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Responsabilità professionale. Perché bisogna rivedere la norma sulla comunicazione all’esercente delle sue responsabilità

di Tiziana Frittelli, Alberto Fiore

Si tratta dell’articolo 13 della legge “Gelli” che riguarda l’obbligo di comunicazione all'esercente la professione sanitaria del giudizio basato sulla sua responsabilità, la cui complessa applicazione rischia di minare contestualmente la serenità dei professionisti e degli amministratori. La disposizione presenta, infatti, alcune rilevanti problematicità, sia sul versante applicativo della gestione di dette “comunicazioni” da parte della struttura (privata e pubblica), con riflessi anche per il destinatario, sia per lo stesso destinatario in termini assicurativi

03 LUG -

La Legge 24/2017 è stata senza dubbio un punto di approdo fondamentale nella delicata materia della responsabilità professionale, fondata su due assetti: la sicurezza delle cure e l’alleanza terapeutica tra struttura e professionisti, nell’intento di trasformare il concetto di responsabilità sanitaria in quello di sanità responsabile. A sei anni dalla emanazione della legge, si sta riflettendo su ipotesi migliorative, alla luce di quanto avvenuto in questi anni, in assenza, peraltro, degli importanti decreti attuativi previsti dalla stessa Legge 24/2017.

Il mondo sanitario di oggi non è più quello di sei anni fa ed è importante valutare oggi profili di una legge, che pure ha costituito un grande capitolo di civiltà sanitaria. Federsanità Nazionale, all’interno del proprio Forum interregionale Permanente Enterprise Risk Management e Responsabilità Sanitaria, ha avviato una discussione sui potenziali percorsi di modifica della Legge che confluiranno in un documento condiviso dalle rappresentanze istituzionali del Forum.

La ricchezza degli spunti diversificati dai vari tavoli di lavoro su questa tematica è oggi una grande forza motrice per una riforma della Legge che guardi anche alle esigenze dell’attuale cambiamento legato all’evoluzione degli assetti organizzativi dell’assistenza sanitaria e socio sanitaria, assetti in cui peseranno non poco le sfide sulla gestione dei nuovi rischi e Responsabilità.

Tra questi emergono senz’altro i confronti e spunti di riflessione di vari tavoli di lavoro di stakeholder: si è appena concluso un primo step delle attività del Tavolo promosso dalla Societa’ scientifica Melchiorre Gioia, sono stati avviati quello di Fondazione Italia in Salute, quello presso il Ministero di Giustizia sulla colpa professionale medica e quello sul danno non patrimoniale presso il Ministero della Salute.

Federsanità partecipa attivamente ad alcuni di questi tavoli, tra cui quello del Melchiorre Gioia e Fondazione Italia in Salute, portando il punto di vista delle aziende e la visione di insieme che caratterizza l’attuale veloce evoluzione del sistema sanitario nazionale.

Iniziamo, quindi, ad esporre i vari punti di vista, a partire dall’articolo 13 della Legge 24/2017, la cui complessa applicazione rischia di minare contestualmente la serenità dei professionisti e degli amministratori, pur essendo stato originato dalla buona intenzione di rendere edotto il professionista dei rischi che stava correndo, essendo stato sino ad allora escluso da qualunque comunicazione obbligatoria.

È certamente condivisibile la ratio che presidia l’articolo 13 (Obbligo di comunicazione all'esercente la professione sanitaria del giudizio basato sulla sua responsabilità”) della L. 24/2017, consistente nella esigenza di tempestiva informativa all’esercente la professione sanitaria riguardo l’avvio di una controversia concernente la Struttura di sua afferenza, in quanto, pur in assenza di suo formale coinvolgimento, potrebbe, in prospettiva, vederlo coinvolto in termini di eventuale, futura azione di rivalsa/responsabilità amministrativa.

