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La confusione nel dibattito sulle vaccinazioni. Una nuova obbligatorietà o una nuova politica?

di Luca Benci

In questi ultimi giorni, a seguito dell’incontro tra Lorenzin e Regioni che aveva all’ordine del giorno l’attuazione del nuovo Piano vaccini, si è creata molta confusione sulla presunta intesa tra Governo e Regioni per il ripristino dell’obbligo delle vaccinazioni. In realtà non c’è stata alcuna intesa nel senso giuridico del termine ma il dibattito si è comunque aperto con prese di posizione pro o contro l’obbligo, spesso non molto chiare nei loro riferimenti giuridici. Vediamo di capire come stanno effettivamente le cose

28 GEN - La discussione se la salute possa o debba essere o meno imposta dallo Stato è di antica data e fa riferimento all’articolo 32 della Costituzione. Come è noto, la Costituzione prevede la volontarietà implicita dei trattamenti sanitari, riservando l’obbligatorietà solo in caso di previsione legislativa (c.d. riserva di legge)
 
I trattamenti sanitari diventano obbligatori, quindi, solo se sussiste l’interesse collettivo nei casi determinati dalla legge.
 
Per imporre a qualcuno un trattamento – o un accertamento sanitario – deve, dunque, esserci un atto di legge, il quale però deve comunque avere alcuni precisi presupposti e limiti.
 
La Corte costituzionale ha infatti stabilito che il dovere di solidarietà “non può essere spinto a sino a postulare il sacrificio della salute di ciascuno per la tutela della salute degli altri”. In linea generale, comunque, il trattamento può essere imposto solo nella previsione che non incida negativamente sullo stato di salute della persona.
 
L’espressione “trattamento sanitario obbligatorio” viene spesso erroneamente identificata esclusivamente con il procedimento previsto per la malattia mentale, mentre deve essere più ampiamente riferita a una serie di situazioni più ampie la più frequente delle quali è rappresentata dalle vaccinazioni obbligatorie.
 
I trattamenti sanitari obbligatori, però, possono essere classificati tra quelli coercitivi e quelli non coercitivi o “meramente obbligatori”. I primi possono essere imposti con la forza, i secondi no.
 
Fuori dai trattamenti sanitari obbligatori previsti dalle apposite norme giuridiche i trattamenti sanitari sono assolutamente volontari.
 
Il regime giuridico delle vaccinazioni
Sul regime giuridico delle vaccinazioni vi è molta confusione dovuta allo stratificarsi nel tempo di norme e interpretazioni.
Le vaccinazioni vengono distinte tra obbligatorie e raccomandate. Nel nostro paese le vaccinazioni obbligatorie – per tutti i nuovi nati - sono la vaccinazione antidifterica, antitetanica, antipolio e antiepatite B. Ci sono, inoltre, alcune vaccinazioni obbligatorie solo per alcune categorie di lavoratori.
 
Le vaccinazioni raccomandate – sempre per i nuovi nati – sono, tra le altre e destinate ad aumentare, quelle contro il morbillo, la parotite, la rosolia, haemophilus B, lo pneumococco, il meningococco C e l’HPV. Alcune di queste  sono raccomandate anche a alcuni tipi di lavoratori.
 
Le vaccinazioni obbligatorie costituiscono dei veri e propri trattamenti sanitari obbligatori, oggi non “coercibili” o “meramente obbligatori”. Non possono cioè essere imposte con l’utilizzo della forza da parte dell’autorità sanitaria. E’ il risultato di un percorso accidentato. Ricordiamo che fino al 1981 l’inosservanza della vaccinazione antipolio, antitetanica e antitifica – la vaccinazione contro l’epatite B è stata introdotta solo nel 1992 - erano sanzionate penalmente e, solo successivamente,  trasformate in sanzioni amministrative indirette.
 
Altre misure sanzionatorie sono state quelle relative alla richiesta vaccinale come requisito per la fruizione di determinati servizi pubblici come l’iscrizione alla scuola dell’obbligo con la conseguente possibilità, a fronte del rifiuto dei genitori, di sospendere la potestà parentale e fare effettuare la vaccinazione.
 
