L’idea potrebbe essere rivoluzionaria: sfruttare la capacità dei farmaci biologici di colpire selettivamente un bersaglio terapeutico per rilasciare non soltanto il loro principio attivo, ma anche la chemioterapia. Il risultato è l’aumento dell’efficacia del medicinale e una drastica riduzione degli effetti collaterali della chemio.
È questo il meccanismo di funzionamento di Trastuzumab-DM1 (T-DM1), che abbina l’anticorpo monoclonale – che ha già inciso in maniera decisiva sul trattamento del cancro al seno – con un potente chemioterapico (il DM1, appunto). Il nuovo prodotto è in fase di sperimentazione e i risultati di uno degli studi in cui si sta testando la sua efficacia (TDM4450) sono stati presentati nel corso del congresso annuale dell’European Society for Medical Oncology in corso a Milano.
Lo studio è il primo lavoro randomizzato di fase II che ha a oggetto questo farmaco. È stato condotto su 137 pazienti colpite da tumore del seno metastatico HER2 positivo precedentemente non trattate e ha confrontato T-DM1 con l’attuale standard terapeutico. “I primi risultati di questo trial sono estremamente positivi”, ha illustrato Luca Gianni dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. “La riduzione del tumore ha mostrato di essere simile nelle donne trattate con T-DM1 e in quelle a cui è stato somministrato trastuzumab in combinazione con la chemioterapia a costo di effetti collaterali molto modesti. Per esempio – ha proseguito Gianni – l’alopecia si è ridotta dal 45% al 2%, così come la neutropenia e la diarrea”.
Ma, forse più importante dell’efficacia specifica del nuovo farmaco sul tumore al seno è la dimostrazione che questo nuovo approccio funziona: “Da un lato, abbiamo a disposizione un’arma rivoluzionaria da utilizzare nel tumore del seno HER2 positivo. Dall’altro T-DM1 è un esempio efficace di quella che viene definita veicolazione specifica della chemioterapia alle cellule bersaglio “, ha dichiarato Marco Venturini, presidente eletto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM). “Sarà sempre più frequente in futuro la messa a punto di molecole con queste caratteristiche”.
Insomma, dopo l’avvento degli anticorpi monoclonali che ha già rappresentato un profondo cambiamento nella lotta ai tumori, “oggi assistiamo a un’ulteriore rivoluzione con strumenti ancora più potenti: i cosiddetti anticorpi armati, di cui T-DM1 rappresenta il capostipite che giunge dopo 30 anni di tentativi falliti di coniugare un anticorpo per andare a bersaglio e una tossina per ucciderlo”, – ha commentato Gianni. “Nel T-DM1 il DM1, impossibile da somministrare da solo per i gravissimi effetti collaterali, si fa portare all’obiettivo del tumore dal trastuzumab senza quasi lasciare traccia sui tessuti sani”.
“Si è aperta una nuova strada maestra – ha concluso l’oncologo – che ci si augura possa portare a un notevole passo in avanti nella lotta al tumore del seno. Viste le premesse c’è da augurarsi lo sviluppo del T-DM1 proceda rapidamente e il farmaco sia presto disponibile per le nostre pazienti”.