazione di questa giornata sia stata istituita nel 2020 durante la pandemia da Sars-Cov2 per riconoscere ed onorare l’enorme impegno e sacrificio di quanti fra i nostri operatori sanitari siano intervenuti in condizioni di globale crisi, incertezza e difficoltà di coordinamento, per tutelare quel diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività, che è la salute, sancito all’Art.32 della nostra Costituzione.
La pandemia ha lasciato un apprendimento radicale: la salute dei cittadini è una questione di Sicurezza Nazionale e globale, che attiene a processi di previsione e prevenzione e che Marco Minniti, Presidente della fondazione Med-Or e già ministro dell’interno sotto il governo Gentiloni, lo scorso 5 febbraio ospite della trasmissione “Cinque minuti” di Bruno Vespa, ha definito come “la vita tranquilla di milioni di italiani, che altrimenti rischierebbero di perdere la propria serenità”.
Previsione e prevenzione della salute dei cittadini è una questione di Sicurezza Nazionale perché incidono sulle dimensioni economiche del paese, come ben ricordava il presidente del Consiglio nazionale degli psicologici David Lazzari, sul benessere o disagio sociale e quindi sulla fiducia o “disaffezione al servizio sanitario pubblico”, per citare il ministro Schillaci, e di tutte le istituzioni, quindi sulla stabilità dei processi partecipativi alla nostra democrazia.
Non a caso, sempre il Ministro Schillaci ha affermato che oggi “i bisogni di salute sono diversi. Sono sempre più socio-sanitari” richiedendo approcci, competenze e risposte diverse, moderne e adeguate, ma soprattutto un riferimento costante al sociale secondo i principi di universalismo, uguaglianza, solidarietà, già ricordati dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Più volte durante la celebrazione sono state ascoltate sollecitazioni all’innovazione, all’acquisizione di nuove competenze, alla digitalizzazione, alla collaborazione multi ed interprofessionale, alla tutela della dignità, alla sicurezza dell’operatore sanitario e socio-sanitario, del paziente, del cittadino e della collettività.
Tuttavia, di fronte alle sfide e alle minacce poste dalla digitalizzazione sanitaria dell’odierna società, è mancato a mio avviso un riferimento specifico alla necessità di promuovere una cultura della sicurezza nazionale sanitaria e quindi di formare e selezionare nuove figure sanitarie e socio-sanitarie che in ottica interdisciplinare possano collaborare per prevedere e prevenire condizioni generali, collettive, di disagio sociale che la minaccino.
Propongo un esempio che attiene alla sfera della salute mentale. L’“Internazionale” ha pubblicato agli inizi di questo febbraio un articolo esteso sulla psicoterapia artificiale, ovvero sull’uso di chatboat di sostegno psicologico. Sono applicazioni che trovano sempre più consenso nelle persone con fragilità psicologiche ed economiche per essere usufruibili in orari incondizionati, spesso in modo gratuito e percepiti come spazi più riservati e privi di pregiudizi rispetto ai setting tradizionali con uno psicoterapeuta umano.
“Il vantaggio dell’intelligenza artificiale è proprio la sua mancanza di umanità. ‘Non si può proiettare su di essa la sensazione che abbia poca pazienza o che ti consideri strano. Si può passare da un argomento all’altro e rivisitare lo stesso punto più volte fino a quando non scatta qualcosa, senza pensare di annoiare l’interlocutore’”, afferma Viggósson, un informatico che sta studiando psicologia, nell’Internazionale.
È importante segnalare 5 aspetti:
Il primo è che la professione di psicoterapia è una professione sanitaria regolamentata da un Albo professionale a tutela sia dei professionisti psicologi che dei pazienti: questi algoritmi non sono iscritti agli Albi professionali.
Il secondo, di carattere più “umano” e terapeutico. Non solo l’aspettativa e la percezione di trovare nella psicoterapia artificiale un interlocutore imperturbabile e privo di umanità sono esse stesse un bias, che l’algoritmo non correggerà mai, data la sua autocrazia, ma soprattutto un terapeuta imperturbabile è fattore prognostico del fallimento di qualunque psicoterapia. “L'umanità” non è un fatto individuale, non è l’emozione, il pensiero, la condotta del singolo. È un fatto relazionale che si declina nella capacità di co-regolazione emotiva, cognitiva, comportamentale, a volte anche normativa, a seguito della quale si può desumere, prevedere e verificare lungo un processo dialettico, culturale, metacognitivo e ricorsivo un rinnovato modello della teoria della mente di sé e dell'altro (paziente e terapeuta, ma anche tra cittadini e istituzioni). Un terapeuta mai turbato e che non abbia la possibilità di raccogliere le reazioni del paziente per tale turbamento sottrarrà a quel paziente l’opportunità di una esperienza emotiva correttiva, utile alla relazione terapeutica come all’evoluzione personale di paziente e terapeuta. Il potere della cura è reciproco, non è solo di chi cura, e passa anche per la noia. Si legga per utili approfondimenti “Che cosa significa essere umani” dei neuroscienziati Vittorio Gallese e Ugo Morelli.