Infine, dal 1999, la mancata esecuzione delle vaccinazioni sui minori non comporta più il rifiuto dell’ammissione a scuola ma solo una segnalazione all’azienda sanitaria locale per “gli opportuni e tempestivi interventi” che, però, escludono la coercitività della prestazione vaccinale.
 
Negli ultimi quindici anni i “piani nazionali vaccini” – atti normativi di carattere amministrativo e non legislativo – hanno più volte segnalato l’importanza di superare il concetto di obbligo vaccinale a favore del concetto di raccomandazione.
 
La normazione ordinaria non è, comunque, mai cambiata.
Il problema sostanziale delle campagne vaccinali – siano esse raccomandate o obbligatorie – è contenuto nella loro natura: le vaccinazioni infatti sono efficaci come fenomeno collettivo e non individuale con la conseguenza che, per essere efficaci, devono raggiungere una ampia copertura nella popolazione.
In questi anni la copertura si è abbassata e si sono studiate, ad oggi, varie e confuse strategie per innalzarla.
 
L’intervento normativo delle Regioni: l’Emilia-Romagna e la Toscana
Dopo anni di dibattito sul superamento dell’obbligatorietà vaccinale a favore delle raccomandazioni oggi il vento è cambiato e i segnali ci portano a un nuovo cambiamento normativo a favore dell’obbligatorietà quanto meno con misure indirette.
Una Regione, l’Emilia-Romagna, è già intervenuta e, altre, come la Toscana, sono in procinto di intervenire.
 
La legge regionale 25 novembre 2016, n. 19 della Regione Emilia-Romagna è un atto normativo non specifico sull’attività vaccinale, ma relativo ai servizi educativi della prima infanzia. All’articolo 6, al comma 2 prevede che “al fine di preservare lo stato di salute sia del minore sia della collettività con cui il medesimo viene a contatto, costituisce requisito di accesso ai servizi educativi e ricreativi pubblici e privati l'avere assolto da parte del minore gli obblighi vaccinali prescritti dalla normativa vigente”.
 
Obblighi vaccinali sono quelli relativi, quindi, alle quattro vaccinazioni obbligatorie e solo per l’accesso ai servizi per la “prima infanzia” (bambini fino a tre anni). Ricordiamo che non tutti i bambini vengono iscritti a questi servizi.
 
La Giunta regionale toscana ha approvato, al momento, un disegno di legge regionale denominato “Disposizioni in merito alle vaccinazioni per i minori di età”. Provvedimento specifico, quindi, sulle vaccinazioni che specifica, all’articolo 1, non a caso rubricato come “obbligo vaccinale”, che costituisce requisito di iscrizione ai nidi e alle scuole dell’infanzia (quindi fino a sei anni) l’avere assolto gli obblighi vaccinali prescritti dalle leggi vigenti nonché le vaccinazioni raccomandate”.
 
Obbligo quindi di vaccinazione per obbligatore e raccomandate. Nel terzo comma, però, si stabilisce che nella eventualità di minori di età non in regola con gli “obblighi vaccinali”, i responsabili delle strutture non procedono all’iscrizione.
 
Il ddl  toscano è confuso: al primo comma richiede come requisito per l’iscrizione di  essere in regola con tutto il panorama delle vaccinazioni – obbligatorie e raccomandate – al terzo comma nega l’iscrizione solo per l’inadempimento agli “obblighi vaccinali” e quindi solo per le  vaccinazioni obbligatorie. Se approvato con questa ampiezza rischia di contrastare con la normativa nazionale.
 
Ricordiamo che un’altra Regione, il Veneto, ha dal 2007 “sospeso” (LR 7/2007) l’obbligo vaccinale per le quattro vaccinazioni obbligatorie anche se con procedura d’urgenza può essere ripristinato l’obbligo “in caso di pericolo per la salute pubblica conseguente al verificarsi di eccezionali e imprevedibili eventi epidemiologici relativi alle malattie” per le quali si stato sospeso l’obbligo vaccinale. Il Veneto, quindi, su un versante opposto all’Emilia e alla Toscana.
 
