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Infermieri. Fnopi: in Italia oltre 38mila operatori stranieri, lavorare tutti insieme e rendere professione attrattiva verso i giovani


In arrivo nel nostro Paese infermieri dall’India, come evidenziato dal ministro della Salute Orazio Schillaci al G7 Salute di Ancona, dove ha avuto un bilaterale con l'omologo indiano per un protocollo che definisca gli arrivi dei professionisti in Italia con l'ausilio di una piattaforma collegata alle università per la conoscenza della lingua, requisiti indispensabile. Le cittadinanze estere più rappresentate in Italia emerge al primo posto la Romania (12mila infermieri), seguita da Polonia (2mila), Albania (1.848), India (1.842) e Perù (1.500).

22 OTT - In Italia stanno per arrivare gli infermieri indiani per aiutare nei reparti e colmare le gravi e croniche carenze degli operatori. Ma in realtà già ci sono tanti professionisti, europei, indiani e non solo. “Degli infermieri presenti in Italia, 24.947 ad 30 aprile 2024 provenivano dall'estero e, di questi, 15.419 da Paesi Ue e 9.528 da Paesi extra Ue. A questi, iscritti agli Ordini provinciali - dopo aver superato le verifiche previste dalle normali procedure di legge - si sono aggiunti, secondo stime delle Regioni, come conseguenza dei decreti emergenziali Covid-19 (Cura Italia) che hanno ammesso personale senza il passaggio legato ai controlli, circa 11.150 infermieri a cui, con gli effetti del decreto Ucraina, se ne aggiungono circa 1.700-1.800. Il totale degli infermieri stranieri presenti in Italia a fine 2022-inizio 2023 sarebbe quindi di circa 38.011”. E' l'analisi per l'Adnkronos Salute della Fnopi, la Federazione nazionale Ordini professioni infermieristiche.

Degli infermieri indiani ha parlato il ministro della Salute Orazio Schillaci al G7 Salute di Ancona, dove ha avuto un bilaterale con l'omologo indiano per un protocollo che definisca gli arrivi dei professionisti in Italia con l'ausilio di una piattaforma collegata alle università per la conoscenza della lingua, requisiti indispensabile. “Abbiamo scelto gli infermieri dall'India perché hanno dei diplomi di qualità che possono essere riconosciuti dal nostro sistema - ha spiegato Schillaci nella conferenza stampa finale del G7 - A breve avremo un protocollo operativo che ci permetterà di tamponare l'attuale carenza di infermieri”.

Sul fronte degli infermieri stranieri nella sanità, si è espressa anche la presidente della Fnopi, Barbara Mangiacavalli, che oggi a 'Giù la maschera' (Rai Radio 1) ha ricordato che “non possiamo arginare un fenomeno tipico del mercato globale. Quello che possiamo fare è mettere alcuni paletti insieme al Governo e al ministero della Salute affinché ci sia una garanzia di qualità per i cittadini. Abbiamo bisogno - ha aggiunto - che i colleghi che arrivano in Italia abbiano questa formazione e qualificazione. E l'Ordine garantisce che gli infermieri hanno queste caratteristiche. In Irlanda il 50% degli infermieri arriva dall'estero, ma è stato fatto un grande lavoro sul welfare aziendale e sulla formazione del personale, in particolare sullo studio della lingua”.

“La carenza stimata, circa 65mila unità, non la recuperi oggi o nell'immediato - afferma Nicola Draoli, consigliere nazionale della Federazione nazionale Ordini professioni infermieristiche e presidente Opi Grosseto - Quello che ha detto il ministro Schillaci è corretto se fatto con un accordo con India, dove vengano messe nero su bianco le certezze sulla qualità della formazione, sulla conoscenza della lingua. Poi spero che non diventi una 'guerra' tra Paesi europei per accaparrarsi gli infermieri indiani. Dobbiamo lavorare tutti insieme per far lavorare meglio gli infermieri, pagarli di più e rendere la professione attrattiva verso i giovani”.

In Italia lavorano già oltre 1.800 infermieri indiani. Sempre dai dati Fnopi, analizzando le cittadinanze estere più rappresentate in Italia emerge al primo posto la Romania (12mila infermieri), seguita da Polonia (2mila), Albania (1.848), India (1.842) e Perù (1.500).

Sugli infermieri che arrivano in Italia ed esercitano la professione, gli Ordini evidenziano la necessità "che si torni a verificare, attraverso gli Opi, le competenze accademiche e la relativa certificazione del titolo di studio come accadeva regolarmente in epoca pre-Covid per la verifica della competenza dei percorsi di studi, della conoscenza della lingua e della deontologia", conclude Draoli.



22 ottobre 2024
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