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La riforma della sanità lombarda è pericolosa per l’Italia intera 

21 OTT - Gentile Direttore,
la necessità di procedere ad una revisione della legislazione sanitaria della Lombardia nasce dal fatto che il Governo Renzi (Ministra Lorenzin) per non impugnare la legge di Maroni, chiese a Regione di considerare la legge regionale 23 del 2015 come sperimentale dando un termine di 5 anni per la sua valutazione. Il destino ha voluto che la scadenza coincidesse con l’anno pandemico che, proprio a causa della confusione in cui verteva il sistema sanitario lombardo, ha colpito più duramente la Lombardia rispetto ad altre regioni. La sperimentazione verteva, infatti, sulla sostituzione delle ATS e ASST in luogo della ASL, ente previsto dalla normativa nazionale che fissa i principi fondamentali a cui il sistema sanitario regionale deve attenersi.

La pandemia ha evidenziato i limiti della soluzione adottata in Lombardia per effetto di una catena di comando non adeguata a causa di vuoti nell’ambito delle competenze tra ATS e ASST. Basta pensare alla mancata attuazione della medicina territoriale dimenticata dalle ASST perché impegnate nella gestione del polo ospedaliero e dalle ATS che di fatto pensano solo al polo ospedaliero privato con l’attività di contrattualizzazione.

Il territorio, e quindi l’attività di MMG e PLS oltre ai MCA, è stato volutamente abbandonato, tramite questa “disorganizzazione”, in quanto la Regione, fin dai tempi di Formigoni, ha sempre privilegiato l’attività ospedaliera al fine di favorire gli “amici” del settore privato. E’ di tutta evidenza, peraltro, che dall’avvento di Formigoni (oltre 25 anni or sono), il privato è passato da 6 IRCCS a 14 mentre il pubblico è rimasto fermo a 5. Gli IRCCS beneficiano di maggiorazioni tariffarie del 25 % rispetto alle altre strutture ospedaliere. Tutto questo significa che la medesima prestazione fatta al San Donato rispetto al Sant’Anna di Como rende il 25 % in più al privato e, ovviamente, questo maggior prezzo è pagato dalla fiscalità generale.  

La sanità pubblica territoriale (che fino ad ora si è rivelata poco appetibile per il privato) è stata pertanto sacrificata sull’altare del profitto e degli interessi della sanità privata di natura ospedaliera, questa sicuramente di eccellenza, ma proprio per questo ha effetti ancora più distorsivi sul sistema sanitario nazionale. La sanità privata si muove per ragioni di profitto e per conquistare nuovi mercati come è naturale che faccia un’impresa commerciale e attrae ogni anno migliaia di pazienti di altre regioni per un valore della mobilità attiva pari a 450 milioni. Questo genera però uno squilibrio rispetto alle altre regioni che impoverendosi (come quando uno Stato ha la bilancia commerciale in passivo) non sono in grado di fare degli investimenti in strutture sanitarie tali da garantire ai loro cittadini le cure in loco.

Oltre allo squilibrio territoriale si aggiunge una barriera economica per cui solo i più abbienti possono permettersi i viaggi in Lombardia, mentre gli indigenti sono costretti a curarsi in luoghi in cui, a causa della “concorrenza” effettuata dalla sanità privata, non ci sono strutture pubbliche adeguate. La proposta di legge in discussione, anziché fare una completa revisione del sistema a partire dai principi della legge 31 del 1997 di Formigoni, si limita a correggere le poche prescrizioni inviate dal Ministero della Salute e ad introdurre le misure del PNRR per ottenere i relativi vantaggi finanziari. Ed è qui che il progetto di legge assume dei contorni che sono oltremodo pericolosi. Perché con la scusa degli ingenti fondi del PNRR ottenuti dall’ex Presidente del Consiglio Conte, si modifica in malo modo una legge che non funziona, permettendo che le somme del Recovery Plan possano essere spese a vantaggio del settore privato che ha la finalità di soppiantare il settore pubblico come è normale che sia in un mercato concorrenziale in cui si compete ad accaparrarsi le maggiori quote di mercato e ottenere così profitti da posizioni oligopolistiche o monopolistiche.

Dietro banali slogan mutuati dal progetto dell’ex Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte per il rilancio di una sanità pubblica territoriale, sacrificata sull’altare dello scambio politico elettorale sulla sanità ospedaliera privata, si nasconde quindi un disegno che è potenzialmente eversivo. Se la Lombardia ha potuto in 25 anni passare da una penetrazione del mercato a favore del privato fino a quasi il 50 %, ed in sostanza ad abusare della propria autonomia per far crescere un settore in favore dei propri “amici” imprenditori che campano grazie ai trasferimenti pubblici, è chiaro che se questo sistema non viene fermato potrebbe essere mutuato da altre realtà regionali, con il rischio che da 20 sanità regionali si arrivi alla completa privatizzazione del sistema sanitario nazionale e a mettere a rischio il concetto di Repubblica una ed indivisibile.  

La partita politica dietro a questa legge è pertanto molto più importante di quanto sembra ed ha lanciato i primi allarmi durante la pandemia, quando il governatore Fontana lanciava accuse al governo nazionale di non aver messo la Lombardia nelle condizioni di affrontare la pandemia. La storia ci ha poi insegnato che le inefficienze lombarde hanno portato a due zone rosse per invio di dati errati al Ministero e che se la Vice- Presidente Moratti non sostituiva ARIA (Società acquisti di Regione Lombardia) con Poste Italiane, probabilmente la campagna vaccinale non sarebbe mai decollata. Chiaramente dietro queste polemiche che sembrano di pura narrazione giornalistica, si cela una lotta per il potere enorme che va oltre i 19 miliardi messi a bilancio nel sistema sanitario lombardo ma che ha come obiettivo il residuo fiscale lombardo.

Per capire come verrebbe speso questo residuo, qualora la Lombardia avesse la massima libertà possibile, basta quindi vedere come verranno spesi i soldi del PNRR. Nell’ambito della cornice europea tali risorse dovrebbero essere spese per la tutela della salute e quindi con le finalità di un principio di solidarietà e equità. Ma se tali risorse vengono poi assegnate in base al concetto di equiparazione pubblico-privato e di competizione di mercato, è evidente che le finalità della sanità privata che è essenzialmente il “profitto” è assolutamente antitetica con quella del sistema sanitario universalistico e tendenzialmente gratuito garantito dalla nostra Costituzione.

Per questi motivi occorre che il dibattito su quello che sta avvenendo in Lombardia, oltre ad essere ben chiaro ai lombardi, debba essere trasmesso oltre i confini regionali. Perché in gioco ci sono più di un principio costituzionale e il ruolo che avrà il Governo quando dovrà decidere se impugnare la normativa regionale assumerà dei contorni che andranno oltre il fatto contingente. Ed è forse il motivo per cui si è arrivati al governo del “dentro tutti” con la finalità di andare verso un sistema economico sociale molto distante da quello che risiede nella nostra Costituzione per abbracciare il più sfrenato liberismo, probabilmente molto caro a Draghi e alla comunità finanziaria di cui è autorevole esponente.

Marco Fumagalli
Consigliere regionale M5S Lombardia


21 ottobre 2021
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