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Legge 194. All’esame costituzionale la legge che regola l’aborto. E su internet è tam-tam


Il 20 giugno l’articolo 4 della legge che regola diritto alla procreazione cosciente e all’aborto verrà posto al vaglio della Corte Costituzionale. Il motivo? Un giudice tutelare di Spoleto ha sollevato il dubbio di costituzionalità. Ma la rete è a sostegno della 194: migliaia di tweet chiedono di salvarla.

12 GIU - Roberto Saviano ‏@robertosaviano
Salviamo la 194. Salviamo il diritto che le donne hanno di poter scegliere. #Save194
 
antonella cataldo ‏@antonellac74
#save194 sono contraria all'aborto, ma la 194 è stata ed è una scelta di civiltà e tutela delle donne fondamentale... confido nella CorteCost.
 
Il Corpo delle Donne ‏@corpodelledonne
#save194 pare niente un tweet così. Però obbliga a riportare l'attenzione su un tema fondamentale. L'Aborto clandestino è l'orrore
 
Questi sono solo alcuni dei pensieri (di persone più o meno famose) che si possono trovare su Twitter in questi giorni, a difesa della legge 194. Il motivo che ha scatenato il fiume di tweet – che ha portato ieri il tag #save194 ad essere il più seguito e usato in Italia sul social network, che nel nostro paese conta più di due milioni di iscritti – è l’esame da parte della Corte Costituzionale della Legge italiana che regola il diritto alla procreazione cosciente e responsabile e all’aborto, che avrà luogo il prossimo 20 giugno.
 
Il quesito di costituzionalità è infatti stato sollevato dal giudice tutelare di Spoleto, ed è basato sulla richiesta di una minorenne che nel comune umbro alla fine dello scorso anno si è rivolta al consultorio per abortire senza coinvolgere i genitori. L’organo valuterà nello specifico la legittimità costituzionale dell’articolo 4 della legge, relativo alle circostanze che consentono l’aborto entro i primi 90 giorni. Secondo quanto dichiarato dal giudice di Spoleto, l’articolo violerebbe gli articoli della Costituzione 2 (diritti inviolabili dell’uomo), e 32 (tutela della salute). Nonché sarebbe in particolare in contrasto con quanto previsto dalla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 18 ottobre 2011 dalla quale "l'embrione umano è stato riconosciuto quale soggetto da tutelarsi in modo assoluto".
Una tutela che però non era pensata per riferirsi all’aborto, ma alla ricerca sugli embrioni, e che comunque non può ledere il diritto universale alla salute delle donne, spiegano gli esperti.
 
L’articolo 4 determina infatti la possibilità di rivolgersi ad un medico per praticare un abortonel caso in cui “la donna accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito”.
Secondo il giudice tutelare di Spoleto, la facoltà prevista dall'articolo 4 della legge 194 di procedere volontariamente all'interruzione della gravidanza entro i primi 90 giorni dal concepimento comporterebbe "l'inevitabile risultato della distruzione di quell'embrione umano che è stato riconosciuto quale soggetto da tutelarsi in modo assoluto". Il giudice ritiene infatti che l’articolo in questione si ponga in contrasto con la definizione di “embrione umano” – definito come “qualunque ovulo umano fin dalla fecondazione, qualunque ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e qualunque ovulo umano non fecondato che, attraverso partenogenesi, sia stato indotto a dividersi e svilupparsi” – data dalla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 18 ottobre 2011. L’organo legislativo europeo, nella sentenza, decretava tuttavia solo l'impossibilità di brevettare “le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali” e non si riferiva affatto all’aborto consapevole. In altre parole, la Corte di giustizia non attaccava questo diritto fondamentale delle donne, che è infatti tutelato dall’Unione europea.
 
Un dibattito, questo, che ha acceso gli animi della rete e non solo. La legge 194 – pur con i difetti che qualcuno le imputa e che sicuramente ha – è infatti in vigore dal 1978 e da allora ha salvato e tutelato milioni di donne in Italia, che non sembrano avere la minima intenzione di vedersi negare un diritto già acquisito da decenni. Oltre, naturalmente, a scatenare l’indignazione di molti personaggi di spicco, sia nel mondo politico che nel sociale, che si sono espressi a favore della tutela delle donne. Tra questi il già nominato Saviano, la Cgil, Antonio Di Pietro. Nel frattempo però, oltre ai tweet, si sono moltiplicati anche articoli e riflessioni a sostegno della 194, tra cui spicca in particolare quello pubblicato contemporaneamente da più giornaliste, scrittrici e studiose italiane, che riassume tutte le ultime proposte e iniziative per tutelare il diritto alla salute delle donne. Compreso l'uso dell'hashtag #save194 su Twitter, per mantenere alta l'attenzione sull'argomento.

Anche perché, ripetono gli esperti, la sentenza della Corte europea che si vuole usare - in maniera strumentale - contro la 194 si riferiva alla ricerca sulle invenzioni biotecnologiche con l’uso di embrioni. “Che un giudice sollevi un dubbio di legittimità costituzionale sull'art. 4 della legge 194 per  incompatibilità con la definizione e la tutela dell'embrione umano enunciate dalla Corte di giustizia europea è un atto strumentale e nel merito sbagliato”, hanno infatti fatto sapere Filomena Gallo, avvocata e segretario dell'Associazione Luca Coscioni ed Emma Bonino, vice presidente del Senato, in una nota congiunta. “La definizione della Corte europea, infatti, è legata al divieto di brevettabilità del prodotto della ricerca sulle staminali embrionali; il giudice italiano, invece, utilizza la definizione di embrione a suo uso e consumo ideologico, effettuando una forzatura giuridica e interpretativa  inaudita. La corte costituzionale si è già pronunciata in passato sulla   prevalenza del diritto della donna a scegliere sulla propria gravidanza, dunque i giudici della Corte non potranno che confermare la legge 194”. Ma il problema sollevato dalla questione, secondo Bonino e Gallo, è un altro. “Quello che è più allarmante è che vi siano ancora giudici che strumentalmente ripropongano vie proibizioniste al problema dell'interruzione di gravidanza. Va bene: giù le mani dalla 194, ma su le mani  per impedire che l'obiezione di coscienza comporti una sottrazione di diritto chiaramente riconosciuto, per allargare i diritti e l'informazione sessuale, per consentire il pieno accesso alla Ru486 oggi ancora burocraticamente negata da troppe regioni”.
 
Il problema dell’obiezione di coscienza sull’aborto è infatti quanto mai attuale.Secondo gli ultimi dati del Ministero della Salute sarebbero infatti obiettori sette medici su dieci, percentuale che è salita vertiginosamente negli ultimi 7 anni: nel 2005 i ginecologi obiettori erano il 58,7 per cento, nel 2009 il 70,7; gli anestesisti obiettori erano il 45,7 per cento sette anni fa, e il 51,7 per cento dopo cinque anni; infine, per il personale non medico il valore è salito nello stesso periodo dal 38,6 per cento al 44,4 per cento. Questi i dati ufficiali – già spaventosi – ma che secondo la Laiga, l’associazione che riunisce i ginecologi a difesa della 194, potrebbero arrivare oggi quasi al 90% del totale, specie se ci si riferisce agli aborti dopo la dodicesima settimana. In alcuni luoghi (specialmente al Sud), ci sono ospedali in cui non c’è alcun medico non obiettore.
Dunque, spiegano gli esperti, il problema non è solo quello di difendere la legge 194, attaccata sul fronte costituzionale, ma quello di far sì che questa legge possa essere applicata correttamente. Cosa che oggi, di fatto, non accade.
 
Laura Berardi

12 giugno 2012
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