Il terzo è che si tratta di un algoritmo di intelligenza artificiale per la quale bisogna assumere un grado di opacità “ossia la non effettiva ricostruibilità del percorso seguito per giungere a una determinata soluzione” e che “non consente di spiegare al paziente come si sia pervenuti a una certa conclusione o si siano prospettate determinate soluzioni” (Ministero della salute e Istituto, Consiglio superiore di sanità, 2021). L’opacità è uno strumento di controllo della mente altrui, e la mente, sostiene il prof. Mario Caligiuri, presidente della Società italiana di Intelligence (SOCINT) e direttore del Master in Intelligence dell’Università della Calabria, è il nuovo “campo di battaglia dove si sta svolgendo la lotta per il potere, in modo da esercitare il dominio definitivo sulle persone e sulle nazioni”. Assistiamo oggi sia ad una riattualizzazione del biopower di foucaultiana memoria che a forme inedite di guerra cognitiva e controllo della mente, ovvero al controllo della salute biopsicosociale delle persone.
Il quarto aspetto ce lo spiega bene l’avvocato Claudio Caldarola in un recente articolo sugli impatti giuridici ed etici delle tecnologie neurocognitive e dell’IA, pubblicato per la Socint press. Si rischia di ledere quattro fondamentali neurodiritti: la libertà cognitiva, la privacy mentale, l’integrità psicologica, l’identità psicologica.
Il quinto aspetto è che l’AI Act a partire dal 2 febbraio 2025 vieta di raccogliere dati biometrici o analizzare emozioni senza consenso, obbliga negli articoli 10 e 59 alla tracciabilità dei dati, alla loro gestione trasparente e a garantire che i diritti fondamentali delle persone non siano compromessi dall’AI. Scrive Claudio Caldarola: “I governi e le istituzioni internazionali dovrebbero istituire organismi indipendenti in grado di supervisionare l’uso delle neurotecnologie” e dell’AI, un approccio multilivello nazionale, europeo e internazionale che “contempli la possibilità di monitorare e verificare costantemente l’impatto che queste tecnologie hanno sulla società”.
Possono questi governi e istituzioni pensare di avvalersi di rinnovate professionalità sanitarie in grado per competenza di accogliere, valorizzare e presumibilmente di distinguere “l’umano” dal “non umano”, cogliere i segnali deboli della manipolazione cognitiva ed emotiva individuale e collettiva e quindi di prevenire impatti sulla sicurezza e destabilizzazione sociale?
Liuva CapezzaniPsicologa PsicoterapeutaDocente Sipsi (Scuola internazionale di Psicoterapia nel Setting Istituzionale)Delegata al coordinamento delle Commissioni di studio e Sezioni regionali Socint (Società italiana di Intelligence)Membro della Commissione di studio Medical Intelligence della SocintBibliografiaCaldarola C. (2025), I Neurodiritti umani e la privacy: Impatti giuridici ed etici delle tecnologie neurocognitive e dell’Intelligenza Artificiale. Socint Press, Rende (CZ) ISBN-13 (15) 979-12-80111-69-2, DOI (06)
https://doi.org/10.36182/2025.02Caligiuri M. (2023), Geopolitica della mente. L'Intelligence nel campo di battaglia definitivo. Mazzanti Libri ed., Venezia.
Gallese V., Morelli U., (2024), Cosa significa essere umani? Corpo, cervello e relazione per vivere nel presente. RaffaeloCortina Editore, Milano
McAllen J. 2025, Il Terapeuta Artificiale, in Internazionale, n. 1599, anno 32, pp. 40-50
https://www.internazionale.it/magazine/jess-mcallen/2025/01/30/il-terapeuta-artificialeMinistero della salute, Consiglio Superiore di Sanità. (2021), “I sistemi di intelligenza artificiale come strumento di supporto alla diagnostica”, p.32
https://www.biodiritto.org/AI-Legal-Atlas/AI-Docs/Ministero-della-Salute-Consiglio-Superiore-di-Sanita-I-sistemi-di-intelligenza-artificiale-come-strumento-di-supporto-alla-diagnostica
27 febbraio 2025
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