Senza prevenzione non c’è la sostenibilità del Ssn

Senza prevenzione non c’è la sostenibilità del Ssn

Senza prevenzione non c’è la sostenibilità del Ssn
Così com’è non si riuscirà nell’intento di migliorare le condizioni di salute della popolazione. Le cose continueranno ad essere tali e quali, ma con tendenza ad un sensibile peggioramento, con la politica a fare le solite moine. Il problema del welfare assistenziale non riguarda solo i quattrini bensì il suo formato strutturale.

Senza la prevenzione non è nemmeno il caso di provarci a rendere sostenibile l’assistenza sociosanitaria. Così com’è non si riuscirà nell’intento di migliorare le condizioni di salute della popolazione. Le cose continueranno ad essere tali e quali, ma con tendenza ad un sensibile peggioramento, con la politica a fare le solite moine. Il problema del welfare assistenziale non riguarda solo i quattrini bensì il suo formato strutturale.

I cambiamenti vanno ben pensati e tanto

A snaturarlo è stato l’aziendalismo, condizionato dalla politica che nomina i manager, sino a svendere la sanità pubblica in favore di quella privata. Quest’ultima arricchita fuori ogni misura, con gli extrabudget pagati con la complicità dei controllori che sono venuti meno al loro dovere istituzionale, eccezion fatta per la Sezione di controllo per il Lazio che, in sede di rendiconto regionale 2022, ha scoperto un escamotage per effettuare pagamenti indebiti, a fronte del quale è tuttavia calato il silenzio anche giudiziario.

Con le case di comunità, che registrano una realizzazione inferiore al 10% dei progetti, per lo più concretizzata attraverso riconversioni, alcune delle quali finanche improprie, si dovrà ricercare anche qui l’alternativa al pubblico. Ciò in quanto lo stesso sarà incapace a realizzarle entro il 2026 assicurando le tecnologie e il personale necessario. Dunque, si prevederà di qui a poco un cambio di rotta verso il privato che si renderà disponibile a terminare l’opera e a gestirla ad libitum. A fronte di guadagni considerevoli dei privati, quelli che dispongono oramai della vita della popolazione, in termini di qualità e di accesso alle cure.

Una medicina di prossimità che muterà nei suoi connotati, a partire dagli attuali medici di famiglia, votati a cambiare faccia e retribuzione. Non necessariamente passando dal rapporto parasubordinato a quello di dipendenza dal Ssn, bensì arrivando a strappare condizioni economiche migliorative rispetto a quelle attuali.

Ebbene il loro ruolo, indipendentemente se esercitato nei loro studi, nelle Aft e nelle case di comunità, dovrà essere garante della continuità assistenziale. Ma molto più efficace di quella assicurata sino ad oggi. Una delle modalità che certamente dovrà essere superata è la retribuzione per massimale assistibile, pagato “vuoto per pieno”, nel senso che è indipendente dall’assistenza resa. Una condizione contrattuale che non potrà comunque continuare così, visti gli abbandoni durante il Covid e l’accorciamento della disponibilità assistenziale della quale è vittima la loro utenza, soprattutto anziana. Ciononostante, le grandi facilitazione di 11 euro per assistito e i 5 euro a rimborso gestionale delle Aft.

Un ritorno alla retribuzione a notula potrà dare maggiore giustizia ai diritti degli utenti della medicina di famiglia, con la messa in sana concorrenza tra i prestatori d’opera medica, capaci di guadagnare tanto a fronte di una maggiore istanza fiduciaria.

Una formula possibile, forse l’ideale: l’agenzificazione

Un tema serio è quello anzidetto che il SSN è rimasto anche obsoleto sul piano strutturale centrale. Meglio, è diventato peggio di quello che era sufficientemente utile nel passato. L’agenzificazione del SSN è il progetto corretto. Una Agenzia nazionale della Salute e tante omonime agenzie regionali/provinciali per Trento e Bolzano. Una formula pressoché simile a quelle delle entrate dipendenti dal MEF.

La prima ad essere l’unico soggetto espressivo delle politiche governative in materia sociosanitaria. In quanto tale sostitutive di tutte le esistenti, spesso in contraddizioni tra loro, e dell’Istituto superiore della sanità, oramai ridotto ad un carrozzone di altri tempi. Una “Agenzia nazionale della Salute” che si ponga a guardiano delle politiche della salute nel senso lato, ma soprattutto che si renda capace di programmare l’intervento pluriennale sia in termini di profilassi internazionale che di prevenzione/cura/riabilitazione. Una Agenzia che cominci a lavorare per la “cessione” al welfare assistenziale, quello reso dalla previdenza non contributiva (invalidità e assegno di accompagnamento), tale da perfezionare una sana partita di giro tra costo previdenza/ricavi Ssn. In buona sostanza, una siffatta soluzione, trasformando i benefit relativi in voucher da spendere presso i Ssr, potrebbe finalmente realizzare una corretta assistenza al disabile, garantendogli gli effetti assistenziali direttamente. Ciò in quanto renderebbe il beneficiario anche reale destinatario della prestazione economico/assistenziale, evitando così che il nipote vada a fare bagordi con l’assegno di accompagnamento del nonno.

A valle di tutto questo: 21 agenzie regionali della Salute, ampiamente sostitutive sia degli inutili e potenti Dipartimenti regionali (19)/provinciali (2), che vanno a rendersi espressione per la messa a terra delle politiche sociosanitarie decise dalle istituzioni territoriali dalle quali dipendono. Ciò in armonia con l’Agenzia nazionale della salute, garante della corretta sinergia degli attori del sistema.

Ettore Jorio

Ettore Jorio

14 Marzo 2025

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