Ma Meloni, Schlein e giornalisti quanto ne sanno di sanità? Prendiamo il premier time di martedì scorso
di Claudio Maria Maffei
16 MAG -
Gentile Direttore,
la sanità è diventato un tema centrale nel dibattito politico e quindi nelle trasmissioni di approfondimento e di attualità che circolano in televisione. Ho voluto fare una verifica sui dati e sui fatti citati negli interventi di figure di politici e giornalisti di alto profilo sfruttando il recente premier time del 13 maggio con le dichiarazioni di Meloni e Schlein riportate qui su Qs e con gli interventi dei giornalisti fatte il giorno successivo a Otto e mezzo condotto su La 7 da Lilli Gruber.
Cominciamo dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che, incremento del fondo sanitario a parte (questione su cui sorvolo visto che la querelle tra la maggioranza che ragiona in termini di valore assoluto e l’opposizione che ragiona in termini di percentuale del PIL la diamo per nota), ha proposto tra le altre le seguenti affermazioni, cui seguirà un mio sintetico commento (eventualmente ripreso da altri in alcuni casi):
- è stato il governo a fermare il fenomeno di medici a gettone: il fenomeno dei medici a gettone è ancora largamente diffuso ed è aumentato nel 2024 rispetto al 2023 (vedi Rapporto ANAC) e in ogni caso il passaggio dai medici gettonisti ai medici con rapporto di lavoro autonomo non cambia nulla in termini di impatto negativo sulla organizzazione del ricorso a medici “esterni” reso spesso necessario dalla cattiva programmazione dei servizi da parte delle Regioni, specie di quelle governate dal centrodestra (vedi le Marche);
- è stato il governo a mettere un limite all'intramoenia (Meloni qui cita il “fenomeno pazzesco di medici del sistema sanitario nazionale che in un giorno, nell'ospedale pubblico, facevano 9 - e dico 9 - visite o prescrizioni e poi ne facevano 90 nello stesso ospedale, nello stesso giorno, in regime di libera professione”): a parte il vizio diffuso di fare esempi clamorosi senza citarne la fonte, sia la regolamentazione che il monitoraggio della libera professione hanno una lunga storia come si può leggere qu Il monitoraggio della attività libero professionale intramuraria in rapporto ai relativi tempi di attesa si fa da molti anni a cura dell’Agenas (vedi ad esempio il Rapporto 2019). Peraltro, ha ragione a mio parere Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao Assomed, quando scrive che “Per l’ennesima volta, infine, si cede alla facile demagogia dell’attacco alla libera professione intramoenia dei medici dipendenti, comodo capro espiatorio, alibi per le inefficienze organizzative e la scarsità di risorse cui nemmeno questa volta si riesce a rimediare, ignorando anche che i suoi introiti hanno dato all’abbattimento delle liste di attesa in 10 anni quanto il Governo ha stanziato con la legge di bilancio 2024”;
- il Governo ha pagato di più le borse di studio per chi si specializza in medicina d'urgenza: anche qui non si cita la norma (io non l’ho trovata) e comunque peccato che siano pochissimi quelli che accettano di iscriversi a questa specialità come è facile verificare anche in base ai dati dell’ultimo Anno Accademico;
- il Governo ha previsto l'apertura degli ambulatori in orari serali, il sabato, la domenica: si tratta di una misura possibile e praticata da anni (vedi questa iniziativa del febbraio del 2022 di una Azienda della Regione Toscana). Peraltro, cito ancora Pierino Di Silverio segretario nazionale Anaao Assomed, “Il DL assume i tempi di attesa come variabile indipendente rispetto alle risorse e al numero dei professionisti chiamati ad assicurare la cura e non solo la prestazione, lasciando credere che la semplice apertura degli ambulatori il sabato e la domenica basti a convincere il medico che già lavora più di 60 ore settimanali, dal lunedì al venerdì, a lavorare ancora”;
- il Governo ha fatto entrare in vigore i nuovi LEA, cioè i cittadini potranno accedere a nuove prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale che, in alcuni casi, aspettavano da 20 anni: l’ultima revisione dei LEA in realtà risale al 2017 e il problema, come tutti dovrebbero sapere, non è tanto definirli e aggiornarli quanto garantirli;
