Medicina di genere: al via uno studio sulla psoriasi

Medicina di genere: al via uno studio sulla psoriasi

Medicina di genere: al via uno studio sulla psoriasi
Valuterà l’influenza del genere sulla differente incidenza di effetti collaterali in uomini e donne affetti da psoriasi in trattamento con ciclosporina.

È la prima volta che succede in Italia: un’azienda farmaceutica (Novartis) ha avviato uno studio osservazionale di genere sulla psoriasi (Gender Attention). Valuterà in modo specifico l’influenza del genere sulla differente incidenza di effetti collaterali in uomini e donne affetti da psoriasi in trattamento farmacologico con ciclosporina. 
Lo studio è stato presentato oggi a Roma e segna un importante passo in avanti nell’affermazione in Italia della medicina di genere, un’area di ricerca consolidatasi negli USA a partire dagli anni ’80 e che studia il modo in cui l’appartenenza al genere, maschile o femminile, condiziona lo sviluppo e l’impatto delle malattie e la risposta alle terapie.
"Per troppo tempo la medicina, come un abito di sartoria, è stata tagliata sui corpi degli uomini", ha commentato Flavia Franconi, professoressa di Farmacologia e presidente del GISeG. "Lo studio ha un obiettivo molto rilevante ed innovativo: quello di indagare sia l’uomo che la donna nelle loro differenze e nelle loro somiglianze nella risposta ai trattamenti farmacologici. Infatti, la medicina di genere non è una medicina che studia solo 'il femminile', ma è la medicina che vuole arrivare all’equità nella prevenzione e nella cura. È la strada verso i trattamenti personalizzati: per avere cure individuali ci vorrà del tempo, ma questo è un primo, importante, mattone".
È ormai chiaro da tempo che uomini e donne si ammalano in maniera diversa e che una stessa patologia può avere un impatto differente su di loro. Inoltre, rispetto agli uomini le donne sono colpite con maggiore frequenza (da 1,5 a 1,7 volte) e in maniera più pesante dagli effetti collaterali delle terapie. Questo dipende da molti fattori, incluso il fatto che i farmaci sono poco studiati sulle donne, nonostante ne siano le maggiori consumatrici.
Proprio alla luce di queste evidenze scientifiche, un maggiore coinvolgimento delle donne negli studi clinici è ormai considerato una priorità dalle istituzioni sanitarie. "Sono ormai diversi anni che le autorità sanitarie internazionali come OMS e FDA sottolineano l'importanza di un’equa rappresentanza dei generi negli studi clinici. Novartis, prima tra le aziende farmaceutiche, ha deciso di raccogliere questa sfida, avviando in Italia uno studio osservazionale di genere", ha affermato Maria Delia Colombo, Scientific Alignment Manager di Novartis Farma, Italia. “Lo studio Gender Attention riflette la visione strategica di Novartis, che si traduce in un impegno continuo per la ricerca sulle molecole, anche quelle di uso consolidato come la ciclosporina, allo scopo di conoscerle sempre meglio e di adattarle alle specificità dei pazienti, incluse quelle di genere".
Nello studio Gender Attention, l’influenza del fattore genere sull’insorgenza di effetti collaterali sarà valutata rispetto a uno dei farmaci che più ha inciso nella storia dell’immunologia: la ciclosporina. Introdotta in Italia nel 1983 è il primo immunosoppressore che ha reso possibile il controllo della reazione di rigetto nei trapianti d’organo e il controllo efficace delle più diffuse malattie autoimmuni, come la psoriasi e l’artrite reumatoide. Oltre a rilevare eventuali differenze tra donne e uomini nell’incidenza di effetti collaterali, lo studio ha anche l’obiettivo di esplorare l’esistenza di eventuali relazioni tra questi e le variazioni dei livelli ormonali nelle donne e infine valutare la soddisfazione complessiva del paziente nei confronti della terapia con ciclosporina.
Allo studio, condotto su circa 1.200 pazienti, parteciperanno circa 50 Centri ambulatoriali di Dermatologia convenzionati con il Servizio sanitario nazionale.
"Il caso della psoriasi dimostra che l’appartenenza di genere determina come ciascuna patologia si declini nel corpo umano e come esista una diversità nella percezione dello stato di malattia e nel modo in cui viene affrontato il percorso di cura", ha commentato Alessandra Graziottin, direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica dell'ospedale San Raffaele Resnati. “L’impatto di questa patologia sull’autostima della donna è assai più forte di quanto possa essere per un uomo e questo genera un contraccolpo depressivo, con effetti negativi sull’aderenza alla terapia".
Dal canto loro le istituzioni negli ultimi anni hanno posto sempre maggiore attenzione alla medicina di genere: nel 2008 l’Istituto superiore di sanità ha avviato, con un finanziamento del ministero della Salute, il progetto “Salute della donna”, che ha come obiettivi quelli di studiare protocolli di prevenzione genere-mirati, approntare linee guida specifiche per il genere femminile e studiare le influenze dell'ambiente e del ruolo sociale della donna sulla salute per suggerire provvedimenti operativi. "La medicina di genere deve essere uno dei cardini della sanità pubblica: perché solo l’appropriatezza della cura è in grado di tutelare veramente la salute della donna. Il lavoro sull'appropriatezza terapeutica nei confronti della donna, inoltre, ha un significato più ampio: fa parte di un approccio personalizzato alla cura, che riguarda anche gli uomini, i bambini, gli anziani, perché siamo tutti uguali ma tutti diversi", ha concluso Stefano Vella, direttore del Dipartimento del Farmaco dell'Istituto Superiore di Sanità".


In occasione del lancio dello studio, inoltre, arriva sul web un cortometraggio, realizzato con il Patrocinio scientifico del GISeG (Gruppo Italiano Salute e Genere).


02 Febbraio 2011

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