La terapia chemioterapica CPX-351 ed il trapianto allogenico nella leucemia mieloide acuta secondaria (s-AML): quanto trattare, quando trapiantare? E’ questa l’analisi real-world italiana condotta su oltre 500 pazienti per la quale l’ASST Valle Olona compie oggi un significativo passo avanti nella ricerca clinica in ambito ematologico con la pubblicazione, sull’American Journal of Hematology (IF 12.8), di uno studio multicentrico italiano coordinato dalla Dr.ssa Elisabetta Todisco, Direttrice della Struttura Complessa di Ematologia e Trapianto di Cellule Staminali Emopoietiche dell’Ospedale di Busto Arsizio, in collaborazione con l’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova.
Lo studio multicentrico, intitolato “Studio real-life sulla durata e la tempistica ottimali per il trapianto allogenico di cellule staminali in pazienti affetti da Leucemia Mieloide Acuta trattati con CPX-351”, ha coinvolto 38 centri ematologici italiani, e riguarda l’efficacia del farmaco CPX-351 nell’indurre la remissione completa permettendo quindi il trapianto allogenico che rappresenta ad oggi l’unica opzione curativa per questa forma aggressiva di malattia.
“La gestione terapeutica della leucemia mieloide acuta secondaria (s-AML) – spiega a Quotidiano Sanità la dr.ssa Elisabetta Todisco – e della leucemia mieloide acuta terapia-correlata (t-AML), rappresenta una delle sfide più complesse nell’ematologia contemporanea. In questo scenario, la terapia chemioterapica CPX-351, una innovativa formulazione liposomiale di daunorubicina e citarabina co-incapsulate con un rapporto molare fisso 5:1 tra i due farmaci, ha dimostrato una superiore efficacia rispetto alla chemioterapia standard in regime 3+7, con miglioramento dei tassi di remissione completa (CR) e della sopravvivenza globale (OS), soprattutto nei pazienti sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche (allo-HSCT) in prima remissione”.
“Tuttavia – prosegue la Direttrice -, persistono interrogativi clinici rilevanti circa la durata ottimale del trattamento con CPX-351, quindi il numero di cicli tra induzione (che mira a portare la malattia in remissione attraverso una chemioterapia iniziale) e consolidamento (che prevede cicli aggiuntivi per eliminare le cellule residue e prevenire le recidive), e la tempistica ideale del trapianto allogenico, con l’obiettivo di massimizzare il beneficio terapeutico e ridurre al minimo il rischio di tossicità cumulative o ritardi potenzialmente dannosi”.
“Condotto in un contesto real-life su un’ampia coorte di pazienti, oltre 500 i pazienti affetti da s-AML arruolati, il nostro studio offre un importante contributo per definire questi aspetti ancora poco chiari nella pratica clinica. Esso ha dunque permesso di analizzare in modo sistematico la durata ottimale del trattamento e la finestra temporale più favorevole per accedere al trapianto allogenico, evidenziando un miglioramento degli outcome (risultati) clinici nei pazienti trapiantati entro un preciso intervallo dopo il ciclo di CPX-351”.
“La popolazione in studio comprendeva 513 pazienti (264 uomini, 249 donne) con un’età media di 65,6 anni (range 19–79), trattati con CPX-351 in 38 centri italiani tra gennaio 2019 e gennaio 2023. Di questi, 108 pazienti presentavano la leucemia mieloide acuta terapia-correlata (t-AML), mentre 405 erano affetti dalla leucemia mieloide acuta secondaria (s-AML) con caratteristiche correlate a sindromi mielodisplastiche (AML-MRC). In quest’ultimo sottogruppo, la diagnosi si basava su criteri morfologici in 101 pazienti e su una documentata storia di Sindromi Mielodisplastiche (MDS) in 304 casi”.
“I risultati mostrano che il 58% (297/513) dei pazienti raggiunge la remissione completa (CR) dopo un singolo ciclo di induzione; nei non responder (pazienti che non hanno risposto adeguatamente a un trattamento) è stato somministrato un secondo ciclo, raggiungendo una remissione completa (CR) complessiva del 66,3% (340/513) dopo due cicli. Interessante notare che i pazienti con mutazione nel gene NPM1, sebbene rari in questa forma di leucemia, hanno risposto molto bene. Anche i casi con mutazione FLT3-ITD, pur tradizionalmente associata a prognosi sfavorevole, non ha inciso negativamente sui risultati”.
“Tra i pazienti in remissione, circa un terzo non ha ricevuto alcun ciclo di consolidamento, il 40,3% ha completato un ciclo di consolidamento, mentre solo il 25% ha completato entrambi i cicli previsti. Nei pazienti non candidabili a trapianto, il completamento dei cicli di consolidamento ha determinato un miglioramento significativo della sopravvivenza mediana (OS 20,36 mesi vs 12,2). Al contrario, nei pazienti candidabili a trapianto di cellule staminali emopoietiche (HSCT), la somministrazione di ulteriori cicli di consolidamento oltre il primo non ha mostrato un vantaggio significativo in termini di sopravvivenza globale (OS)”.
“L’analisi landmark, considerando solo i pazienti in remissione completa (CR) a 90 giorni, ha evidenziato un beneficio netto nel gruppo trapiantato, con sopravvivenza globale (OS) mediana non raggiunta, rispetto a circa 16 mesi nei non trapiantati. Inoltre, l’aggiunta di cicli di consolidamento prima del trapianto non ha migliorato gli outcome, suggerendo che il trapianto dovrebbe essere eseguito tempestivamente dopo la remissione, senza ritardi dovuti al completamento di ulteriori consolidamenti”.
“La partecipazione corale di tutti i centri afferenti alla Rete Ematologica Lombarda e numerosi altri centri italiani ha reso possibile questa analisi, che fornisce insight fondamentali per la gestione della s-AML. I dati indicano chiaramente che, una volta raggiunta la remissione completa, il trapianto allogenico deve essere eseguito senza ritardi per massimizzare i benefici clinici. Nei pazienti non trapiantabili, invece, è cruciale completare la terapia con CPX-351, con evidenti vantaggi in termini di sopravvivenza.”
“Lo studio conferma l’efficacia di CPX-351 nella s-AML e t-AML, anche nella pratica clinica quotidiana. Nonostante i limiti derivanti dalla natura retrospettiva dell’analisi, i risultati offrono evidenze utili per ottimizzare l’impiego del farmaco, in particolare in termini di sequenza terapeutica e programmazione del trapianto. In prospettiva, sarà fondamentale esplorare strategie di mantenimento post-remissione sia nei pazienti trapiantati che in quelli non trapiantati. Grazie al suo profilo di tollerabilità, CPX-351 potrebbe rappresentare una solida piattaforma terapeutica anche per l’introduzione di farmaci target in combinazione, tema su cui sono attualmente in corso diversi studi clinici” – conclude la dott.ssa Todisco.
Elisabetta Caredda