Dal mercato tradizionale al mercato digitale
L’economia politica è la scienza che studia il mercato nel suo complesso, analizzandone le caratteristiche, i meccanismi di funzionamento e le modalità con cui è influenzato dalle decisioni di individui, imprese e governi. Tradizionalmente, il mercato è stato inteso come il punto di incontro tra domanda (consumatori) e offerta (produttori), dove si realizzano scambi di beni, servizi o fattori produttivi e dove il prezzo nasce dal confronto e dall’equilibrio tra le due forze. In questa visione, il mercato rappresenta un “luogo” o un “momento” di incontro - fisico o figurato - in cui le decisioni economiche si orientano secondo le regole della concorrenza e della libera contrattazione.
Con l’avvento dell’economia digitale, tuttavia, la natura stessa del mercato è profondamente mutata.
Non si tratta più soltanto di uno spazio di scambio, ma di un ecosistema di piattaforme digitali che intermediano, organizzano e spesso determinano le condizioni degli scambi.
Le piattaforme - come Amazon, Google, Uber o Airbnb - non si limitano a mettere in contatto domanda e offerta: definiscono le regole del gioco, raccolgono e analizzano enormi quantità di dati, e utilizzano algoritmi per influenzare comportamenti, prezzi e preferenze.
In questo nuovo contesto:
Il risultato è un mercato sempre meno spontaneo e sempre più progettato, dove l’informazione e l’algoritmo assumono la funzione che un tempo aveva la moneta: sono i veri mediatori dello scambio.
Le regole non sono più solo pubbliche, ma incorporate nei codici e nei modelli decisionali delle piattaforme, rendendo necessaria una nuova riflessione sui temi della trasparenza, della concorrenza, della privacy e della giustizia economica. In sintesi, l’economia digitale non cancella i principi fondamentali dell’economia politica, ma li ridefinisce: lo scambio resta il cuore del mercato, ma cambiano le sue forme, i suoi strumenti e i suoi protagonisti.
Comprendere queste trasformazioni significa oggi capire non solo come funziona il mercato, ma come funzionano le relazioni economiche, sociali e culturali in una società connessa.
Questo vale anche sui temi della sanità e della salute che su queste piattaforme sono molto presenti.
Il potere di mercato nell’economia digitale In economia, per potere di mercato si intende la capacità di un’impresa di influenzare il prezzo o le condizioni di scambio di un bene o servizio, vendendolo a un prezzo superiore a quello che si formerebbe in un mercato pienamente competitivo.
Nell’economia tradizionale, questo potere derivava soprattutto dal controllo della produzione, dall’efficienza dei processi e dalle barriere all’ingresso: un’azienda con costi inferiori o con un prodotto unico poteva fissare prezzi più alti del costo marginale e mantenere margini di profitto elevati.
Esempi tipici in sanità erano le aziende farmaceutiche o i grandi provider di servizi diagnostici, capaci di esercitare potere di mercato grazie a brevetti, tecnologie proprietarie o economie di scala.
Con l’avvento dell’economia digitale, il concetto di potere di mercato si è ampliato e trasformato.
Oggi, a determinare la posizione dominante non è solo la capacità di produrre, ma la capacità di controllare informazioni, flussi di dati e canali di accesso.
Il vantaggio competitivo si sposta dunque:
Nel campo della sanità, queste dinamiche diventano particolarmente delicate.
Il potere di mercato può derivare non solo dal brevetto di un farmaco, ma anche:
In questo scenario, il potere di mercato non si misura più soltanto nella differenza tra prezzo e costo marginale, ma nella capacità di orientare i comportamenti di pazienti, professionisti e organizzazioni sanitarie attraverso la gestione dell’informazione e delle interfacce digitali.
Il rischio è che il potere economico si traduca in potere cognitivo e decisionale, generando dipendenze sistemiche difficili da bilanciare con strumenti regolatori tradizionali.
Oligopolio e trust
In Paul Baran e Paul Sweezy, l'oligopolio è una forma di mercato caratterizzata da un numero limitato di imprese – in sanità vedi sempre la farmaceutica - che producono prodotti omogenei, le cui decisioni sono interdipendenti e influenzano strategicamente i concorrenti. Questa interdipendenza porta a una maggiore rigidità dei prezzi. Questa dinamica si ritrova pienamente nel settore farmaceutico e, con tratti diversi, in alcune aree dei dispositivi medici ad alta tecnologia e nei servizi sanitari digitali, dove pochi grandi operatori globali concentrano capacità produttive, dati e potere contrattuale.