L’intervento della Fnomceo
Nel “documento sui vaccini” la Federazione dei medici auspica un’ampia strategia di politica vaccinale. Tra l’altro si ripromette di sostenere “tutte le politiche regionali e nazionali tendenti a riaffermare la necessità della vaccinazione” con tre conseguenze: la non iscrizione agli asili nido, la negazione della frequenza dei bambini non vaccinati a frequentare la scuola “nei periodi epidemici” e “eventualmente l’assicurazione contro danni da mancata vaccinazione”. Assicurazione che, implicitamente, verrà richiesta come “obbligatoria”.
 
La Fnomceo guarda anche all’interno della propria famiglia professionale  per stigmatizzare i “medici alternativisti”,  specificando che solo in specifici casi il medico “può sconsigliare un intervento vaccinale” e il consiglio di non vaccinarsi – fuori dagli specifici casi – costituisce “infrazione deontologica”. Autorevoli esponenti della Federazione hanno apertamente parlato di “radiazione dall’albo”.
 
Anche nel caso della Fnomceo le contraddizioni non mancano. Nel momento in cui si chiede la regolamentazione di medicine alternative – es. omeopatia – e si ottiene dalla Conferenza Stato Regioni che tale pratica possa essere svolta solo da medici, non si può poi pensare che i medici “alternativisti” non seguano i loro convincimenti profondamente diversi dalla medicina scientifica.
 
Delle due l’una: o sposiamo la linea della medicina basata sulle evidenze (quindi anche delle vaccinazioni) o accettiamo il “pluralismo” delle medicine e invocare la radiazione dall’albo – che ricordiamo che per legge può essere pronunciata per “indegnità professionale – svela una strategia non chiara e, ripetiamo, contraddittoria. Non esiste solo il problema dei medici “alternativisti” in quanto la resistenza vaccinale è parte anche del mondo medico ufficiale.
 
Per procedere a eventuali radiazioni bisognerebbe, comunque, cambiare la normativa ordinistica proprio in materia di sanzioni disciplinari.
 
Il piano nazionale vaccini 2017/2019
Anche il recentissimo piano vaccini interviene sul punto auspicando una “normazione aggiornata” per l’obbligo vaccinale per tutte le vaccinazioni previste dal piano vaccinazioni del primo anno di vita (quindi anche quelle raccomandate) e la negazione all’ingresso scolastico (quindi non solo ai nidi).
 
Ricordiamo che il nuovo piano vaccini prevede l’ampliamento dell’offerta vaccinale. Ricorda, comunque, correttamente, che ci deve essere una modifica legislativa nazionale.
 
Anche il piano vaccini volge lo sguardo al mondo professionale paventando sanzioni disciplinari o contrattuali nei confronti di medici e di personale sanitario dipendente o convenzionato. Il tutto con la collaborazione di ordini, associazioni professionali e organizzazioni sindacali. Oltre alle modifiche della normativa ordinistica si rende necessaria anche la modifica contrattuale della dirigenza, del comparto e delle convenzioni.
 
Ricordiamo che i precedenti piani nazionali vaccini auspicavano, sempre, il superamento del concetto di obbligatorietà.
 
A confondere ulteriormente le acque ci sono state le proposte del 25 gennaio delle Regioni proprio sul piano nazionale vaccini salutate dalla  stampa e dalla TV come la richiesta di rendere tutte le vaccinazioni come obbligatorie,
 
In realtà le Regioni hanno chiesto di superare l’antistorica distinzione normativa tra vaccinazioni obbligatorie e raccomandate e classificarle tutte come raccomandate!
 
Inoltre anche le Regioni chiedono strumenti contrattuali e giuridici per sanzionare i “sanitari” che si oppongono alle vaccinazioni.
 
