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Medici di famiglia dipendenti della Regione? È polemica sul nuovo Piano sanitario del Veneto

Ieri il Corriere del Veneto ha anticipato i contenuti del nuovo Piano Socio Sanitario 2019-2023 che la Giunta regionale starebbe per licenziare. Tra le ipotesi un passaggio a un rapporto di dipendenza per i medici di medicina generale. Subito arrivano le critiche dei sindacati ma sul Piano (che comunque dovrà passare al vaglio delle commissioni e ricevere l’ok del Consiglio) la Regione non si è ancora espressa


09 MAG - In Veneto gli oltre 3 mila medici di famiglia passeranno alle dipendenze della Regione. La bomba è scoppiata ieri mattina con un articolo del Corriere del Veneto in cui anticipa il Piano socio sanitario 2019-2023 (qui la versione online: “Svolta della Regione: vuole assumere 3mila medici di base”) che al momento è ancora in mano alla Giunta e non è stato ancora reso pubblico.
 
“Il consiglio regionale dovrà decidere se mantenerli [i medici di medicina generale] in regime di convenzione, passarli invece in regime di accreditamento, cioè comprare da loro un pacchetto di prestazioni, oppure assumerli. Quindi renderli dipendenti della Regione”, si legge nell’articolo.
 
Il presidente della commissione Sanità Fabrizio Boron citato dal Corriere Veneto rivela che della misura si parla da un anno in Regione: “assumerli significherebbe farli lavorare 38 ore a settimana invece di 17, renderli più disponibili alle visite domiciliari e più tecnologici. E ci consentirebbe di inviarli anche nei piccoli paesi o nelle frazioni, soprattutto di montagna, in cui adesso non vogliono andare. La rivisitazione del loro contratto nasce dalla duplice esigenza di offrire al cittadino un servizio più puntuale e capillare e nello stesso tempo di svuotare dai codici bianchi i Pronto soccorso”, dice.

A rispondere per primo all’articolo è la Fimmg Veneto che, per bocca del suo segretario regionale Domenico Crisarà, ha espresso forti critiche soprattutto sulla fondatezza delle anticipazioni del Corriere Veneto e delle affermazioni di Boron.

“Abbiamo letto le dichiarazioni che il presidente della V Commissione Boron ha reso oggi alla stampa sul nuovo Piano Socio Sanitario presentato ieri a Montecchio Precalcino, dall’assessore Coletto insieme all’Assessore Lanzarin e dal Direttore alla Sanità e Sociale, Dott. Domenico Mantoan, per il quinquennio 2019-2023, di fronte ad una platea di circa 200 persone tra Organizzazioni Sindacali e Direzioni Generali. In nessun momento è mai stato accennato ad un passaggio alla dipendenza dei più di 3.000 medici di famiglia del Veneto, per cui le dichiarazioni alla stampa del Presidente della V Commissione Boron, sono frutto di un’altra riunione in cui era presente solo lui (a quella dove eravamo noi ieri non c’era)”, si legge in una nota Fimmg che prova ad avanzare ipotesi alternative.

“A quanto è stato dato di capire - continua Crisarà - l’intenzione del presentando disegno di legge è quella di utilizzare per la cronicità medici convenzionati (MMG), medici dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale (ospedalieri) o poi soggetti privati accreditati. Tutto questo è stato accennato per sommi capi e senza presentazione di alcun documento in attesa che la Giunta Regionale pubblichi la sua proposta di legge che dovrà essere valutata dal Consiglio Regionale. In quell’occasione ci pronunceremo venendo a conoscenza dei termini esatti”.

Oggi è arrivata poi la presa di posizione dello Smi. Si tratta di “una ipotesi che prevede nei prossimi 5 anni tra le altre cose, una privatizzazione, di fatto, dell’attività dei medici di famiglia, attraverso la fornitura di pacchetti prestazionali. Oppure, in alternativa, il passaggio ad una pseudo dipendenza per aumentare ingiustamente e impropriamente l’orario di lavoro e la flessibilità di questi professionisti”, dice in una nota il segretario regionale Smi Veneto Liliana Lora.
 
“Un assurdo che mette la parola fine, per mere ragioni di cassa e scarsa lungimiranza, non solo al nuovo progetto di medicina di gruppo integrata, che rispondeva adeguatamente ai problemi della presa in carico della cronicità e della non auto-sufficienza, ma anche al modello Veneto di capillarità della medicina territoriale e di gruppo, che era stato preso, appunto, come riferimento a livello internazionale per l'assistenza al cronico e la prevenzione”.

“Diciamo no a questi sistemi di esternalizzazione ulteriore dei servizi”, conclude Lora. “Se dobbiamo essere considerati come dei burocrati e perdere la prerogativa della scelta fiduciaria, tutela di qualità per il cittadino, allora tanto vale essere assunti come dipendenti, così quantomeno smetteremo di lavorare oltre 40 ore settimanali, (altro che 17 ore come sostiene qualcuno in malafede) tra ambulatorio, visite domiciliari e presa in carico dei cronici, e così potremo godere delle tutele della dipendenza, ferie, malattie, maternità, che ora non ci vengono riconosciute”.

Ora si attende una risposta della Regione o la pubblicazione delle prime versioni del Piano socio sanitario che dovrà comunque passare in commissione Sanità per arrivare entro la fine dell’estate in Consiglio. 

09 maggio 2018
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