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In Lombardia ad oggi aperte 47 Case di Comunità sulle 216 previste. Servizi a macchia di leopardo e scarsa presenza medica

I primi risultati dell’indagine in corso sulle Case di Comunità in Lombardia coordinata dal Centro Studi di Politica e Programmazione Socio-Sanitaria dell’Istituto Mario Negri. “Quello che è emerso dall’analisi dei primi dati è che in genere sono state collocate in strutture già esistenti, soprattutto ex-poliambulatori, e sono il frutto di una riorganizzazione di servizi già disponibili piuttosto che la creazione e implementazione di nuovi modelli organizzativi indirizzati all’approccio interdisciplinare e al lavoro in equipe multi professionali”.

31 MAR -

Presentati, in un workshop all’Istituto Mario Negri, i primi risultati dell’indagine in corso sulle Case di Comunità in Lombardia coordinata dal Centro Studi di Politica e Programmazione Socio-Sanitaria dell’Istituto. L’indagine ha per obiettivo la valutazione comparativa dei modelli organizzativi attualmente implementati nelle Case di Comunità già aperte in Lombardia rispetto agli standard previsti dalle normative nazionali e regionali in termini di struttura, servizi e personale socio-sanitario coinvolto: la Regione Lombardia ha programmato di aprire 216 Case di Comunità, secondo le indicazioni del PNRR, entro il 2026. Ad oggi ne risultano aperte 85 e i dati presentati hanno riguardato 47 strutture per cui l’indagine è stata completata.

Attraverso una scheda predisposta ad-hoc sono state raccolte informazioni sugli aspetti organizzativi, sul loro funzionamento e sullo stato di avanzamento dei lavori. Le diverse strutture sono state personalmente visitate da un gruppo di ricercatori appositamente formati, a partire dal luglio del 2022, che si sono confrontati con i coordinatori e il personale presente. “La fotografia che emerge - spiega Alessandro Nobili del Centro Studi di Politica e Programmazione Socio-Sanitaria - è che le attuali Case di Comunità già avviate presentano un panorama eterogeneo per tipologie organizzative, quantità e qualità dei servizi offerti. Ad oggi, poche rispondono completamente agli standard nazionali e regionali, anche se la situazione va considerata in continua e progressiva evoluzione, anche per rispettare le scadenze imposte dalla Mission 6 del PNRR”.

“Quello che è emerso dall’analisi dei primi dati – continua Angelo Barbato del Centro Studi di Politica e Programmazione Socio-Sanitaria - è che in genere sono state collocate in strutture già esistenti, soprattutto ex-poliambulatori, e sono il frutto di una riorganizzazione di servizi già disponibili piuttosto che la creazione e implementazione di nuovi modelli organizzativi indirizzati all’approccio interdisciplinare e al lavoro in equipe multi professionali. L’innovazione principale riguarda la dotazione di figure di nuova introduzione come gli infermieri di famiglia e comunità, che al momento coordinano ed erogano la maggior parte delle attività, mentre ancora molto limitata e frammentata è la presenza dei medici di medicina generale e il collegamento coi servizi sociali del territorio e con le associazioni del terzo settore”. L’indagine, avviata dal Mario Negri, proseguirà nei mesi a seguire e i risultati saranno periodicamente resi pubblici



31 marzo 2023
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