28 gennaio -
Gentile Direttore,sembra che la questione sulla dipendenza dal Ssn dei medici di medicina generale, sia diventata centrale nel dibattito di questi giorni, tanto da aver suscitato una netta presa di posizione da parte del sindacato maggioritario. Ovviamente, nel proclamare il netto rifiuto di questa soluzione, indicandola come minacciosa per il rapporto fiduciario medico-paziente. Tra le tante amenità sentite in trenta anni di lavoro come medico di base tra le Dolomiti bellunesi, questa è la più grossolana panzana partorita in mala fede da parte di un sindacato.
Non credo che la panzana nasca da una non conoscenza del lavoro del medico mmg, poiché i latori della mirabile perla di intelligenza sono addetti ai lavori, pertanto, devo prendere atto di una anomalia di fondo nel pensiero sindacale: la costante preoccupazione per i privilegi della poltrona nello status in cui versa la Medicina del territorio, e non certo dalla pretesa tutela delle persone-pazienti. E’ ben vero che la relazione con il paziente è lo strumento di lavoro fondamentale per il medico mmg, e altrettanto vero che questo medico è la prima, e a volte anche l’ultima, risorsa del paziente, ma affermare che tale relazione sia la conseguenza del contratto di lavoro con cui opera il medico, è come affermare che la forza di un esercito in guerra dipende dal salario con cui viene pagato il soldato. Questa affermazione è anche implicitamente offensiva per il medico in questione, perché salta ogni posizione etica e rimane in piedi solo l’importanza di un contratto di lavoro.
E’ grave che un sindacato non consideri che NON siamo mercenari al soldo, ma professionisti che lavorano con un’etica professionale, indipendentemente dal contratto di lavoro. Capisco la posizione politica di un sindacato, ma è riprovevole che un medico cada in una svalutazione così venale della professione medica.
Spostiamo la questione sui dati di fatto. La prima è che siamo l’unica categoria lavorativa, pagata dallo Stato che non usufruisce di ferie, malattia, e che produce servizi completamente a proprie spese, dal telefono alla carta igienica. L’unica categoria che nell’Anno Domini 2025 deve preoccuparsi di non ammalarsi per non perdere reddito. L’unica categoria che non ha un datore di lavoro, ma millecinquecento, ognuno con le proprie idee in fatto di assistenza sanitaria. Dal 1978 ad oggi, nessun sindacato è stato in grado di cambiare queste cose, a tutela del lavoro. E questo, è un dato di fatto, colpevole.
Il secondo dato di fatto è che la macchina non funziona più. Basterebbe considerare quanti stanno fuggendo dal SSN, quanti pazienti ricorrono ormai alle mani per difendere un diritto alla salute, quanto la sanità privata si stia appropriando di spazi sempre maggiori e quanto la politica stia ancora una volta sbagliando in una riforma che guarda solo all’edilizia e non al personale medico.
L’involuzione del sistema riguarda anche noi medici, la scelta di tanti di fare ambulatorio per appuntamento è una chiara ritirata in difesa. La medicina del territorio è una medicina di prossimità e di presenza capillare, di primo impatto, non può essere organizzata come una medicina specialistica di secondo livello, per appuntamenti. Questo significa snaturare quello che è sempre stata la Medicina del Territorio: pronta risposta alla gente. Ridurre gli accessi è una scelta in difesa ma non funzionale. E’ cambiata la gente, in un’epoca di iperconnessione, paradossalmente è saltata proprio la capacità di relazione personale, si comunica per mail e social, ma il rapporto tra persone è diventato solo consumistico, utilitaristico. Così, è stata banalizzata anche la Medicina, facendo credere alla gente che tutto sia a portata di click. Tutto facile e rapido, ma il tempo della cura non è né facile, né rapido. Così, è saltato anche quel rapporto fiduciario tanto decantato dal sindacato. Si scrive al medico solo per una ricetta, impegnativa, certificato, importante è riceverli senza scomodarsi, poi un medico vale l’altro.
La vera riforma è ricostruire l’ autorevolezza e credibilità professionale dei medici, con gli strumenti istituzionali che ne tutelino il lavoro e l’immagine. Se abbiamo perso tutto questo in quaranta anni, qualche responsabilità non è anche dei sindacati? Vogliamo, una buona volta, tutelare veramente i medici e non la poltrona? E i pazienti, soprattutto.
Enzo BozzaMedico MMGVodo e Borca di Cadore (BL)