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La sanità privata: due o tre cose che so di lei

di Claudio Maria Maffei

Siccome il dibattito sul rapporto pubblico - privato resterà aperto, vorrei sulla base degli scambi del ping pong dialettico Mario Negri - AIOP fare qualche considerazione.

10 MAR -

Qui su QS c’è da qualche tempo una sorta di ping pong dialettico sul rapporto pubblico - privato tra il Presidente dell’Associazione Italiana Ospedalità Privata (AIOP), Barbara Cittadini, e Livio Garattini e Alessandro Nobili, del Centro Studi di Politica e Programmazione Socio-Sanitaria dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano. Nel loro ultimo intervento questi ultimi hanno dichiarato, rispondendo al secondo “colpo” di Barbara Cittadini , che considerano finita la partita in quanto ormai quello che dovevano dire l’hanno detto. La stessa partita non è però finita nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN) all’interno del quale il tema del rapporto pubblico-privato non solo ancora è in gioco, ma lo sarà verosimilmente a lungo e sempre di più.

Premesso che l’ospedalità privata è solo un pezzo del privato che opera per conto del SSN (molto stimolante a questo riguardo è stato un intervento qui su QS di Sebastiano Capurso, che ha provato a inserirsi nello scambio trasformandolo in un doppio, sul privato nell’area dei servizi territoriali), i tre punti in discussione nello scambio sono stati il fatto che l’ospedalità privata selezioni o meno le prestazioni più vantaggiose, che le esigenze di un approccio integrato alla tutela della salute dei cittadini renda “a priori” il sistema di erogazione tutto pubblico e onnicomprensivo più efficace e che (in qualche modo di conseguenza) la privatizzazione si traduca in una minor tutela della salute dei cittadini.

Siccome il dibattito sul rapporto pubblico - privato resterà aperto, vorrei sulla base degli scambi del ping pong dialettico Mario Negri - AIOP fare qualche considerazione. La prima considerazione riguarda il fatto che purtroppo il tentativo di utilizzare studi condotti in altri paesi (ho letto ad esempio tutti quelli citati nell’ultimo scambio di Garattini e Nobili) per esprimere una valutazione sull’impatto del rapporto pubblico-privato hanno una enorme problema di trasferibilità alla realtà italiana, realtà che è oltretutto a sua volta fatta di tante realtà sia regionali che di settore. La sanità privata lombarda non ha ad esempio quasi nulla a che vedere con quella della Regione Marche per dimensioni, tipologia di attività e coinvolgimento nell’emergenza-urgenza e nelle alte specialità. Così come le Case di Cura per acuti multispecialistiche non hanno nulla a che vedere con le strutture pure ospedaliere monospecialistiche dell’area della post-acuzie e della salute mentale.

Le prime, tanto per dire, sono praticamente a libero accesso e le seconde operano in totale continuità con la rete dei servizi pubblici. Purtroppo molti interventi di parte pubblica, compresi quelli di Garattini e Nobili, non tengono conto di queste specificità e preferiscono le considerazioni di tipo generale. Forse sarebbe il caso che il rapporto pubblico-privato venisse studiato nella sua specifica e differenziata espressione nel SSN e nei Servizi Sanitari Regionali, che sono una continua e diffusa sede di sperimentazione di questo rapporto. Ad esempio nel settore dell’ospedalità privata per acuti va salutata con favore la valutazione in base ai dati del Programma Nazionale Esiti (PNE) della ospedalità pubblica e privata, valutazione promossa congiuntamente dall’AIOP e dall’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas). L’ultimo rapporto con questa analisi riguarda i dati 2021.