La disposizione in esame presenta, tuttavia, alcune rilevanti problematicità, sia sul versante applicativo della gestione di dette “comunicazioni” da parte della struttura (privata e pubblica), con riflessi anche per il destinatario, sia per lo stesso destinatario in termini assicurativi.

Tali criticità risiedono e prendono capo, in buona sostanza, nella estrema gravità, rilevanza ed “eccedenza” delle conseguenze profilate nell’ultima parte della norma (preclusione processuale dell’ammissibilità delle azioni di rivalsa o di responsabilità amministrativa di cui all’articolo 9) a fronte della “omissione”, della “tardività” o anche della mera “incompletezzadelle “comunicazioni” previste dalle prime due parti dell’articolo, anche in considerazione della circostanza che sia la comunicazione dell’instaurazione del giudizio che la comunicazione dell’avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato, con invito a prendervi parte, hanno valenza e funzione sostanzialmente informativa e non determinante agli effetti del posizionamento processuale o negoziale della Struttura.

Nella fase del contenzioso rivolto verso la Struttura, infatti, il ruolo che il Sanitario potrebbe svolgere si limita ad una possibile mera partecipazione ad adiuvandum, senza, peraltro, possibilità di incidere sul posizionamento processuale della Struttura e senza possibilità di interferire sulle scelte aziendali in ordine alla “gestione” della causa.

Anche nella fase concernente il tentativo di transazione, la partecipazione del sanitario non può comunque porre un vincolo per la Struttura, o per l’Assicuratore, in ordine al posizionamento sostanziale concernente la conclusione della transazione: in realtà la posizione e gli interessi della Struttura e/o Assicurazione a fronte di una rapida chiusura della transazione tendono quasi istituzionalmente a divergere rispetto a quello del Sanitario eventualmente interessato, in quanto lo stesso avvio della procedura transattiva da parte della Struttura rimane comunque fondato, quale elemento basico della causa negoziale, sul presupposto della responsabilità del Sanitario, presupposto da coltivare, tracciare ed evidenziare agli effetti di una “valida” conclusione del contratto transattivo da parte della Struttura medesima, anche al fine di escludere eventuali responsabilità erariali correlabili ad una sbilanciata transazione.

Con riguardo alle suddette criticità applicative nella gestione delle “comunicazioni” da parte della struttura (privata e pubblica), con riflessi anche per il destinatario, si evidenzia che le problematiche applicative e gestionali rimangono comunque strutturalmente insite nel carattere meramente “prognostico” di tale fase valutativa (volta alla “prefigurazione” di possibili profili di responsabilità individuali dell’esercente/esercenti) occasionata da un “petitum” di ben altra natura (richiesta/pretesa danni vs la Struttura), nella prospettiva di un eventuale, futuro intervento di rivalsa, intervento, tra l’altro, azionato, per le aziende pubbliche, da soggetto (Procura della Corte dei Conti) diverso dalla stessa Struttura.

Peraltro, come già rilevato da altri autori, tutto si complica soprattutto nel caso della “comunicazione riguardante l’avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato, con invito a prendervi parte”, sotto vari profili:

Si pensi alla strutturali difficoltà di poter declinare con certezza - in breve tempo e in sede meramente prognostica - una definita mappa di possibili interessati a un eventuale rivalsa a ridosso di un giudizio non ancora maturato o di una definizione negoziale transattiva di chiusura della soluzione giudiziale quando in campo possono profilarsi, in mera valutazione prospettica, responsabilità diffuse ed estese o quando i percorsi clinici siano particolarmente complessi e diversificati: si pensi ad eventuali “possibili” responsabilità nelle fasi di preospedalizzazione o di paralleli accertamenti diagnostici o di possibili responsabilità nel campo della gestione “infermieristica” di percorsi di ricovero in cui vi sia una intensa turnazione. Le incertezze di cui sopra comportano il rischio di rilevanti responsabilità dell’ufficio competente della Struttura per la mancata notifica, anche parziale, della comunicazione agli Operatori Sanitari coinvolti.