Le caratteristiche dell'oligopolio sono dunque:
L’oligopolio nell’economia digitale: dalle industrie alle piattaforme
Nell’economia digitale contemporanea, la logica dell’oligopolio si è trasformata profondamente. Le imprese dominanti non competono più soltanto sulla produzione di beni omogenei, ma sul controllo delle infrastrutture digitali, dei flussi di dati e delle reti di utenti. Nascono così nuove forme di concentrazione economica, più difficili da regolare e riconoscere con le categorie classiche. Si passa, quindi, dall’oligopolio industriale all’oligopolio di piattaforma.
Le grandi piattaforme globali (Google, Amazon, Apple, Meta, Microsoft) operano in mercati apparentemente concorrenziali, ma in realtà dominati da barriere di accesso altissime: basi utenti immense, ecosistemi proprietari e capacità di investimento tecnologico difficilmente replicabili.
La concorrenza non si gioca più sul prezzo, ma sulla capacità di attrarre, trattenere e monetizzare i dati e l’attenzione degli utenti. Nascono nuove interdipendenze strategiche.
Le imprese digitali si osservano e si influenzano come gli oligopolisti di un tempo, ma lo fanno attraverso algoritmi e reti interconnesse: una modifica alle politiche di privacy, all’intelligenza artificiale o alla pubblicità di una piattaforma genera reazioni a catena negli altri attori. La competizione, quindi, si sposta su standard tecnologici, ecosistemi di app, interoperabilità e intelligenze artificiali proprietarie.
Il “trust” contemporaneo non è più un cartello esplicito, ma un ecosistema chiuso in cui un’impresa controlla intere filiere: dai dispositivi agli store digitali, dai dati alla logistica, dal cloud all’intelligenza artificiale.
Si crea così una concentrazione di potere economico e cognitivo che condiziona i comportamenti di milioni di utenti e imprese subordinate.
Anche in sanità emergono oligopoli digitali: grandi multinazionali che controllano piattaforme di dati clinici, software gestionali, dispositivi connessi e algoritmi di diagnosi o telemonitoraggio. Il loro potere non deriva solo dal prezzo dei prodotti, ma dalla capacità di presidiare l’intera catena informativa e decisionale. Si passa dunque da un oligopolio “industriale” (farmaci, apparecchiature) a un oligopolio della “informazione”, che può influenzare strategie sanitarie, ricerca e politiche pubbliche.
Omologazione e salute Nel “mercato della salute” chi ha il “potere del mercato” determina, orienta, condizione la domanda.
Questo nella farmaceutica è molto esplicito, ma lo è anche nell’offerta di prestazioni sanitarie.
Nel nostro Paese questo determina una capacità di omologazione dei consumi e delle prestazioni al di là di quanto prevede la legge, ovvero, oltre l’”autorizzazione sanitaria” e l’”accreditamento” cioè l’insieme di criteri e standard che le strutture sia “pubbliche” che “private” debbono avere per esercitare attività sanitaria.
I privati accreditati, spesso specializzati in singole prestazioni, riescono a ridurre i costi marginali e ad attrarre la domanda, anche oltre i bisogni effettivi. Ne deriva un’offerta sanitaria sempre più polimorfa e autoreferenziale, in cui la sanità pubblica perde capacità di governo e di orientamento.
La sanità integrativa, non soggetta ad accreditamento con i SSR, amplifica questa tendenza, definendo in autonomia le prestazioni da coprire. In assenza di una regia istituzionale forte, è l’offerta – e non più la salute pubblica – a guidare la domanda.

Attenzione, infine, alla “solitudine”, una percezione oltre la metà degli intervistati riferivano in una ricerca della OECD (il 52 %). Questo sentimento è ancor più diffuso tra i giovani: si sente solo il 63% dei cittadini europei tra 18 e 34 anni. Nonostante i social e il web …. Dove si appare, ma non si è …

Stili di vita, di consumo e di salute
Gli “stili di vita” e di “consumo” sono determinati da bisogni, desideri e influenze sociali, che si traducono nel consumo di beni e servizi standardizzati, portando a un "consenso di massa" o omologazione nel mercato. Questo processo è influenzato da fattori come la pubblicità e le aspettative sociali, che spingono verso un aumento dei consumi e possono generare sia crescita economica che problemi sociali, come l'inquinamento, fragilità e disuguaglianze.