La seconda considerazione riguarda la selezione da parte delle strutture ospedaliere private delle prestazioni più vantaggiose. Una cosa è certa: le strutture private possono selezionare linee di attività e pazienti molto di più delle strutture pubbliche. Riporto ancora una volta i dati nella Figura 1 sulla produzione 2021 delle strutture pubbliche e private per le condizioni/interventi oggetto dell’analisi comparativa in termini di esiti già citata in precedenza. Basta prendere i dati sulla chirurgia protesica di area ortopedica e quelli sulle fratture di femore. La chirurgia protesica è delle strutture private e quella traumatologica delle pubbliche. Dove tendano ad andare a lavorare gli ortopedici è facile da immaginare.

Le strutture private possono orientarsi poi verso “monoproduzioni”. Il grafico della Figura 2 riporta l’andamento della produzione di interventi di prostatectomia per ipertrofia prostatica benigna in una Casa di Cura delle Marche nel periodo 2015 - 2021. Questo aumento è avvenuto in condizioni di sostanziale mantenimento del budget storico e quindi corrisponde ad una scelta di caratterizzazione assistenziale della struttura. Tutto legittimo, ma in questo modo si sarà contestualmente abbassata qualche altra tipologia di attività e la produzione delle urologie pubbliche ne sarà stata influenzata, visto che questo tipo di scelta gli ospedali pubblici non la possono fare.

Non solo le strutture private possono selezionare le linee di attività, ma debbono (sottolineo: debbono) selezionare i pazienti per livello di complessità prive come sono nella stragrande maggioranza dei casi di posti letto di terapia intensiva. Quindi le regole di sistema e la struttura dell’offerta dell’Ospedalità Privata per acuti le consentono una selezione delle attività e quindi la oggettiva esistenza di una situazione di vantaggio.

Una terza considerazione riguarda il fatto che l’espansione della libera professione nella attività di ricovero delle strutture pubbliche dovrebbe spingere ad un maggior ricorso al privato accreditato, come sostiene nel suo ultimo intervento Barbara Cittadini , visto che ai cittadini importa ottenere dal SSN la prestazione indipendentemente dalla natura dell’erogatore. Al riguardo la Cittadini cita il peso della attività libero-professionale nella produzione di ricovero delle strutture ospedaliere pubbliche italiane. I dati della Figura 3 tratti dal Rapporto dell’Agenas da lei citato dovrebbero rassicurarla (e soprattutto rassicurano noi): la produzione di interventi in libera professione nelle strutture pubbliche è irrilevante.

La quarta considerazione riguarda la affermazione di Garattini e Nobili secondo cui è “del tutto naturale che la presenza di molteplici erogatori di servizi indebolisca l’assistenza integrata, in quanto i singoli interessi finanziari dei vari attori in gioco sono alla lunga destinati a prevalere e quindi a scontrarsi con una filosofia di integrazione sistemica dei servizi”.

Per cui concludono: “In sintesi, siamo quindi a favore dell’intervento pubblico anche per l’erogazione dei servizi sanitari e riteniamo che la vera grande sfida attuale da affrontare sia quella di limitare le cattive influenze della politica (sia nazionale che regionale) e della burocrazia.” Sono d’accordo sul piano teorico con la prima di queste affermazioni, mentre quanto alla seconda penso che la vera sfida sia il buon governo del rapporto coi privati, perché quella di riuscire a limitare le cattive influenze della politica e della “sua” burocrazia mi sembra molto più difficile da vincere. E nelle Marche ne ho la prova quotidiana.

Claudio Maria Maffei

Figura 1 Volumi di attività delle strutture ospedaliere pubbliche e private in Italia nel 2021 (Fonte: Aiop - Agenas)

Figura 2 Andamento della produzione di interventi di prostatectomia per ipertrofia prostatica benigna in una Casa di Cura delle Marche nel periodo 2015 - 2021 (Fonte: Programma Nazionale Esiti 2021)

Figura 3 Volumi di attività di ricovero per i DRG più numerosi in libera professione e in regime istituzionale negli ospedali pubblici in Italia negli anni 2019 - 2021 (Fonte: Agenas)



10 marzo 2023
© Riproduzione riservata


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