Al riguardo, la circostanza che detta mancata/inesatta comunicazione può provocare, come visto, in prospettiva, la decadenza dall’esercizio del diritto di rivalsa nei confronti dei Sanitari coinvolti, determina il trasferimento, in capo ai suddetti responsabili degli uffici, del danno erariale correlato alla condanna della Struttura del quale tali responsabili potrebbero essere chiamati a rispondere davanti al giudice della rivalsa/responsabilità amministrativa, senza, peraltro, poter fruire del limite alla stessa rivalsa previsto dai commi 5 e 6 dell’articolo 9 della L. n. 24/2017 e s.m.i, limite posto esclusivamente a favore dei professionisti esercenti.

Ne deriva che, al fine di non perdere ogni diritto di rivalsa o di azione amministrativa, le Strutture - vale a dire gli uffici addetti a tale incombenza - sono portate ad “eccedere” nelle comunicazioni piuttosto che rischiare, a loro volta, di ricadere in una responsabilità personale (per “colpa grave”) per non aver adeguatamente e/o tempestivamente ottemperato a quanto indicato dalla norma in esame: con proliferazione di comunicazioni “a tappeto” riguardanti ogni possibile nominativo presente negli atti, in una sorta di “burocrazia difensiva”. In tale senso l’articolo 13 - pur inserito nella complessiva ratio della Legge Gelli fondata sulla piena ed auspicata “alleanza terapeutica tra Strutture e Sanitari” - rischia di vanificare detta ratio a fronte delle strutturali incertezze applicative dell’istituto in argomento.

Più in generale, mantenere l’ultimo periodo dell’articolo 13 - che prevede una irrecuperabile decadenza dall’esercizio dell’azione di rivalsa/responsabilità amministrativa di una delle parti processuali - comporta una “asimmetria” processuale che può profilare anche criticità in termini di compatibilità “costituzionale”, sia in rapporto all'effettività dei poteri della Procura della Corte dei conti a tutela dell'erario e, dunque, al principio di effettività della tutela giurisdizionale contabile (art. 103, comma 2, Cost.), sia in rapporto al principio di parità delle parti processuali (art. 111, comma 2, Cost.).

Tali profili di criticità costituzionale, evidenziati anche in sede di giudizio erariale, da parte della stessa Procura contabile, sono stati superati nella medesima sede (Corte dei Conti Lombardia Sez. giurisdiz., Sent., 26-09-2022, n. 226), facendo leva proprio sulla “possibilità” di, comunque, trasferire l’azione erariale dall’esercente agli Uffici della Struttura cui ricondurre la intempestività/incompletezza della iniziale comunicazione, richiamando, altresì, al riguardo, “… una logica analoga a quella dell'art. 1, comma 3, della L. n. 20 del 1994, in cui è previsto che, qualora la prescrizione maturi nei confronti dei diretti responsabili del danno erariale, l'azione risarcitoria deve essere rivolta nei confronti di coloro che, omettendo di denunciare il danno, tale prescrizione abbiano provocato …”.

E’, tuttavia, da rilevare che la fattispecie richiamata, in termini di analogia, nella suddetta Sentenza (citato articolo 1, comma 3, della L. n. 20 del 1994) presuppone, comunque, una condizione di base di diverso profilo rispetto a quella sottesa alla previsione di cui al terzo periodo dell’articolo 13 in argomento.

A prescindere dalla diversa tempistica cui è condizionata la suddetta prescrizione rispetto a quella, assai breve, afferente la inammissibilità prevista dall’articolo 13, è lo stesso presupposto fattuale generatore della responsabilità erariale di “secondo livello” ad essere diverso: mentre la decorrenza del termine prescrizionale di cui al comma 3 della L. n. 20 del 1994 prende capo da una definizione attuale e puntuale (in termini soggettivi) del danno non tempestivamente denunciato, la decorrenza del termine di comunicazione di cui all’articolo 13 non afferisce a un danno attuale, ma solo eventuale, e, soprattutto, sconta una identificabilità dei soggetti non sempre agibile e certa, come sopra riportato.