- l'ultima volta che in Italia è stato scritto un Piano sanitario nazionale era il 2011 quando c’era era un Governo di centrodestra e adesso il Governo lo vuole riscrivere: in realtà l’ultimo Piano Sanitario è quello del 2006-2008 approvato quando c’era al Governo Silvio Berlusconi. Peraltro nel frattempo c’è stato il DM 70 del 2015 sulla sanità ospedaliera, il DM 77 del 2022 sulla sanità territoriale, il Piano Nazionale della Cronicità, il Piano Nazionale Demenze, il Piano Nazionale della Prevenzione, le linee guida sulle cure palliative e un’altra infinità di atti che se applicati avrebbero creato una situazione ben diversa da quella di oggi. Opinione mia: un nuovo Piano Sanitario (o meglio Socio-Sanitario) Nazionale non serve;
Passando a Elly Schlein, segretaria nazionale del Partito Democratico, il suo intervento trascritto da Qs è stato molto più asciutto e ha riportato solo alcuni dati e fatti:
- i gettonisti ci sono ancora: è vero come ho commentato sopra;
- il tetto alle assunzioni del personale è stato messo per la prima volta da un governo di centrodestra in cui Giorgia Meloni era Ministro: la storia del tetto di spesa del personale è stata egregiamente ricostruita su Qs da Giovanni Rodriquez. Ad introdurlo sono stati dei Governi di centrodestra a partire dal 2004 quando però Giorgia Meloni non era Ministro;
- la spesa pagata di tasca propria dai cittadini secondo i dati della Corte dei conti è aumentata in un anno, con il centrodestra al Governo, del 10 per cento ed è stata pari a 4 miliardi di euro: ho ritrovato questo dato nel 58esimo Rapporto Censis in cui si afferma che negli ultimi 10 anni la spesa sanitaria privata è aumentata del 23%, mentre quella pubblica solo dell’11,3%. Nel 2023, la spesa sanitaria out-of-pocket ha raggiunto i 40,6 miliardi di euro, con un incremento del 10,3% rispetto al 2022;
- a Pesaro, qualche mese fa, una donna le ha detto che dopo una diagnosi di tumore non riusciva a prenotare le visite nel pubblico e ha dovuto sborsare 500 euro per andare dal privato mentre una ragazza, una settimana fa a Terni, le ha detto: “Non ho voce perché da più di un anno aspetto un intervento per togliermi un polipo alla gola”. Anche in questo caso si ripete il vizio della citazione dell’aneddoto, efficace su piano comunicativo, ma da me poco apprezzato.
Sui giornalisti vado più rapido. Mi limito a segnalare una grande confusione nel dibattito che avrebbe bisogno anche di un moderatore con competenze tecniche per evitare affermazioni grossolane o incomprensibili. Cominciamo da Italo Bocchino secondo cui ad esempio:
- le liste di attesa le ha “inventate” la Bindi e le ha create la sinistra che ha usato la sanità come serbatoio elettorale: affermazioni ridicole visto che sono un fenomeno internazionale che ha una lunghissima storia. Lo dimostra un documento del Consiglio Europeo che cita un Comitato di Esperti che se ne è occupato nel 1997;
- secondo Bloomberg saremmo come sanità al quarto posto nel mondo: vero, peccato che sia una classifica uscita nel 2018;
- la spesa sanitaria pro capite sarebbe passata secondo l’ISTAT dai 2.144 del 2019 ai 2.947 del 2024 con un incremento del 20% che poi Bocchino ha ricalcolato al 40%: lasciando perdere il calcolo sballato delle percentuali, il dato si ritrova anche nella pubblicazione OCSE Health at a glance coi dati però del 2022 riportata anche qui su Qs, ma si tratta di una spesa che comprende anche quella privata che in Italia è particolarmente alta.
Una sola affermazione riprendo invece da Massimo Giannini, per il resto convincente, che si è perso in una confusa contestazione dell’aggiornamento dei LEA ricordato da Meloni, LEA che Giannini ha chiamato LEP e che ha assimilato ai costi standard che non c’entrano niente. Ha anche tirato fuori come esempio il problema del diverso costo delle siringhe nelle diverse Regioni il che mi ha fatto capire quanto si fosse perso su questo argomento.
Niente da dire sulle affermazioni fondate dell’altra giornalista Fiorenza Sarzanini, che ha ricordato tra l’altro il sottofinanziamento e la sottovalutazione dei servizi per i Disturbi del Comportamento Alimentare. Quanto a Lilli Gruber, brava come sempre ma un po’ disorientata data la specificità del tema, ho apprezzato la sua sottolineatura che prendersela come fa il Governo sulle liste di attesa con le Regioni pare un po’ strano, visto che in maggioranza le Regioni sono governate dal centrodestra.
Ognuno si può fare una sua idea sulla familiarità di politici e giornalisti sulla sanità. La mia è che troppo scarsa e ne risente sia la qualità delle politiche sanitarie che la qualità della comunicazione giornalistica.
Claudio Maria Maffei
16 maggio 2025
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