Partoanalgesia. La Asl di Olbia apripista in Sardegna con la miscela col protossido d’azoto

Partoanalgesia. La Asl di Olbia apripista in Sardegna con la miscela col protossido d’azoto

Partoanalgesia. La Asl di Olbia apripista in Sardegna con la miscela col protossido d’azoto
L’esperienza delle partorienti che in questi hanno usufruito della metodica è stata positiva. Passaro: “La donna lo inala in genere in corrispondenza della doglia, in modo da innalzare la soglia del dolore per giungere al parto contrastando il dolore”. Peppi: “Ha superato le nostre previsioni, tanto che abbiamo dovuto implementare la fornitura delle bombole per il futuro”.

In Sardegna già dallo scorso anno ci si preparava ad introdurre la tecnica di analgesia alter-nativa per alleviare il dolore del parto consistente nella somministrazione di una miscela costituita da protossido d’azoto (50%) ed ossi-geno (50%). Oggi questa possibilità diventa realtà. La Asl Gallura, con l’Ospedale Giovanni Paolo II di Olbia, fa da apripista nell’isola a questa metodica, grazie alla collaborazione tra le Strutture Complesse di Ostetricia e Ginecologia e di Anestesia e Rianimazione.

Sentito da Quotidiano Sanità, il direttore dell’unità operativa di Ostetricia e Ginecologia, Giangavino Peppi, spiega: “Nel nostro ospedale che è anche un punto di riferimento delle donne di Tempio e di La Maddalena, dove per requisiti di sicurezza dettati dal DM 70 sono stati chiusi i punti nascita, oggi le partorienti per contrastare il dolore durante il travaglio possono scegliere se avvalersi della somministrazione per via inalatoria di una miscela costituita da protossido d’azoto (50%) ed ossigeno (50%)”.

“In più – prosegue Peppi -, oltre alle tecniche farmacologiche di controllo del dolore, è sempre attivo anche il servizio di parto in acqua. Il parto in acqua consente infatti di affrontare il travaglio con meno dolore grazie ai benefici dell’acqua calda, che favorisce il rilassamento muscolare e contribuisce a ridurre le contrazioni uterine. In proposito, l’equipe di Ginecologia valuta singolarmente i casi in cui è possibile usufruire del servizio che non è opzionabile, ad esempio, in occasione di parti prematuri, quando il bimbo è podalico oppure in altre situazioni in cui riscontriamo anomalie che sono invece superabili con un parto tradizionale”.

“Dal momento in cui la partoanalgesia è entrata nei livelli essenziali di assistenza – sottolinea il ginecolo -, abbiamo anche noi redatto il protocollo per introdurre le rispettive metodiche di analgesia del travaglio del parto. Oggi il mio impegno all’interno anche dell’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani (Aogoi), di cui segretario regionale, sarà anche quello di portare la nostra esperienza e trattare l’argomento affinché la somministrazione per via inalatoria della miscela costituita da protossido d’azoto (50%) ed ossigeno (50%) possa diventare una tecnica estesa anche nel resto degli ospedali del nostro territorio”.

Interviene il direttore della struttura complessa di Anestesia e Rianimazione, Roberto Passaro, che ci evidenzia: “La miscela di protossido di azoto e ossigeno è utilizzata in travaglio di parto anche in altre realtà. Le pazienti firmano tutte un consenso informato. Il protossido è un farmaco a tutti gli effetti che una volta veniva utilizzato per approfondire il piano anestesiologico durante gli interventi chirurgici in sala operatoria. In sala travaglio le partorienti hanno quindi a disposizione delle bombole premiscelate in cui è garantita una percentuale al 50% del protossido d’azoto e dell’ossigeno, rendendo impossibile così l’uso a concentrazioni superiori. Non ci sono quindi complicanze particolari e non risulta dalla letteratura scientifica un passaggio del protossido a livello fetale. Anche a livello ambientale, se vogliamo puntualizzare sulla sicurezza anche per gli operatori sanitari che assistono al parto, esistono dei dispositivi a muro che impediscono che il protossido venga disperso nell’aria”.

“L’inalazione – approfondisce Passaro – avviene tramite una particolare mascherina che aderisce al volto, e, in inspirazione, permette l’apertura di una valvola, collegata direttamente alla bombola. L’effetto del farmaco è di breve durata. Potremmo dire che è una somministrazione on demand : la donna decide autonomamente quando inalarlo, in genere in corrispondenza della doglia, in modo da innalzare la soglia del dolore per giungere al parto contrastando il dolore. In caso di urgenza-emergenza ostetrica in ospedale è comunque sempre presente un anestesista di guardia”.

“La nostra esperienza – conclude il Dr. Peppi – in questi mesi è stata positiva ed ha superato le nostre previsioni, tanto che abbiamo dovuto implementare la fornitura delle bombole per il futuro”.

Elisabetta Caredda

Elisabetta Caredda

21 Settembre 2023

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