L’ulteriore elemento di criticità e sperequazione in termini sostanziali, a fronte della iniziale mancata/incompleta/tardiva comunicazione verso gli esercenti (potenzialmente) interessati al giudizio di rivalsa, deriva dalla circostanza che nel caso del trasferimento processuale dal professionista agli uffici della Struttura questi ultimi risponderebbero senza i limiti risarcitori previsti dal penultimo periodo del comma 5 dell’articolo 9 della L. n. 24/2017 esclusivamente a favore degli esercenti (“L'importo della condanna per la responsabilità amministrativa e della surrogazione di cui all'articolo 1916, primo comma, del codice civile, per singolo evento, in caso di colpa grave, non può superare una somma pari al triplo del valore maggiore della retribuzione lorda o del corrispettivo convenzionale conseguiti nell'anno di inizio della condotta causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo”).

L’attuale assetto normativo e prassi gestionale mostra criticità anche a scapito dello stesso esercente con riferimento alla sua posizione nella dinamica dei rapporti con la propria assicurazione.

La proliferazione, spesso, come visto, scomposta ed "eccedente", delle suddette comunicazioni ufficiali da parte della Struttura - comunicazioni prefigurate, nell'intento del legislatore, a garanzia dell'esercente la professione sanitaria - rischia, infatti, paradossalmente, di implementare le difficoltà dello stesso esercente nei rapporti con l'impresa assicurativa, per la copertura di responsabilità correlate alla rivalsa, in quanto le stesse comunicazioni sono destinate ad assumere la valenza di “fatto noto”, che, ovviamente può pesare e rilevare nel quadro della negoziazione dei rapporti con tali assicurazioni sia in termini di quotazione economica dei premi, sia, in estrema ratio, in termini di conclusiva accettazione da parte dell'assicurazione della proposta dell'esercente assicurando.

Quest'ulteriore onere informativo da parte dell'assicurando va quindi ad implementare l'oggetto delle "circostanze" soggette a previa dichiarazione in sede di stipula, con la particolarità che, contrariamente alla gamma di tali circostanze normalmente correlate a fatti o atti circostanziati e con data certa dai quali possa emergere una possibile responsabilità professionale a carico dell'assicurato, tali informative afferiscono, per le criticità di profilo applicativo sopra riportate, a dati oggettivi e soggettivi di estrema labilità.

Alla luce di tutto quanto sopra, appare pertanto urgente una strutturale modifica dell’articolo 13 che, da un lato, pur eventualmente, lasciando comunque in vigore l’obbligo della struttura di procedere alle comunicazioni ivi previste, qualifichi con più precisione i termini e le condizioni della decorrenza del termine ivi previsto, e dall’altro, soprattutto, rimuova la previsione riportata nel terzo periodo, in quanto, per i motivi di cui sopra, anche di profilo costituzionale, la stessa risulta strutturalmente eccedente e sperequata, definendo, se del caso, altra tipologia di eventuale sanzione e/o misure di “recupero” processuale in sede di rivalsa a fronte della mancata/insufficiente copertura degli obblighi informativi.

A garanzia della posizione assicurativa dell’esercente la professione sanitaria, a fronte del mantenimento dell’obbligo di comunicazione allo stesso esercente da parte della Struttura, detto intervento di modifica normativa dovrà, altresì, comunque, qualificare e regolare espressamente la rilevanza di detta comunicazione (di mera “garanzia” prognostica), affinché il professionista non abbia un inutile pregiudizio sotto il profilo assicurativo.

Tiziana Frittelli

Presidente di Federsanità

Alberto Fiore
Coordinamento Direttori Amministrativi Federsanità



03 luglio 2023
© Riproduzione riservata


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