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Sabato (Simet): “In Lombardia medicina generale sotto attacco da 10 anni”

Secondo il sindacato, nella Regione, fin dal 2005 è in atto un progressivamente esautoramento della Medicina Generale. In questo lungo percorso la riforma della cronicità è solo l’ultimo atto

05 GIU - Da almeno dieci anni, in Lombardia, è in corso “un attacco in piena regola alla Medicina Generale da parte della Regione, che non ha mutato il proprio atteggiamento negli anni successivi, caratterizzati da un progressivo depotenziamento ed espropriazione dei compiti del medico di famiglia”.

È la conclusione a cui giunge Antonio Sabato, segretario provinciale Simet (Sindacato Italiano MEdici del Territorio) e responsabile area Medicina Generale Simet Lombardia, passando in rassegna un decennio di provvedimenti varati dalla Regione in questo settore.

Lo spunto è un articolo sulla stampa specializzata di Giuseppe Remuzzi, direttore del Dipartimento Medicina AO Giovanni XXIII Bergamo e ricercatore dell'Istituto Mario Negri¸ esperto di sistemi sanitari. Nell’articolo, Remuzzi affermava in riferimento alla presa in carico dei pazienti cronici che “è il medico di famiglia che li conosce, li vede quasi ogni settimana e ha, lui e nessun altro, il compito di tutelare la loro salute"… “La gestione dei cronici va intanto messa nero su bianco nella convenzione”.

“Parole sacrosante, che Simet Lombardia condivide in toto, ma sarebbe più corretto affermare che la gestione dei cronici va “ri-messa” nero su bianco nelle convenzione”, precisa il sindacalista che ripercorre il percorso che ha portato alla situazione odierna. 

"Con le delibera attuative per la presa in carico della cronicità numero X/6551 del 4 maggio 2017, X/7308 del 3 agosto 2017 e X/7655 del 28/12/2017 ha preso il via la riforma del Sistema Sanitario Lombardo (Legge 23/2015) ma il progetto di espropriazione del medico di famiglia dai suoi compiti istituzionali nasce da più lontano, ed esattamente dal 2005”, spiega Sabato in una nota.

“Risale infatti all’accordo regionale per la medicina generale del 2005 il tentativo di diminuire drasticamente il numero dei medici di famiglia in Lombardia, allorché fu equiparato il rapporto ottimale con il massimale con la conseguenza che il si persero 900 posti di medico di famiglia. Nel 2007 il rapporto ottimale fu ridotto a 1.300 ma, in violazione della convenzione nazionale, fu esteso su tutto il territorio regionale, e ci volle un intervento del TAR della Lombardia per obbligare la Regione al rispetto delle norme nazionali”.

Più tardi, “nell’ACN del 2009 vennero inserite 2 novità: la modifica del comma 9 dell’art.33, che dava la possibilità di estendere su tutto il territorio regionale il rapporto ottimale a 1/1300, provvedimento gradito alle principali OO.SS., e la modifica dell’articolo 29, in cui veniva soppresso il punto 8 che nel comma b affidava al medico di famiglia la gestione delle patologie croniche”. 

“La contemporaneità dei due provvedimenti fu casuale? Oppure ci fu uno scambio di favori?”, si chiede il Simet. “Impossibile dirlo. Ma chi volle la soppressione del punto 8 dell’articolo 29? Alla luce degli eventi susseguitesi da allora fino ad oggi non sembra azzardato ipotizzare che la regione Lombardia abbia avuto un ruolo determinante nell’intera vicenda”.

Si arriva così al 2010, quando nacque il CReG, “che possiamo senza dubbio definire il precursore dell’attuale modello di gestione dei cittadini affetti da patologie croniche. Nell’allegato 14 della Dgr n. 937 dell1.12.2010, inerente le regole di gestione del sistema sociosanitario del 2011, la Regione giudicava negativamente l’organizzazione delle cure primarie affermando che ‘manca, in termini complessivi, delle premesse contrattuali e delle competenze cliniche, gestionali ed amministrative richieste ad una organizzazione che sia in grado di garantire una reale presa in carico complessiva dei pazienti cronici al di fuori dell’ospedale’”.

Così si arriva all’ultima riforma della cronicità. 
Mentre le delibere regionali “sono in attesa di giudizio da parte del TAR che dovrà sentenziare se con la loro applicazione il medico di famiglia verrà privato di una delle sue prerogative principali, ovvero la gestione in toto della salute del suo assistito, anche di quello affetto da patologie croniche.
Nel frattempo a certificare il fallimento del tentativo strisciante di privatizzazione della medicina generale sono stati i cittadini lombardi che in grandissima maggioranza non hanno aderito al nuovo modello regionale di presa in carico delle cronicità”, conclude Sabato.

05 giugno 2018
© Riproduzione riservata

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