Quanto sopra determina quello che viene definito il “consenso di massa al mercato”, che evolve tramite:
Ne derivano le seguenti implicazioni e conseguenze:
L’impatto sulla “appropriatezza”
L’appropriatezza delle cure incide in modo decisivo sulla sostenibilità. Negli USA il sistema è misto, non “essenzialmente privato”: nel 2023 la spesa sanitaria ha raggiunto $4,9 trilioni (17,6% del PIL), finanziata per circa il 49% da fonti pubbliche (Medicare, Medicaid, altri) e per il 40% da privati (assicurazioni e OOP). Le analisi più solide collocano gli sprechi intorno a $760–935 mld/anno (~25%), con una quota rilevante dovuta a complessità amministrativa, sovra/pre-utilizzo e fallimenti di coordinamento. cms.gov+1 .
In Italia, studi CERGAS/OASI e GIMBE stimano sprechi/inefficienze superiori a € 20,0 mld; nel dataset 2017 (spesa sanitaria €154,9 mld) GIMBE quantifica, per macro-categorie, fino al 25% di spesa a basso o nullo valore (somma di “no-value” e “low/negative value”), da trattare come potenziale di miglioramento e riallocazione più che come risparmio certo. In questo quadro, programmi di de-prescrizione e Choosing Wisely Italia offrono leve operative per ridurre il low-value care e riallocare risorse verso interventi ad alto valore.

Società di consumo, di massa e salute
Le società occidentali contemporanee sono spesso state definite società del consumo di massa, in quanto gran parte della vita dei loro membri si sostanzia nell'acquisto e consumo di merci relativamente standardizzate e a larga diffusione.
Le pratiche di consumo si configurano essenzialmente come azioni orientate all'espressione e al consolidamento di legami sociali specifici, all'affermazione di ciò che si ritiene di buon gusto o corretto in relazione alla vita ordinaria o all'espressione e al riconoscimento di un'immagine autonoma di sé. Queste tendenze condizionano i consumi e gli stili di vita e di salute delle popolazioni.
Oggi va affermandosi una nuova stagione dell'organizzazione produttiva fondata sull'articolazione di quattro principi: l'efficienza, la prevedibilità, la calcolabilità e il controllo tramite la sostituzione del lavoro umano con quello delle macchine.
Quindi cambiano le condizioni della produzione i rapporti connessi e gli stili di vita e di consumo e cambiano le condizioni ambientali e salutistiche di vita e lavoro. Vedi l’approccio “one health” e per “ecosistemi”.
Omologazione, local e global …
La realtà contemporanea è descritta all’interno di un sistema dualista, che vede le forze locali distinguersi e contrapporsi a quelle globali. Questo significa che le differenze tra connessi e disconnessi non rispecchiano più quella tra mondo avanzato e in via di sviluppo, ma che all’interno di ogni regione o città si creano aree più sviluppate e altre che lo sono meno.
I flussi transnazionali di capitali e merci rappresentano l’aspetto più visibile della globalizzazione, che si compone di nodi e assicura flussi di ricchezza e sviluppo; chi vive in una dimensione locale invece, estromessa dalla globalizzazione, non ha a disposizione tutti quegli strumenti di valorizzazione sociale ed economica che invece si riscontrano nell’altra parte, con una tendenziale cronicità che crea aree di sottosviluppo.
La riterritorializzazione è il frutto dei flussi di capitali e merci, che riescono ad allocarsi con maggiore rapidità rispetto al passato e quindi a superare i tradizionali confini nazionali. Il libero mercato ha acuito lo sfruttamento di territori e di lavoratori nei Paesi meno sviluppati. Da queste dinamiche derivano molte delle attuali criticità relative alla salute e quindi alle sanità locali/nazionali.
Omologazione e comunità: due direzioni opposte
L’“omologazione” genera il suo derivato più insidioso, il pensiero unico: una modalità rassicurante che ci esonera dalla fatica di pensare, evita conflitti e ci consola con certezze condivise. Ma dietro questa apparente armonia si nasconde una perdita d’identità e di libertà: sentimenti, linguaggi e comportamenti vengono prescritti e uniformati, alimentando interessi economici e politici di chi trae profitto dal conformismo.
La “comunità”, al contrario, se proattiva e partecipata, rappresenta un’alternativa vitale: promuove inclusione, autorganizzazione e una cultura autonoma capace di valorizzare i vissuti locali.
Non si tratta di nostalgie o resistenze romantiche alla globalizzazione, ma della ricerca di nuovi centri di identità collettiva. Le esperienze di comunità in Scozia, Regno Unito, Belgio, Svezia, Finlandia, Spagna e in molte realtà italiane mostrano che è possibile rispondere a fragilità e disuguaglianze con modalità non medicalizzate, fondate su appropriatezza e partecipazione. Costruire comunità proattive – anche attraverso politiche di prescrizione sociale – significa restituire alla salute e al benessere un’anima condivisa e radicata nei territori.