L’intervento del Tar del Friuli sul Comune di Trieste
Il Comune di Trieste ha richiesto, con propria delibera, similmente alla legge regionale dell’Emilia Romagna l’assolvimento degli obblighi vaccinali per l’iscrizione ai servizi dell’infanzia. Quindi solo per le vaccinazioni obbligatorie e fino ai sei anni di età (In Emilia, abbiamo visto, fino ai tre anni).
 
I genitori di un bambino escluso si sono rivolti al Tar che ha rigettato il ricorso (Tar Friuli, sezione I, sentenza 11 gennaio 2017, n. 20) precisando che la normativa nazionale del 1999 non ha eliminato l’obbligatorietà dei  quattro vaccini, ma ha introdotto una sorta di “obiezione di coscienza” per i genitori che decidono di non vaccinare i propri figli e che ha, come conseguenza unica, il diritto di iscriverli alla  scuola dell’obbligo e solo dell’obbligo (non anche i servizi all’infanzia).
 
Ben quindi può, argomentano i giudici friulani, il Comune di Trieste imporre come requisito di iscrizione alle scuole di infanzia (che non sono dell’obbligo) l’assolvimento degli obblighi vaccinali.
 
 
Verso una nuova obbligatorietà o verso una nuova politica?
Abbiamo visto che la situazione e il dibattito che ruota intorno agli obblighi vaccinali alle sue conseguenze sono al massimo della confusione.
 
Da un punto di vista normativo le strade possono essere molteplici:
a) trasformare tutte le vaccinazioni presenti nel piano vaccini in obbligatorie e prevederne un eventuale regime di coercibilità attraverso l’imposizione forzosa della vaccinazione stessa fino ad arrivare alla sospensione della responsabilità (ex potestà) genitoriale. In alternativa le sanzioni indirette di negazione della frequenza scolastica. Entrambe le strade sono difficilmente percorribili. Sulla prima manca l’appoggio politico, sulla seconda vi possono essere seri problemi di legittimità costituzionale proprio sul contemperamento dell’altro obbligo costituzionale: l’obbligo scolastico. Non sarebbe accettabile non ammettere o addirittura espellere dal ciclo scolastico obbligatori migliaia di bambini;
 
b) la previsione di leggi regionali della stessa natura della legge emiliana. Non risolverebbe il problema e la risposta sarebbe comunque disomogenea;
 
 
c) modificare leggi ordinistiche e i contratti collettivi di lavoro per la sanzione di medici e professionisti sanitari che apertamente sconsigliano le vaccinazioni. Si rischia di attribuire a datori di lavoro e rappresentanti istituzionali di professioni, decisioni a organismi che tutelano l’intera collettività. Tra l’altro, i procedimenti disciplinari aziendali e ordinistici non offrono le garanzie di trasparenza che si richiede a provvedimenti così radicali come una radiazione dall’albo. Comunque la modifica dei procedimenti ordinistici, non dettata (solo) dall’emergenza vaccini,  sarebbe auspicabile.
 
E’ verosimilmente necessaria un’altra politica che tutti i documenti hanno evidenziato: ricerca del consenso, campagne informative, uniformità di comportamenti su tutto il territorio nazionale.
 
Anche il mondo professionale deve fare la sua parte.  La bufala vaccini-autismo è nata nel salotto buono del mondo scientifico e non nelle “post verità” dei social network.
 
Anche i comportamenti virtuosi possono essere alla base di fenomeni imitativi. La vaccinazione antinfluenzale è raccomandata a tutti gli operatori sanitari come categoria professionale, definita dal piano nazionale vaccini come “categoria target”. Gli operatori sanitari seguono pochissimo questa raccomandazione (Grignolio A, Chi ha paura dei vaccini?, Codice edizioni, 2016) e e rischiano di non essere credibili quando le vaccinazioni le raccomandano agli altri.
 
La lotta alla copertura vaccinale è, comunque, di lunga durata e le soluzioni improvvisate e pasticciate non sono di grande aiuto.
 
Luca Benci
Giurista

28 gennaio 2017
© Riproduzione riservata

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