Il Servizio sanitario nazionale italiano si conferma un sistema a due marce, dove l’eccellenza delle cure acute e la gestione ospedaliera delle cronicità coesistono con preoccupanti ritardi nella prevenzione e nell’empowerment dei cittadini. È il quadro che emerge dal rapporto “Health at a Glance 2025” dell’Ocse, che nel capitolo dedicato alla “Qualità ed esiti delle cure” fotografa un’Italia dalle forti contraddizioni, divisa tra performance da primato e criticità strutturali.
Vaccinazioni: copertura solida per la DTP, allarme per il morbillo
Il quadro delle vaccinazioni in Italia è a due velocità. Da un lato, il Paese supera la soglia raccomandata dall’Oms per la vaccinazione DTP (difterite-tetano-pertosse), posizionandosi saldamente tra i paesi virtuosi. Dall’altro, l’Italia non raggiunge la soglia di sicurezza del 95% per il morbillo e si colloca al di sotto della media Ocse dell’89%. Questo gap nella copertura per una malattia altamente contagiosa come il morbillo espone la popolazione a rischi di focolai e rende difficile l’eliminazione della malattia, un obiettivo chiave di salute pubblica.
Screening oncologici: luci ed ombre per il cancro al seno, serve più impegno per la cervice e il colon-retto
L’Italia si posiziona bene nello screening per il cancro al seno: nel 2023, il 55% delle donne tra i 50 e i 69 anni ha eseguito una mammografia negli ultimi due anni, un dato in linea con la media Ocse. Da sottolineare però il dato in calo rispetto al 2013. Il nostro Paese è ancora lontano dai tassi di adesione superiori all’80% registrati in Danimarca, Svezia e Finlandia.
Preoccupa, invece, la situazione dello screening per il cancro cervicale. Nonostante l’introduzione del test HPV come metodo primario, l’adesione non è tra le più elevate, con l’Italia che non rientra tra i Paesi con i tassi migliori (guidati da Svezia, Svizzera e Repubblica Ceca con il 75-78%). L’Italia con il 42% si mantiene lontana dalla media Ocse del 58%. Da evidenziare come la stessa media Ocse sia ancora lontana dall’obiettivo dell’Oms del 70% di copertura.
Stesso allarme per gli screening del tumore del colon-retto. Anche i questo caso il dato italiano del 35% è molto inferiore alla media Ocse del 47%. In questo caso l’Italia viene doppiata da Paesi come Finlandia e Regno Unito che superano il 70%.
Prescrizioni sicure: Italia ancora male sugli antibiotici, attenta con gli oppioidi. Attenzione al fenomeno politerapia per i pazienti cronici
L’Italia dimostra ancora di ricorrere con troppa facilità alle prescrizioni di antibiotici, con un volume di 21.2 DDD ogni 1.000 abitanti nel 2023, un dato ancora superiore alla media Ocse di 16 per 1.000 abitanti seppur in miglioramento rispetto al 2013, segno di una crescente consapevolezza sul tema della resistenza antimicrobica.
Più virtuoso è l’approccio alla prescrizione di oppioidi. L’Italia è tra i Paesi con il volume più basso (inferiore a 5 DDD ogni 1.000 adulti), un dato positivo che riflette una cautela nell’uso di questi farmaci per il dolore cronico non oncologico, evitando il rischio di dipendenze che hanno colpito duramente nazioni come Stati Uniti e Canada.
Tra i pazienti cronici, in Italia il 28% assume contemporaneamente da 5 a 9 diversi farmaci contemporaneamente, mentre il 6% ne utilizza addirittura più di 10. Numeri tra i più alti, secondi solo a quelli degli Stati Uniti e lontani dalla media Ocse. Il fenomeno della politerapia era stato in questi giorni attenzionato dalla stessa Aifa che ne aveva sottolineato i rischi nel rapporto OsMed.
Cronicità e cure primarie: ottima la gestione del diabete, critica l’autogestione
Nella gestione delle condizioni croniche evitabili, l’Italia eccelle: ha il tasso più basso di ricoveri per diabete tra i Paesi Ocse, segno di un’efficace assistenza primaria. Anche i ricoveri per scompenso cardiaco sono diminuiti di oltre il 30% tra il 2013 e il 2023, uno dei cali più marcati in area Ocse.
Tuttavia, un dato su tutti richiede riflessione: secondo l’indagine PaRIS, meno del 30% dei pazienti cronici over 45 in Italia si sente sicuro nella gestione autonoma della propria salute. È il dato più basso tra i Paesi esaminati, in netto contrasto con Francia (92%) e media Ocse. Un segnale che indica la necessità di potenziare l’educazione terapeutica e l’empowerment dei pazienti.
Bene la gestione degli infarti e ictus
La gestione dell’infarto del miocardio (AMI) in fase acuta vede l’Italia raggiungere ancora una volta risultati migliori rispetto alla media Ocse. Il tasso di mortalità a 30 giorni dal ricovero si attesta sul 4.7% , al di sotto della media del 6.5% e migliore di paesi come Germania (7.9%) e Belgio (7.0%).
Bene anche la gestione del follow-up dopo un ictus ischemico. La mortalità intra-ospedaliera a 30 giorni resta anche nel 2024 saldamente sotto la media Ocse.
Il verdetto dell’Ocse delinea dunque un’Italia dalla doppia anima. Da un lato, un sistema che, quando riesce a portare i pazienti in ospedale, garantisce prestazioni di alto livello, come dimostrano i dati su infarti e ictus. Dall’altro, un servizio che fatica a intercettare i bisogni di salute sul territorio, come testimoniano i bassi tassi di screening e la drammatica sfiducia dei cronici nella gestione della propria malattia.
La sfida per il futuro non è tanto migliorare l’eccellenza clinica, ma costruire un ponte solido tra gli ospedali e le case degli italiani, investendo su prevenzione, educazione sanitaria e una medicina di prossimità che sia finalmente in grado di non far sentire solo chi convive con una malattia. Il vero banco di prova non sarà salvare più vite in terapia intensiva, ma aiutare i cittadini a non arrivarci.
G.R.