Un percorso possibile
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nella sua Carta di Ottawa per la promozione della salute (World Health Organization, 1986. Ottawa Charter for Health Promotion), indica sette passaggi fondamentali per introdurre la prescrizione sociale in nuovi contesti:
La prescrizione sociale, così intesa, crea connessioni e attiva reti di collaborazione tra risorse già presenti nella comunità, superando la frammentazione e valorizzando l’esistente.
Nel 2021 l’OMS ha aggiornato il proprio Glossario della Promozione della Salute (World Health Organization, 2021. Health Promotion Glossary of Terms 2021) e pubblicato la Carta di Ginevra per il Benessere (World Health Organization, 2021. The Geneva Charter for Well-being), che pone tre obiettivi principali:
Protagonista è sempre la persona, primo responsabile della propria salute e di quella di chi la circonda, chiamata a comportamenti rispettosi dell’ambiente e all’uso consapevole delle risorse comuni. Gli operatori socio-sanitari, a loro volta, devono individuare i bisogni, definire priorità in un quadro di risorse limitate e promuovere educazione sanitaria.
Questi principi sono alla base anche del PNRR, che affida ai Distretti socio-sanitari il ruolo di riferimento per la programmazione della salute territoriale, attraverso la stratificazione dei bisogni delle popolazioni. Tuttavia, il passaggio dal DM 71 al DM 77, a seguito della sentenza del Consiglio di Stato, ha indebolito la visione originaria dei Distretti come vere “Agenzie di salute” dei territori.
Ripensare i modelli di programmazione sociosanitaria significa quindi valorizzare il ruolo proattivo degli operatori, non solo come erogatori di servizi, ma come promotori di salute capaci di sostenere le persone, anche fragili, nel loro ambiente di vita e di relazioni, rendendole protagoniste della costruzione del proprio benessere.
Il 19 giugno di quest’anno si è tenuto a Roma, nella sede del DiSSE, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche, Università "Sapienza", il Convegno “Le comunità come alternativa alla solitudine e come supporto alla salute”. L’evento ha visto la partecipazione di WHO European Office for Investment for Health and Development, Wonca Europe, ASIQUAS, Alleanza per la Riforma delle Cure Primarie, Cittadinanzattiva, Federsanità ANCI, FIASO, numerose Associazioni e Istituzioni del terzo Settore, Università e Centri di Ricerca italiani e una rappresentanza del Social Prescribing and Community Orientation Special Interest Group , una rete internazionale dedicata allo sviluppo e alla diffusione della prescrizione sociale e dei modelli di orientamento comunitario nei sistemi sanitari.
Nella fase di preparazione del Convegno era stata lanciata una “Call for Proposal” nazionale che ha consentito la raccolta di numerose pratiche, esperienze e progetti da tutte le Regioni del nostro Paese. Partendo dalle esperienze raccolte sono stati organizzati alcuni tavoli tematici per approfondire e confrontare i contributi ricevuti.
Tramite WHO EU, sede di Venezia, sono state raccolte anche esperienze di altri Paesi Europei come UK, Scozia, Fiandre (Belgio), Spagna, Finlandia. In particolare è stata oggetto di approfondimento l’esperienza di Frome, una cittadina di 20.440 abitanti nella contea del Somerset, nel sud ovest dell'Inghilterra e della rete Health Connections Mendip, un servizio gratuito del NHS che opera attraverso le pratiche di medicina generale locali e che offre supporto non medico per la salute e il benessere, grazie a figure chiamate Health Connectors e Community Connectors.
In Italia le esperienze sono numerose e significative, ma spesso isolate, non validate né divulgate. Per questo il nostro primo obiettivo è stato raccoglierle, validarle e diffonderle. Come già avvenuto in Scozia e nelle Fiandre, il passo successivo sarà anche per noi trasformare queste esperienze in una proposta di “Raccomandazioni/Linee guida” sulla prescrizione sociale e sulle comunità proattive inclusive. Questo sarà l’obiettivo del prossimo Convegno, che realizzeremo a Gennaio 2026 insieme.
Giorgio Banchieri,
Segretario Nazionale ASIQUAS, Docente DiSSE, Università “Sapienza”, Roma
Andrea Vannucci,
Membro CTS ASIQUAS, Docente DiSM, Università Siena, Membro CD Accademia di Medicina, Genova.
Riferimenti bibliografici