Cancro al seno. Il 70% delle donne con tumore in fase iniziale può evitare la chemioterapia

Cancro al seno. Il 70% delle donne con tumore in fase iniziale può evitare la chemioterapia

Cancro al seno. Il 70% delle donne con tumore in fase iniziale può evitare la chemioterapia
TAILORx, il più grande trial mai effettuato sul tumore della mammella, dimostra che la chemioterapia non serve nel 70% delle donne con neoplasia in fase iniziale, ormono-responsiva, HER-2 negativa, dopo l’operazione. A stabilirlo è stato Oncotype, un test sull’espressione di 21 geni tumorali, utilizzato nello studio. Adesso bisognerà affrontare il problema dei costi visto che per questo test si aggirano sui 3 mila euro. Lo studio è stato finanziato dai National Institutes of Health americani e avrà ricadute immediate nella pratica clinica.

Medicina di precisione significa anche fare a meno delle terapie inutili e potenzialmente dannose. A dimostrarlo in pratica è uno degli studi che ha suscitato maggior interesse al congresso dell’ASCO, lo studio TAILORx (Trial Assigning IndividuaLized Options for TReatment). Questo trial di fase III ha confrontato due strategie terapeutiche, quella chemio-endocrina con quella endocrina pura su oltre 10 mila pazienti con carcinoma della mammella ormono-positivo, HER2-negativo, con linfonodi negativi. L’assegnazione ad un gruppo o all’altro di trattamento veniva fatta sulla base dei risultati del test Oncotype DX® Breast Recurrence Score, che testa l’espressione di 21 geni tumorali.
 
Lo studio, dopo un follow-up medio di 7,5 anni, non ha dimostrato alcun vantaggio della chemioterapia sulla sopravvivenza libera da progressione di malattia (83,3% versus 84,3%), sulle recidive a distanza (94,5% versus 95,0%), e sulla sopravvivenza globale (93,9% versus 93,8%), quando le donne a prognosi intermedia di recidiva (secondo i risultati del test, quelle con un punteggio di Breast Recurrence Score compreso tra 11 e 25) venivano trattate con chemioterapia in aggiunta alla terapia endocrina, rispetto alla sola terapia endocrina. Un dato già importante di per sé, ma che numericamente è ancora più impattante se si pensa che questa tipologia di pazienti rappresentava i 2/3 di tutte le partecipanti allo studio.
 
Lo studio ha anche evidenziato che il gruppo che può trarre maggiori benefici dalla chemioterapia era rappresentato dalle donne con meno di 50 anni e un Breast Recurrence Score compreso tra 16 e 25. Le donne che totalizzavano al test un punteggio inferiore a 10 infine erano quelle che avevano i tassi più bassi di recidiva con la sola endocrino-terapia, a prescindere dall’età. Quelle con un Recurrence Score superiore a 26, per contro erano quelle a prognosi peggiore, con un tasso di recidive a distanza del 13% nonostante l’associazione chemioterapia- ormono-terapia.
 
Quali sono le donne con carcinoma della mammella in fase iniziale che possono evitare la chemioterapia
I risultati dello studio suggeriscono dunque che la chemioterapia possa essere evitata in tutte le donne oltre i 50 anni d’età, con positività dei recettori ormonali, HER-2 negative, senza metastasi linfonodali e un Recurrence Score compreso tra 0 e 25 (condizioni presenti nell’85% delle donne di questa fascia d’età).
La strategia chemio-free può inoltre essere applicata anche a tutte le donne al di sotto dei 50 anni, con tumori ormono-positivi, HER-2 negativi, senza metastasi linfonodali e con Recurrence Score compreso tra 0 e 15 (circa il 40% delle donne con carcinoma della mammella di questa fascia d’età).
 
Secondo gli esperti riuniti all’ASCO i risultati del TAILORx, il più grande trial sul carcinoma della mammella mai effettuato e il primo trial in assoluto sulla medicina di precisione, sono così dirompenti da poter essere riversati immediatamente nella pratica clinica, risparmiando così a migliaia di donne gli effetti indesiderati (e inutili) della chemioterapia. Lo studio è stato finanziato dai National Institutes of Health, con il supporto della Komen Foundation e dello U.S. Postal Service Breast Cancer Stamp.
 
“Metà di tutti i tumori della mammella – spiega Joseph A. Sparano, condirettore della Ricerca Clinica presso l’Albert Einstein Cancer Center e Montefiore Health System di New York, oltre che vice-direttore del Gruppo di Ricerca sul Cancro ECOG-ACRIN, primo autore dello studio – esprimono recettori ormonali, sono HER2 negativi e non hanno dato metastasi linfonodali. Questo studio dimostra che è possibile risparmiare la chemioterapia  al 70% circa di questa tipologia di pazienti, facendosi guidare nella decisione da questo test che è in grado di prevedere quali pazienti possono beneficiare dalla chemio e quali no”.
 
Il test che permette di evitare la chemio costa però ancora molto
"Anche in Italia – afferma Francesco Cognetti, direttore dell'Unità di oncologia dell'Istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma – abbiamo effettuato uno studio simile a quello americano, utilizzando il test che misura il rischio di recidive per queste pazienti con cancro della mammella in fase iniziale, su un campione di 1.752 pazienti operate. Dopo aver effettuato il test, si è determinato un cambiamento della valutazione medica per circa il 25% di queste pazienti, per le quali si è deciso di passare alla sola ormonoterapia, abbandonando la chemio. Questo test ha però ad oggi un problema di costi. Al momento costa circa 3mila euro anche se si va verso degli accordi delle Regioni con l'azienda per ridurne il prezzo".
In questa edizione del congresso dell’ASCO si è parlato molto di de-escalation, di riduzione delle terapie. Qui ci muoviamo in campo ancora diverso, che è quello di disegnare delle strategie terapeutiche su misura, basandosi sulla biologia del tumore, unica per ogni paziente. Questo studio fornisce informazioni importantissime per la condotta terapeutica da tenere nelle pazienti con carcinoma della mammella in fase iniziale a rischio intermedio, che ha finora rappresentato una zona grigia e un problema nella pratica clinica quotidiana.
I risultati completi dello studio sono stati pubblicati in contemporanea alla presentazione all’ASCO, sul New England Journal of Medicine.
 
Maria Rita Montebelli

04 Giugno 2018

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