Sette Regioni prossime al voto: sei ordinarie e una a statuto speciale (Val d’Aosta). Marche è molto prossima, Toscana un po’ più in là e Veneto a venire. In tutte, il tema del welfare è quello principale, unitamente al bonus/reddito di dignità per i non abbienti occupabili.
Il Sud. La Calabria c’è. La Campania e la Puglia pure. Tutte e tre sono pronte a giocarsi la partita elettorale del Mezzogiorno. Il tutto con inizio il 5 e 6 ottobre con una sfida tra l’uscente Roberto Occhiuto e Pasquale Tridico con in palio il primato della presidenza della Regione Calabria. Poi è il turno della Campania e della Puglia, rispettivamente, rappresentati nella competizione, a sinistra, da Roberto Fico e Antonio Decaro, con competitor di destra che invero ancora non si conoscono, al di là dell’ipotesi di Marcello Gemmato, farmacista pugliese, sottosegretario alla sanità.
Materia da primato
A proposito di quest’ultima, la salute percepita dai cittadini costituisce la materia da primato politico, mai meritato perché trascurata all’inverosimile, con conseguente sacrificio delle comunità meridionali, lasciate – per i benestanti – in balìa della erogazione privata e – per gli indigenti – con un diritto sociale cui essere costretti a rinunciare.
Al riguardo, nessuno sa cosa i candidati vogliano fare. Uno lo sa già in una continuità molto discutibile, perché ricandidato.
Nessuno dei candidati urla per pretendere i LEA aggiornati dal Governo. Ciò perché disattenti ad erogarli, Calabria in testa. Ivi sono infatti acronimi comprensibili ma mai goduti.
Il tema sanità è materia della quale i candidati non hanno una giusta consapevolezza, persino la cultura: la vendono, come si fa con le repliche delle grandi firme, e non la costruiscono. Quando va bene imitano ciò che c’è altrove, senza realizzarla. Alcuni si impegnano come sogna di fare Trump con la riviera della striscia di Gaza: investire tutte le risorse su resort ospedalieri.
Fare così è farsi del male, a se stesso e ai cittadini, supponendo che così facendo la sanità promessa diventa materia di voto di scambio generalizzato, gravemente affetto da una brutta politica.
SSN e Università non è un gioco cui partecipare a tentativi
Con la sanità non si gioca di potere così come si è fatto e si fa in alcune aziende sanitarie ove si affidano i corpi e la psiche delle persone a “primari” senza che gli stessi abbiano vinto l’obbligatorio concorso pubblico oppure di dividono reparti delicati come l’oncologia, dividendo i posti letto per ivi fare spazio e immettere, senza rispetto delle regole, nel “ruolo” primariale un docente universitario. Emulando in ciò quanto si è fatto nel Lazio: prima a Latina e poi all’ASL di Rieti.
Un genere di accaduto che sta registrando una scellerata frequenza in tal senso, tanto da fare supporre la revisione della disciplina della convivenza del Ssn con il sistema universitario, divenuto ingombrante ma autolesionista, perché produttivo di una grave perdita di autorevolezza.
I Ministeri della Salute e della Università e Ricerca, con due ministri tecnici, sono alle prese con le soluzioni, invero non facili, dei problemi generati da una mancata ed errata applicazione del d.lgs. 517/1999 che, così come messo a terra in 26 anni, ha generato mostri giuridici.
Non è materia da vendere
La sanità è, a ben vedere, argomento serio e materia ad alta sensibilità percettiva. Va resa con onestà e certezza e non venduta come ai mercatini.
Necessita pertanto bandire abitudini simili elettorali: Volete essere curati? Volete le più belle case della comunità (che non ha fatto alcuno nei tre anni trascorsi di soldi a go-go del PNRR!)? Volete che i vostri figli godano della corretta prevenzione e della difesa dai vari Covid che minacciano l’umanità? Gradite un bel posto di lavoro nella sanità? Volete degli ospedali luccicanti e simili ai Resort che Trump vuole edificare sulle rive di Gaza? E, ancora, li volete – nonostante i tanti Ospedali che possedete sul territorio ma che nessuno cura e manutiene da decenni – benché la popolazione diminuisca tanto da essere un brutto e dispendioso esubero per quei pochi che rimarranno, per esempio in Calabria?
Queste sono le domande acchiappavoti, del tipo quelle che – nella politica folle che ha caratterizzato per anni il welfare e i servizi nel nostro Paese ingannando i cittadini – hanno fatto eleggere presidenti immeritevoli e spesso simili al simpatico La Qualunque, ovviamente più sobri nel vestire.
Intanto, i giovani partono, gli anziani si ritrovano in cielo grazie alle sofferenze patita in terra, i poveri non hanno i quattrini per accedere privatamente alla sanità pubblica negata, i creduloni aspettano i nuovi ospedali destinati ad essere, tra qualche anno, le moderne cattedrali nel deserto perché prive di medici e infermieri, ma anche di utenza.
Nel frattempo che i mattoni diventino “qualunquemente” strutture, ci penseranno i miracoli?
Ettore Jorio