In Italia le malattie cardiovascolari restano la prima causa di morte, responsabili di oltre il 30% dei decessi e di un impatto economico di 20 miliardi di euro l’anno tra costi sanitari e perdita di produttività. Un’emergenza sanitaria e sociale che richiede un piano nazionale in linea con il recente piano strategico per la salute cardiovascolare adottato dalla Commissione europea. Prevenzione e screening nazionali, integrazione ospedale-territorio, programmazione e allocazione delle risorse sono le tre priorità della proposta di “Piano cardiovascolare per l’Italia”, lanciata da Confindustria Dispositivi Medici e dalle principali società scientifiche italiane di cardiologia – Società italiana di cardiologia interventistica (GISE), ITACARE-P, Italian Federation of Cardiology (IFC), Società italiana di cardiologia (SIC) e Società italiana di chirurgia vascolare ed endovascolare (SICVE) per la prevenzione, la diagnosi precoce e la presa in carico dei pazienti.
“Le patologie cardiovascolari – dichiara Paola Pirotta, presidente dell’Associazione Assobiomedicali di Confindustria Dispositivi Medici – sono una minaccia silenziosa, ma ampiamente prevedibile e prevenibile. Per questo riteniamo che investire in prevenzione e in programmi strutturati di screening sia la strada maestra. La manovra 2026 – che rafforza proprio le politiche di prevenzione – rappresenta un’opportunità concreta per includere anche la salute cardiovascolare tra le priorità nazionali. L’industria dei dispositivi medici sostiene, pertanto, il Piano cardiovascolare con investimenti in tecnologie per la prevenzione e la continuità assistenziale. Il nostro impegno è offrire soluzioni sicure che migliorino la qualità delle cure e la sostenibilità del sistema, in collaborazione con istituzioni e comunità scientifica”.
“Il Piano cardiovascolare per l’Italia è un passaggio fondamentale per trasformare la strategia europea in azioni concrete e misurabili a beneficio dei cittadini. Con una spesa pro capite di 726 euro – superiore alla media europea di 636 euro – l’Italia affronta già oggi un peso significativo legato alle malattie cardiovascolari. Questo rende ancora più urgente orientare le risorse verso prevenzione, diagnosi precoce e continuità delle cure. Le società scientifiche sono pronte a contribuire, con competenze e dati, alla definizione di percorsi omogenei su tutto il territorio e all’adozione di tecnologie che possano davvero trasformare la presa in carico dei pazienti”, dichiarano congiuntamente i Presidenti delle società scientifiche GISE, ITACARE-P, IFC, SIC e SICVE.
L’industria e le società scientifiche che hanno aderito al Piano propongono l’avvio di un programma nazionale di screening cardiovascolare per la prevenzione dei fattori di rischio – il 41% della popolazione tra 18 e 69 anni ne presenta almeno tre – che integri tecnologie digitali, dispositivi per il monitoraggio remoto e app di gestione personalizzata del rischio. Per i promotori del Piano, le Case di Comunità, i medici di medicina generale e le farmacie dovrebbero diventare punti di screening e counseling diffuso, riducendo il divario tra ospedale e territorio.
“Pesano oltre 16 miliardi di euro l’anno i ricoveri ospedalieri per la gestione delle patologie cardiovascolari e un ricovero su quattro per scompenso cardiaco o fibrillazione atriale potrebbe essere prevenuto con una gestione più efficace sul territorio”, spiegano in una nota. “L’assenza di un approccio multidisciplinare strutturato e il mancato utilizzo su larga scala di strumenti di telemedicina – proseguono – impediscono un’efficace presa in carico del paziente a lungo termine. La proposta contenuta nel Piano cardiovascolare per l’Italia punta quindi a creare percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) nazionali per uniformare le cure, integrare telemedicina e tecnologie innovative, e rafforzare la continuità assistenziale post-ospedaliera”.
Sul fronte della programmazione e allocazione delle risorse il Piano cardiovascolare per l’Italia suggerisce una riorganizzazione dell’offerta sanitaria centrata sulla gestione integrata delle patologie e non solo sulle singole prestazioni. Si propone inoltre l’aggiornamento del Piano Nazionale Esiti (PNE) in collaborazione con AGENAS e le società scientifiche, per misurare gli outcome clinici, migliorare la qualità dei percorsi e rendere sostenibile l’adozione delle tecnologie innovative.